Le incognite e gli scenari
La partita sulle elezioni regionali è ancora aperta. Il governo ha rimandato il voto a settembre, ma cinque Regioni - Veneto, Liguria, Marche, Campania e Puglia - di diverso colore politico non ci stanno. E si sono appellate al Quirinale per chiedere di anticipare il voto all'ultima domenica di luglio, il 26.
Dal Viminale arriva qualche segnale di apertura, con la possibilità di andare alle urne il 6 settembre e non il 20 come previsto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte in un decreto che proprio oggi è arrivato in aula alla Camera per la discussione generale. Ma il voto sul decreto elezioni è stato rinviato all'8 giugno, per dare precedenza a quello sulla scuola. Più tempo per quadrare il cerchio tra le opposizioni che, per motivi politici, puntano al 27 settembre e le Regioni che spingono per anticipare al 6 settembre, qualora la data del 26 luglio sia messa definitivamente fuori gioco.
Anche il comitato tecnico scientifico ha dato il suo parere positivo a un election day ai primi di settembre. Quanto allo scorporo invece del referendum costituzionale dal voto per le regionali e le amministrative, il comitato promotore del referendum fa sapere che Conte "non chiude" e "rifletterà con la maggioranza". Il governo ragiona dunque ancora sul 20 settembre come data dell'election day di regionali e amministrative. Per il referendum sul taglio dei parlamentari, invece, spunta l'ipotesi di un accorpamento con il turno di ballottaggio delle amministrative. Una novità rispetto alla linea della Commissione Affari costituzionali, dove invece è stato stabilito l'accorpamento delle regionali al referendum: un'unica tornata elettorale con seggi aperti due giorni, la domenica e fino alle 15 del lunedì.