«Poiché nulla è più quello che era prima della pandemia, come ripensiamo l’offerta di salute nel territorio manduriano? Ecco le proposte del nostro gruppo consiliare»
«È universalmente noto che l’Italia esce dalla pandemia con la consapevolezza di dover rivisitare i nostri sistemi sanitari, le cui deficienze sono state tristemente e drammaticamente svelate dall’emergenza globale dell’ultimo anno e mezzo.
Abbiamo strutture e modelli organizzativi sanitari e socio-sanitariche devono essere radicalmente ripensati, ristrutturati e riorganizzati, imparando dalle dure lezioni impartitedalla pandemia, per utilizzare bene i fondi cospicui anche se insufficienti che a tale scopo sono individuati (il RecoveryFound, il fondo complementare, le integrazioni regionali).
Per quello che ci riguarda,noi pensiamo che Manduria non debba rimanere a margine di questa partita, tanto più perché sconta ancora gli effetti di scelte discutibili compiute negli anni precedenti la pandemia.
Infatti l’individuazione di Manduria nel Piano di Riordino come ospedale di base invece che di primo livello, nonostante la storica presenza di una Rianimazione efficiente, la perdita progressivadi Ginecologia e Ostetricia, di Pediatria e dell’UTIC hanno inevitabilmente reso meno appetibile il nosocomio manduriano ai medici neo-assunti.
Ciò nonostante, il Giannuzzi ha continuato ad essere punto di riferimento per il territorio della provincia tarantina orientale con casistiche cliniche e interventistiche qualitative e quantitative di tutto rispetto a confronto con altri ospedali di primo livello e anche con l’ospedale del capoluogo.
In epoca di pandemia, quando a ottobre 2020 l’ospedale Giannuzziè stato convertito in ospedale full COVID poichè, come ci è stato spiegato, la presenza della Rianimazione consentiva l’apertura di quei 65 posti letto di assistenza COVID assolutamente necessari per l’intera provincia questo territorio – seppur tra i tanti dubbi che le promesse non fossero reali – ha dato il suo totale contributo alla lotta alla pendemia.
Ed allora, la preoccupazione per la perdita di expertise che ne conseguiva, il timore che le professionalità più specializzate e brillanti “scappassero” da Manduria, collocandosi in nosocomi più attinenti agli studi effettuati, la perdita di appeal del nostro nosocomio, ogni altro dubbio e perplessità è stato accantonato perché la pandemia richiedeva uno sforzo e un sacrificio per il bene di tutti.L’Ospedale Giannuzzi ha fatto la sua parte fino in fondo, essendo anche l’ultimo ospedale della provincia a “chiudere” i reparti COVID, mentre gli altri ospedali avevano già riguadagnato da tempo il loro originario assettopre-covid.
Quando agli inizi di giugno anche per il Giannuzziè stato possibile riaprire la degenza e i servizi agli ammalati non COVID, si è resa drammaticamente evidente la realtà che l’ospedale Giannuzzi non era già più quello di un anno prima:
- Pronto Soccorso in difficoltà di organico medico, spesso intasato da richieste improprie (circa l’80% degli accessi al P.S. sono codici bianchi, quindi accessi inappropriati);
- una cardiologia che pur essendo struttura complessa non ha possibilità di riaprire l’attività di degenza per carenze di organico medico;
- un reparto di nefrologia e dialisi diviso su 3 diversi servizi con allocazione distante fra di loro;
- un quarto piano (e il nome generico non è casuale) terra di nessuno, dove stazionano pazienti in attesa di referto di tampone ma anche pazienti già risultati negativi;
- un’ortopedia e una chirurgia che possono funzionare solo fondendosi per quel che riguarda l’articolazione dei turni dei medici;
- una radiologia che è attiva a singhiozzo per la carenza di medici e l’incapacità di avviare una linea strutturata di refertazione a distanza.
