La scoperta - se verrà validata adesso dalla applicazione clinica - potrebbe cambiare la storia di questa pandemia
Da un vecchio farmaco diuretico una nuova arma contro SARS-CoV-2. La scoperta - se verrà validata adesso dalla applicazione clinica - potrebbe cambiare la storia di questa pandemia - è il frutto di una ricerca condotta dall’Università di Bari in collaborazione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma.
Lo studio svolto dal team di ricerca porta la firma dei prof. Luigi Leonardo Palese, Anna Maria Sardanelli, e della dott. Camilla Isgrò del Dipartimento di Scienze Mediche di Base, Neuroscienze ed Organi di senso.
Il gruppo è giunto all'identificazione di composti attivi contro il SARS-CoV-2 responsabile del COVID-19, in grado di inibire un enzima necessario alla replicazione virale, utilizzando la strategia del “drug repurposing”.
Questo approccio di riposizionamento terapeutico dei farmaci, già approvati per uso clinico, permette di identificare molecole immediatamente utilizzabili per il trattamento di una patologia, con un notevole risparmio sui tempi e costi di ricerca.
Il gruppo di ricerca si è focalizzato su un particolare enzima di SARS-CoV-2, ovvero la proteasi principale Mpro
Tecnicamente è una cisteina proteasi, che opera tagli specifici su alcune proteine virali, tagli che sono necessari alla maturazione funzionale di queste.
Il blocco di questa proteasi rende impossibile al virus di completare il suo normale ciclo vitale, interrompendo quindi la sua replicazione.
Tramite analisi in silico sono stati considerati 2111 farmaci per la loro capacità di inibire l'attività di questo enzima. I più promettenti sono stati analizzati sperimentalmente presso i laboratori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma per valutare la loro attività inibitoria sull'enzima virale purificato.
Queste analisi hanno portato ad identificare l'acido etacrinico come un promettente inibitore della proteasi di SARS-CoV-2. Si tratta di un potente diuretico approvato per uso clinico nel trattamento dell'ipertensione e degli edemi da insufficienza cardiaca, epatica e renale.
“Il passo successivo - spiegano i ricercatori- sarà quello di valutare clinicamente la sua efficacia e sicurezza nel trattamento del COVID-19”.
I dati sono riportati in dettaglio, e disponibili a tutti secondo la filosofia open science https://www.mdpi.com/1999-4915/13/1/106, in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Viruses.