Quasi un gioco di parole, che tradotto in maruggese suona così: “Lu mari cucchia li paìsi ca sparti”
Il molo si colora di una nuova opera artistica: è stata realizzata dall’artista Filippo Giovanelli ed è un messaggio, in dialetto maruggese, sul ruolo del mare: unisce i paesi che divide. Quasi un gioco di parole, che tradotto in maruggese suona così: “Lu mari cucchia li paìsi ca sparti”.
L’opera rientra in un progetto diretto ed organizzato dall’associazione “Re/Ur Reperti Urbani”, con il supporto del circolo Arci “Calypso” di Sava e con il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Maruggio.
Non è una frase casuale. È infatti una massima del poeta inglese Alexander Pope (1688-1744), considerato uno dei maggiori del XVIII secolo, che ha composto questi versi ancora molto attuali.
Si tratta, nello specifico, di un disegno realizzato con idropittura al quarzo, alto più di 2 metri e largo 110, realizzato con i colori ispirati alla terra salentina: dal mare caraibico, alle sue terre rosse cariche di argilla bruciate da sole pugliese.
L’opera si inserisce all’interno di un progetto personale dell’artista intitolato “Emporium in pillole” che nasce nel giugno 2012 assieme a Filippo Nicolini a Pesaro e approda, nel settembre 2020, anche a Maruggio grazie all’intervento dell’associazione “Re/Ur Reperti Urbani”.
«Le opere realizzate nell’ambito del progetto “Emporium in Pillole”, tra le quali anche quella di Pesaro, si ispirano direttamente alla lingua locale. Ai suoi detti popolari, alle radici della cultura tramite la lingua» ha commentato l’artista Filippo Giovanelli.
«Abbiamo fortemente voluto la realizzazione di questa bellissima opera artistica accessibile a tutti per cercare di valorizzare ancor più il nostro tessuto e patrimonio urbano, salvaguardando, allo stesso tempo il nostro dialetto che rappresenta una ricchezza da preservare e consegnare alle nuove generazioni» afferma il sindaco Alfredo Longo. «Abbiamo scelto una frase che considero di grande attualità. Infatti, mai come adesso dovremmo renderci conto di come il genere umano sia unico ed indivisibile, senza distinzioni di razza, cultura o religione. La pandemia dovrebbe farcelo comprendere. Davanti alla potenza di questa grande verità razzismo, xenofobia, antisemitismo perdono quindi ogni significato. Questo è per noi il vero senso di quella frase. Abbiamo voluto gridarla forte al mondo rendendola ancora più nostra scrivendola nella lingua della tradizione, ossia il nostro dialetto».
In concomitanza con l’esecuzione dell’opera, è stata realizzata anche la stampa serigrafica dedicata al progetto, con lo stesso titolo, numerata e firmata dall’artista, il cui acquisto costituisce un importante sostegno ai futuri progetti dell’associazione “Re/Ur Reperti Urbani”.