Solchi, graffi e lividi sulla schiena, escoriazioni alle gambe, ma nulla in confronto alle ferite dell’anima
Pazienti e operatori: Persone che si incontrano e ci raccontano....
«Quegli occhi grandi e verdi urlavano. Un urlo di dolore e paura, di tensione e sgomento. Non voleva essere toccato, anche solo misurare i parametri vitali è risultato difficile. Non parla alcuna lingua, solo la sua. Il persiano.
È la storia di un naufrago sbarcato qualche giorno fa sulle coste salentine, in quei giorni di forti mareggiate e intemperie funeste. Verrà accompagnato al Pronto Soccorso del Dea per un malore, un forte stato ansioso.
Il suo corpo e sicuramente la sua anima sono segnati. Solchi, graffi e lividi sulla schiena, escoriazioni alle gambe, ma nulla in confronto alle ferite dell’anima.
Un trentenne che fugge dal suo Paese col sogno di raggiungere la sua ragazza lontana. Senza niente.
E così si è riusciti a metterlo in contatto grazie ad un social col fratello, anche lui lontano ma in un posto sicuro in Germania. E sì, grazie ad un social perché alle 21 di sera il servizio ‘interpreti e mediatori culturali’ non risulta attivo.
Succede che verrà dimesso, con tampone negativo, e trasferito in una bellissima struttura adibita all’accoglienza, dove trascorrerà i prossimi 14 giorni in quarantena preventiva. Succede anche che io infermiera mi prendo l'impegno per fargli recapitare un telefono cellulare, per aiutarlo a sentirsi con suo fratello e la sua famiglia.
Succederà forse che gli occhi di quel ragazzo torneranno a splendere e forse riuscirà ad esaudire il suo sogno. Non siamo eroi, ma solo persone che fanno del bene al prossimo. Amore e fratellanza è anche questo».