lunedì 23 dicembre 2024


26/02/2010 09:54:54 - Manduria - Cultura

A spasso con la storia: io e la Magna Grecia

La generazione in erba di facebook, degli stereotipi, dei luoghi comuni, delle passioni forti, della tecnologia tascabile sempre a portata di mano, vero oppio ai neuroni che entrano in sciopero, incontra dal vivo la Magna Grecia, modello inconsapevole di un social network di culture pronte non a conquistare nuovi link ma il mare, dominio incontrastato della grande potenza di Roma.
Il fascino di questa civiltà rivive nell’esperienza vissuta dai giovani divulgatori culturali della scuola media Marugj-Frank, non turisti per caso, ma archeologi disposti a tutto pur di ottenere risposte dal tempo varcando la barriera del passato.
Carisma da famiglia Angela, un cervello bello fresco non ancora contaminato da storture proprie di altre età, un kit di sopravvivenza per nulla conforme ad un regime alimentare corretto, e tanti sogni da coltivare stando solo a 37 chilometri da casa che appaiono loro metafora e parabola di un viaggio da Indiana Jones, capace di dischiudere alle matricole di prima media le fattezze della cultura madre della moderna società. Partono le prime classi  alla volta di Taranto, che da provincia pugliese da annoverare, pardon da studiare, insieme a tutte le altre, diventa trofeo da caccia al tesoro in cui si
incontrano miti, leggende, storia, geografia e quanto una fervida immaginazione ha potuto loro prefigurare attraverso il libro di storia. Oltre il testo si interrogano i reperti della Taranto vecchia, con i suoi vicoli, i suoi portoni illustri, la Cattedrale di san Cataldo, gli affreschi il cui fascino è inversamente proporzionale al loro perdere la perfezione originaria. E poi ancora la vista di un mare dal quale sembrano improvvisamente spuntare gli elefanti di Re Pirro, le lacrime di Etra che indicarono a Falanto il punto su cui edificare la città, le insegne reali di Normanni, Svevi, Angioini ed altre civiltà custodite nello stile rimaneggiato del Castello di Taranto, sottoposto di tempo in tempo a chirurgie estetiche contenitive nella struttura per far posto a passaggi tra le acque per il ponte girevole, che non un insanabile divorzio provocano ma una  naturale separazione tra il Mar Piccolo e Mar Grande, ecumenico calice in cui si mescolano le acque di mari grandi e sempre più grandi, contrastate da sorgenti spontanee di acqua dolce legate anch’esse a leggende che giustificano la presenza e la venerazione del santo patrono.
D’obbligo dunque la visita in Arsenale ed al suo museo, che pone i giovani lupetti esploratori a contatto con la loro stessa fantasia che d’improvviso dà corpo a sottomarini, navi da guerra, bacini artificiali necessari alla manutenzione delle stesse imbarcazioni, difficili a comprendersi per chi non sa riprodurre in scala le dimensioni di un’officina per le navi, dai nomi altisonanti visti magari di passaggio sul libro di storia di re, imperatori, ufficiali e generali immortalati tra busti, foto d’epoca, prue e poppe, modellini formato gigante di velieri, d'incanto disposti all’interno di camerette già predisposte al campo da guerra, di cannoni, munizioni, progetti, firme, date, pronti a certificare dal vivo quanto si è letto con noia o distrazione.
Dulcis in fundo la vista al museo degli ori, dove l’ovvia divisione tra maschi e femmine  ha ulteriormente motivo di esistere quando le bambine perdono la testa e la vista all’apparire di collane, monili, specchi in oro ed argento, contenitori da maquillage, pettini, spille, toilette da matrone di un'altra epoca, mentre ragazzi restano affascinati  da elmi, strigili e figure femminili dalle curve bollenti immortalate in vesti candide
in barba agli esili corpi di oggi. Sorprendono custodi, direttori, curatori, generali e guide turistiche peraltro in gambissima per formazione, preparazione ed approccio umano, quando i giovani cuccioli bacchettano i loro interlocutori per le notizie ricevute, mentre la dispensa preparata con amore da mamma si consuma alleggerendo il peso dello zaino.
Si conclude così una giornata diversa da diario di bordo in cui Taranto diventa il centro del mondo. Chapeau dunque a genitori, alla dirigente, ai professori che hanno saputo progettare delle unità didattiche pensate per dimostrare che oltre un documento scritto è
possibile toccare con mano, repertare, classificare, catalogare, ripulire, ciò che emerge del passato, storie di uomini e civiltà a tratti misteriose capaci di insegnare alla società attuale che in fondo non ha fatto tanti passi avanti.
Il progetto “Piccolo archeologo”, che coinvolge anche la sezione dei Beni Culturali dell’Università del Salento, sviluppato dalla docente di Arte e Immagine, prof.ssa Antonia Marra, mira così ad educare il senso della raffinatezza delle nuove generazioni che partecipano dal vivo agli scavi archeologici, imparando ad interrogare un reperto divenuto legittimamente pettegolo per necessità. Stanchi, ma incrollabili come le Duracell, tornano a casa gli esploratori in provetta lasciandosi alle spalle una città
incredibilmente vicina quanto lontano.

Mimmo Palummieri










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