«Fortunatamente ne siamo usciti. Il sistema sanitario è la nostra unica speranza, così come i volontari, l’assistenza domiciliare. Medici ed infermieri che sono eroi»
«L’esperienza Covid è stata una cosa da dimenticare. Un virus subdolo, incontrollabile, affatto gestibile e per il quale le armi a disposizione sono poche, forse insufficienti e sicuramente con risposte drammaticamente soggettive.
Questo è quello che fa riflettere di più.
Nessuno di noi ha una risposta fisica simile e nessuno può prevedere come evolverà.
Per esperienza, quello che più spaventa è il decorso intermittente con sintomi che si aggravano nel giro di pochi giorni, a volte ore. Tutto può cambiare nell’arco di una notte. È successo a me ed è successo alla mia famiglia. Ai miei genitori. Immaginate l’impatto psicologico che ha su persone non certo giovani e con problemi di salute, coscienti da più di un anno di essere soggetti a rischio e per quello chiusi in casa.
Immaginate quando il virus varca quella soglia, quando ti devi isolare per il bene di tutti. Quando leggi il risultato del tampone di un genitore e non puoi neanche stargli vicino, tranquillizzarlo. Tutto avviene da dietro una porta.
Questo è il vero dramma del Covid, ti isola, combatti da solo un nemico che non conosci.
Fortunatamente ne siamo usciti tutti.
Scrivo queste righe non solo per raccontare, ma sopratutto per ringraziare.
Il nostro medico di famiglia, tempestivo e sempre presente, le farmacie e la protezione civile nell'assistenza domiciliare, i dottori delle unità USCA (una dottoressa in particolare chiamava mio padre quasi giornalmente per sincerarsi delle sue condizioni e tirargli su il morale), gli amici che ci sono stati accanto praticamente e moralmente con messaggi e telefonate, la persona che amo.
Ci sono persone che combattono ogni giorno accanto ai contagiati, con carichi di lavoro e psicologici che non possiamo immaginare.
Il sistema sanitario è la nostra unica speranza, così come i volontari, l’assistenza domiciliare.
Medici ed infermieri che sono eroi.
Quando sei dentro alla cosa, ti rendi conto dei limiti e delle difficoltà pratiche delle quali prima non avevi contezza. Come reperire una bombola d'ossigeno, che non c'è, perché l'ossigeno non basta. Le farmacie non ne hanno più, te lo dicono per telefono.
Gli ospedali sono saturi nell’arco di 30 km, quello del tuo paese è al collasso, la gente è ferma nelle ambulanze in attesa di un ricovero.
Questo è il Covid.
Non è solo febbre alta e fame d'aria.
È una tragedia che si ripercuote come un'onda d’urto su tutto e tutti.
Perché il tessuto sanitario è saturo e ci sono migliaia di persone che hanno bisogno di cure per altre patologie.
Io credo fortemente nella scienza e nutro grande fiducia nella medicina.
Ed oggi più che mai sono fermamente convinto che se ne usciremo sarà solo grazie agli strumenti che arriveranno da lì, di cura ma sopratutto preventivi.
Vinceremo il virus come società, non come individui.
Se avessi avuto la possibilità, se l’avessero avuta i miei, avremmo preferito fare un vaccino piuttosto che giocare alla roulette russa col Covid.
E credo che valga per tutti quelli che hanno dovuto farci i conti.
Penso a chi non c'è più, alle loro famiglie.
Non sono righe di “propaganda vaccinale” le mie, onestamente sono stanco e in tutta franchezza non me ne frega più un cazzo di combattere con nessuno: “homo faber fortunae suae” dicevano i nostri antenati.
Fatto certo è che tanto cambierà, per me, in termini di rapporti con gli altri e sopratutto di scelte.
Si sta delineando una frattura nella società e sinceramente la cosa mi addolora.
Perché, e mi ripeto, credo che solo come collettività ne potremo uscire.
Per tutti coloro che non vogliono essere utili, una preghiera, evitate almeno di essere dannosi.
Un abbraccio a tutti e aprite gli occhi.
Non è solo un virus, è un gran figlio di puttana»..
Gabriele