Il rischio per le donne si riduce: una su cinque
Un maschio salentino su tre (31,4 per cento) rischia di ammalarsi di cancro nel corso della sua vita. Un rischio che per le donne si riduce vistosamente: una su cinque (21,6 per cento).
La bestia nera per gli uomini salentini si chiama tumore al polmone, che con il 19,7 per cento di tutte le tipologie tumorali maschili rappresenta la percentuale più alta in Italia, dove invece il nemico numero uno del sesso forte è il carcinoma della prostata (18,5). Un’anomalia, questa del tumore al polmone in provincia di Lecce, che continua a rimanere un mistero e che preoccupa, anche in considerazione del fatto che sta gradualmente aumentando anche nel sesso femminile.
I resoconti conclusivi dell’insorgenza di patologie tumorali nella popolazione residente in provincia di Lecce (808mila e 600 abitanti nel 2004) sono stati illustrati ieri mattina nel corso della presentazione dei dati del Registro tumori della provincia di Lecce (Rtle) relativi al 2004. Alla presenza dell’assessore regionale alla Salute Tommaso Fiore e del direttore generale Guido Scoditti, il dirigente dell’area epidemiologica e statistica della Asl, Fabrizio Quarta, e la responsabile della raccolta dati, Anna Melcarne, hanno fornito le risultanze di un lungo lavoro di censimento, che è seguito alla stessa attività, già completata per l’anno 2003. Entro dicembre di quest’anno dovrebbero essere acquisiti anche i dati dell’incidenza e della mortalità tumorale relativi al 2005. Un traguardo che consentirà al Rtle, probabilmente nel 2011, di entrare a far parte di diritto dell’elenco dei registri tumori accreditati in Italia e nel mondo (i risultati italiani affluiscono alla banca dati di Lione).
In base alla raccolta dei dati (acquisiti con procedure certificate e validate dagli organismi internazionali) immessi nel Rtle, il rischio di ammalarsi di tumore nel Salento è in continuo, inesorabile, seppur contenuto aumento. Ma rimane ancora inferiore rispetto alle aree geografiche del centro-nord.
In sostanza, si sta verificando che il privilegio di cui ha goduto finora la popolazione meridionale, di un’incidenza tumorale più bassa rispetto alle aree industriali del nord (dovuto, si è sempre detto, alla qualità di vita meno convulsa, all’effetto protettivo dell’alimentazione mediterranea, alla qualità dell’aria meno inquinata dalle ciminiere delle metropoli), tende purtroppo a venire meno. E, come emerge dall’ultimo rapporto 2003-2005 dell’Airtum (l’associazione italiana dei registri dei tumori), tale rischio si va uniformando in tutto il Paese. Un gap, come lo chiamano gli epidemiologi, che gioca a sfavore del meridione, dove la popolazione va assumendo sempre più gli stili di vita e le abitudini del nord (fumo, alimentazione, stress, ecc.etera). «Anche per il 2004, come era emerso nel 2003, si evidenzia l’anomalia del tumore al polmone rispetto ai dati nazionali - ha sottolineato l’assessore Fiore - E il fatto che la conferma arrivi da un lungo lavoro di acquisizione certificata dei dati, deve far pensare che le cause non sono da ricercare nell’esposizione alle correnti in quota delle emissioni delle acciaierie di Taranto o della centrale a carbone di Cerano, come si era creduto. Occorre invece approfondire, assieme all’Arpa e alle altre agenzie del territorio (Cnr, università, Asl,ndr) lo studio dei molteplici fattori che concorrono all’insorgenza del tumore al polmone. Non siamo in presenza di un allarme, ma di una diversa distribuzione geografica della patologia. Occorre capirne il perchè».
Secondo il direttore generale della Asl Lecce, Guido Scoditti, «quello che emerge è che siamo in linea con la situazione nazionale dei tumori; tranne che per il cancro al polmone che occorrerà approfondire. Non esiste nessuna relazione - ha voluto precisare - fra la presentazione dei dati del registro tumori e la vicinanza delle elezioni regionali. Perché c’è sempre stata una grande attesa per la conoscenza dei dati sulla salute e sulle neoplasie in particolare. E appena sono stati completati e validati li abbiamo resi disponibili, indipendentemente dalle esigenze della politica».
Per il direttore sanitario Franco Sanapo, «anche se lentamente, sta crescendo nel Salento la cultura della prevenzione. La difficoltà più grande nell’organizzare una campagna di screening sulla popolazione - ha sottolineato - è proprio la cultura del meridione, che ha sempre privilegiato la convivenza con la patologia, piuttosto che la prevenzione».
«La causa dei tumori è multifattoriale - ha aggiunto l’epidemiologo Quarta, - e preoccupa la popolazione, che ci chiede spesso i dati sulle leucemie, sulle patologie legate alla tiroide. Fortunatamente possiamo rassicurare, perché i dati non sono preoccupanti. La gente si allarma quando da un rubinetto esce acqua rossastra o quando viene installata una nuova antenna. Qui da noi tutto è sovrapponibile ai dati nazionali. L’unico «neo» è l’incidenza del tumore al polmone, che per i maschi comincia a regredire, mentre per le donne tende ad aumentare. Probabilmente perché da noi sta crescendo il numero delle fumatrici». La scarsa prevenzione inoltre non consente di fare delle diagnosi precoci e quindi di aggredire il tumore ai primi stadi. La prima conseguenza è che nel meridione si muore di più. «In Emilia Romagna, per esempio - spiega il direttore Sanapo, - l’incidenza tumorale è di 510 ogni 100mila abitanti, mentre nel Salento è di 420 ogni 100mila. Però il numero di morti è uguale. Cosa vuol dire? Che da noi, in proporzione, si muore di più proprio perché è carente la prevenzione».