domenica 24 novembre 2024


08/09/2021 16:55:25 - Manduria - Attualità

Il campione manduriano: «Speravo di esserci, ma i posti in squadra erano pochi e il nostro c.t. Valentini ha fatto delle scelte sagge. Il mio prossimo obiettivo? Lavorerò per farmi trovare pronto per Parigi 2024».

Un “seme”, quello gettato dalla Rai in occasione della Paralimpiadi di Tokio, che ha generato speranze e, soprattutto, voglia di rialzarsi. Mai ad una manifestazione dedicata ad atleti disabili erano state dedicate tante ore di programmazione, gran parte delle quali in diretta. Un grosso sforzo economico, che non potrà che avere importanti ricadute nel sociale.

«Ho seguito gran parte delle gare e sono rimasto incollato alla tv soprattutto quando si sono svolte le gare di paraciclismo» racconta Leonardo Melle, vicecampione del mondo, qualche anno fa, in Sudafrica. «Ho tifato per tutti gli atleti che sono miei compagni di squadra in maglia azzurra. I risultati sono arrivati: tantissime medaglie, molte delle quali di oro. E’ stata un’emozione indescrivibile».

Già, Melle ha seguito questo evento in tv. Sicuramente, in cuor suo, ha sperato di poter vivere in prima persona questa entusiasmante esperienza. Con la sua proverbiale sincerità, si sofferma sui criteri che il c.t. Valentini ha seguito per le convocazioni.

«I posti per la squadra di paraciclismo erano solo 11» racconta Leonardo Melle. «Il nostro bravissimo commissario tecnico ha dovuto pertanto scremare al massimo la compagine azzurra. Ha dovuto tenere conto di tanti fattori, non ultimi i risultati conseguiti da ognuno di noi».

Per la categoria di Melle il c.t. Valentini ha convocato Farroni, poi vincitore di una medaglia d’argento.

«Il lockdown ha condizionato la preparazione di tutti noi» prosegue il campione manduriano. «Nelle prove selettive, le prestazioni di Farroni sono state migliori delle mie. Bisogna tener presente, però, che lui è emiplegico dalla nascita e, pertanto, si è adattato prima di me a questa situazione. Lui ha la possibilità di alzarsi sui pedali (cosa che io non riesco a fare) e, quindi, di spingere di più alla partenza, sulle salite o dopo le curve. Molto del gap che si crea fra le mie prestazioni e le sue è legato proprio a questa differenza.

Ma io non mi arrendo. Le Paralimpiadi mi hanno permesso di studiare da vicino tanti miei avversari. In quale posizione mi sarei piazzato se ci fossi stato? E’ difficile dirlo in quanto ogni gara è una storia a sé. Difficilmente però sarei potuto salire sul podio».

Nessuna recriminazione per Leonardo Melle, insomma, sempre corretto nei confronti dei compagni di squadra e del suo c.t. Mario Valentini, che elogia senza misure.

Ma con il campione manduriano abbiamo parlato anche del valore sociale di questo evento.

«Allo sport paralimpico va ascritto il merito di aver modificato la percezione sociale della disabilità, attuando una rivoluzione culturale che riguarda l’intera società. Negli ultimi anni è cresciuta la sua visibilità, contribuendo ad abbattere barriere culturali. Posso parlare della mia esperienza. Sino a qualche anno fa, la mia presenza lungo le strade, durante gli allenamenti, veniva vista come qualcosa di strano. In molti si chiedevano cosa ci facessi io in sella ad un triciclo. Ora, grazie alla comunicazione sugli sport paralimpici, la gente, per strada o nei bar, mi saluta, mi incita e, comunque, è sempre interessata.

Lo sport è in grado di unire le persone ed è fondamentale per sviluppare una cultura d’integrazione. Oggi gli sport paralimpici ci fanno conoscere e ci fanno parlare di storie positive e di rinascita. Si cade e ci si rialza. E bisogna sostenere chi non ci riesce».

Contribuiscono, insomma, a liberarsi dai pregiudizi sulla disabilità e sono un esempio concreto di accettazione e considerazione della diversità. In tanta gente, i pregiudizi nei confronti della disabilità sono ancora troppo forti. Si tratta di liberarsi da quel retaggio di pietismo e ipocrisia che caratterizza ancora l’approccio di molti ad una realtà che non si conosce

«Io invito tutti a guardare la disabilità non come un limite, ma come una risorsa. A sfidarsi nelle discipline paralimpiche sono sempre atleti di altissimo livello, persone che con le loro potenzialità e i loro limiti puntano a manifestare la propria normalità. Le gare delle persone con disabilità sono quindi esempi di puro sport, praticato con passione e abnegazione, e questo grazie anche al supporto della tecnologia.

I protagonisti mostrano con grande semplicità che possono fare tutto e che meritano anche la normalità».

La stagione agonistica per il ciclismo paralimpico non è ancora terminata.

«C’era in programma una gara, inizialmente a respiro europeo a Parabiago, che ora è stata declassata a livello nazionale. Doveva esserci anche una prova di Coppa del Mondo, ma, in ogni caso, il programma è condizionato dall’andamento della pandemia. La mia società, Maruggio Social Sport, mi ha promesso che avrei partecipato. Purtroppo in Puglia non si disputano gare di questo livello, che sarebbero preziosissime per sensibilizzare i ragazzi e per indurre loro ad abbracciare una disciplina paralimpica. Ritengo sia un percorso di crescita culturale».











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