Mantenere le fiale alla temperatura di meno 80 fino al luogo della somministrazione è una sfida enorme. Valigie-freezer, sensori termici, ghiaccio secco, boccette ultra resistenti e frigoriferi a energia solare sono alcune delle soluzioni studiate
Pronto il vaccino, inizierà l'impresa. Come se non bastasse mettere a punto le fiale più rapide della storia - meno di un anno dalla comparsa del coronavirus - ora per Pfizer, BioNTech e le loro concorrenti in vista del traguardo, partirà la sfida della distribuzione.
Aerei, camion e valigie-freezer sono i mezzi di cui si sta dotando l'americana Pfizer. A lei e alla collega Moderna sono toccati i problemi più impegnativi, con due candidati vaccini da mantenere rispettivamente a meno 80 gradi e meno 20 gradi. Escluso il trasporto via nave - impossibile mantenere tanto a lungo quelle temperature - l'aereo resta l'unica alternativa per trasferire le preziose fiale in ogni angolo del mondo. La Big Pharma con sede a New York, secondo il Wall Street Journal, sta lavorando per prenotare l'equivalente di 20 voli al giorno dagli spedizionieri FedEx, Ups e Dhl. La Ups sta realizzando a Saint Louis, negli Usa, un nuovo campus di magazzini freezer da aggiungere a quello già disponibile in Olanda.
La distribuzione del vaccino di Pfizer partirà da due centri di smistamento, uno in Michigan negli Usa e un altro in Belgio per l'Europa, dove si trovano due grandi impianti di produzione. Scesi dall'aereo, i vaccini viaggeranno in camion refrigeranti. Per raggiungere le destinazioni finali, la stessa Pfizer ha messo a punto speciali contenitori grandi come valigie ( 50 per 70 centimetri) capaci di mantenere i meno 80 per 10 giorni, con una capacità tra mille e 5mila dosi ciascuna. Ognuno è munito di gps e termometro per il monitoraggio. Se le fiale si dovessero riscaldare, si accenderebbe una luce rossa. Il contenuto andrebbe probabilmente buttato, come d'altra parte già avviene a circa il 15% dei vaccini per tutte le altre malattie distribuiti nel mondo.
Il vaccino di Pfizer contiene infatti un frammento di materiale genetico (l'Rna) che già di per sé tende rapidamente a degradarsi, ma che in più deve essere incapsulato in una minuscola goccia di grasso per consentire il trasferimento all'interno delle cellule. Queste nano-goccioline, se non vengono mantenute a temperature degne dei record invernali antartici, tendono a disgregarsi, rendendo il vaccino inutilizzabile. Il vetro usato per le fiale, da parte sua, a temperature così estreme diventa molto fragile. Neanche una dose resisterebbe a un atterraggio se Pfizer, per trasportare il suo vaccino, non avesse predisposto fiale fatte di un vetro più resistente del normale.
A mantenere il freddo ci penserà il ghiaccio secco (anidride carbonica allo stato solido), l'unico materiale capace di mantenere temperature così basse per tempi lunghi. E di cui, non a caso, il mercato inizia già a registrare carenza. Pfizer sembra intenzionata a prodursi da sola anche quello, ma i problemi non finiscono qui. Per questioni di sicurezza, i voli aerei possono trasportare solo una quantità limitata di questo materiale (in caso di perdite dai contenitori, l'anidride carbonica tornerebbe allo stato gassoso e potrebbe intossicare le persone a bordo). La Big Pharma americana ha deciso di sviluppare i freezer portatili in proprio, scegliendo negli Usa di non affidarsi ai distributori ufficiali dei Centers for Disease Control e del dipartimento della difesa.
La valigia con i vaccini, una volta a destinazione, potrà essere aperta solo due volte al giorno per prelevare le fiale, ma per un minuto al massimo. Ogni fiala contiene l'equivalente di cinque dosi. Una volta aperta, va consumata nel giro di poche ore per non rischiare di contaminarsi. In tutto, far arrivare i vaccini a destinazione (almeno nei paesi sviluppati) non dovrebbe richiedere più di tre giorni. Per le aree rurali dei paesi in via di sviluppo le difficoltà e i tempi potrebbero ovviamente essere maggiori. Finora la Pfizer ha stretto accordi o pre-accordi di acquisto con Usa, Europa, Gran Bretagna, Giappone, Australia e Brasile. Il timore che i paesi più arretrati restino indietro, con ostacoli logistici così grandi da superare, è assai concreto.
Per fortuna i meno 80 non sono un requisito di tutti i vaccini. Gli altri (ad esempio AstraZeneca e Oxford) si accontentano di frigoriferi normali, capaci di mantenere i 2-8 gradi. Da anni, prima che arrivasse il Covid, l'Unicef e altre ong hanno avviato programmi per realizzare refrigeratori alimentati a energia solare nelle zone non raggiunte dall'elettricità. Un'analisi di Dhl e McKinsey ha calcolato che anche con un vaccino da mantenere a temperature di frigo, un terzo dell'umanità avrebbe problemi ad essere raggiunto dalle forniture. Ora, per far sì che tutto il mondo riesca a chiudere le porte in faccia al coronavirus, il lavoro sta accelerando. Gavi e Unicef hanno deciso di passare dai 40mila frigoriferi solari installati dal 2017 a oggi a 65 mila da qui alla fine del 2021.