Questa tragedia impone agli adulti di interrogarsi sulla propria responsabilità di educatori
Le inchieste avviate dalla Procura ordinaria e da quella dei minori accerteranno se davvero la piccola si era lasciata attirare in una assurda sfida in rete. In ogni caso, questa tragedia impone agli adulti di interrogarsi sulla propria responsabilità di educatori.
Alziamo l’età. Antonella aveva 10 anni. I bambini non hanno ancora la maturità per possedere uno smartphone con accesso a Internet e alle varie piattaforme condivise. Per iscriversi ai social la legge prescrive che bisogna avere 13 anni. Ebbene, che sia questa l’età minima per dotare i figli di un cellulare di proprietà. Prima di allora, è difficile riuscire a gestire l’impatto emotivo di quanto si vede su quel piccolo schermo. Ricominciamo a prendere sul serio la questione dell’età e proteggiamo i nostri figli da qualcosa che non sono in grado di fronteggiare.
Diamo il buon esempio. Secondo il Global Digital Report del 2019, gli italiani trascorrono quotidianamente in media un’ora e 46 minuti sui social. Se i figli ci vedono con la testa sempre china sullo smartphone saremo poco credibili quando vorremo limitarne a loro l’uso. Occorre poi trovare dei momenti “social-free”: l’ora dei pasti, dopo cena. La notte i cellulari di tutti andrebbero caricati fuori dalle camere da letto.
Proteggiamoli (anche con un controllo consapevole). Il genitore può offrire fiducia al figlio. Ma l’educazione è fatta di esempio, di fiducia e anche di un garbato controllo. La stessa tecnologia può venire in soccorso: possono apparire procedure complicate, in parte lo sono davvero, ma occorre che i genitori facciano uno sforzo, si aggiornino e imparino a sfruttarne le potenzialità. Per controllare e/o limitare l’accesso ai siti inadeguati molto comune è il parental control o filtro famiglia.
Un aiuto dalla politica. Se i ragazzi non devono mai esser lasciati soli nel digitale, dobbiamo avere anche il coraggio di chiedere alla politica di non lasciare soli i genitori. Ieri numerosi parlamentari hanno promesso iniziative di legge per limitare l’accesso al web ai più piccoli o per esigere più responsabilità da parte delle piattaforme sui contenuti che veicolano. Ma per ora tutto il lavoro sembra lasciato nelle mani del Garante della privacy, che ha aperto un procedimento per scarsa attenzione ai dati dei minori. Risale invece al 2015 la richiesta dell’Europa agli Stati membri di (ri)decidere l’età minima degli iscritti ai social, con la possibilità di elevarla ai 16 anni. I vari governi avevano tempo tre anni per scegliere, ma da noi nessuno ne ha discusso. E così il limite è rimasto quello americano, cioè i 13 anni.