E allora la prima questione da porre è: poiché nulla è più quello che era prima della pandemia, come ripensiamo l’offerta di salute nel territorio Manduriano? Come recuperiamo il possibile svantaggio del Giannuzzi generato dalla sua utilizzazione full covid a beneficio dell’intera provincia? Come ripensiamo il Giannuzzi alla luce della progettualità dipinta nel PNRR? Come connettiamo l’ospedale con la sanità extraospedaliera, la prevenzione e la riabilitazione? Come facciamo in modo di ridare centralità ai bisogni di salute dei cittadini senza che siano costretti ad onerose trasferte fuori dal proprio territorio?
La nostra prima risposta è senza ombra di dubbio che la competenza e la resilienza maturata in epoca COVID dal Giannuzzi deve essere non un’onta da cui emendarsi ma il patrimonio aggiuntivo per il suo rafforzamento.
Non è pensabile che la rianimazione recentemente potenziata e ammodernata non sia al servizio dei reparti già presenti che devono essere rimpinguati di personale e di strumentazione, anche tecnologica, evoluta.
La Cardiologia deve ripartire e riavere l’UTIC.
Le specialità chirurgiche devono essere potenziate, consapevoli di un recente passato di sale operatorie teatro di interventi di alta specializzazione.
L’oncologia deve essere ulteriormente sviluppata, partendo dall’esperienza dell’ambulatorio di tradizione pluridecennale.
Per stare al passo col PNRR e con le risorse che muove,è necessario non guardaresolo al Presidio ospedaliero, ma allargare il progetto al più ampio respirodella sanità di prossimità sul territorio la cui diffusione è garanzia di decongestione e di uso appropriato degli ospedali.
Invece a Manduria -in assoluta controtendenza - si paventa perfino la chiusura di un servizio storico della città come il Centro di Salute Mentale, in barba alle necessità di quei cittadini e delle loro famiglie che si confrontano con la più pervasiva delle patologie, quelle della mente.
Il servizio di Psicologia del Lavoro, punto avanzato di intervento su temi come lo stress lavoro-correlato e il burn-out, riceve spinte di accentramento verso la città capoluogo.
Nonostante Manduria e i comuni limitrofi godano da qualche anno di una sede di Distretto socio-sanitario nuovissima e dagli ampi spazi, nella programmazione della ASL si vede riconosciuteore di specialistica ambulatoriale ridotte in termini qualitativi e quantitativi.
Al suo internodevono sorgere esperienze di competenze avanzate nel campo infermieristico, per es. un ambulatorio infermieristico per gli accessi venosi centrali, per la medicazione delle lesioni cutanee, per la gestione dei cateteri vescicali e dei drenaggi, ecc.
Il PNRR prevede una linea di investimento il cui costo complessivo è stimato in 2 miliardi di Euro per l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026. Riteniamo necessario individuarne una nel Comune di Manduriain cui catalizzare le nuove linee di attività appena descritte, connettendole agli altri servizi territoriali della salute mentale, della prevenzione e delle dipendenze patologiche già presenti e la cui permanenza non deve essere messa in discussione, in sinergia con i servizi previsti nel piano di ambito sociale di zona.
Infine il PNRR prevede il finanziamento di progetti di telemedicina per promuovere un’ampia gamma di funzionalità lungo l’intero percorso di prevenzione e cura: tele-assistenza, tele-consulto, tele-monitoraggio e tele-refertazione. Ospedale e sanità territoriale manduriana devono essere protagonisti nell’avvio di questi progetti, volendo proporsi da pionieri nell’attuazione di modelli innovativi nella gestione dei bisogni di salute in cui non sia più la singola malattia il focus dell’intervento, ma la singola persona nella pluralità dei suoi bisogni e delle sue fragilità, curata nella propria casa e nella propria comunità, con un ospedale fornito di ogni strumento per intervenire quando le condizioni cliniche acute necessitano il ricovero e un servizio territoriale che prima e dopo il ricovero accolga e sostenga gli interventi preventivi e riabilitativi.
Un servizio sanitario che non abbandona i suoi cittadini, ma li accompagna nel corso della loro vita.
Ecco, allora noi chiediamo un atto di coraggio alle numerose Istituzioni oggi presenti in Aula: che si consideri finalmente l’Ospedale di Manduria non un “peso” politico da sistemare, ma un’occasione per ridare piena fiducia ai tanti cittadini dell’estremo versante orientale del tarantino che, ormai, hanno perso fiducia nella Politica e nelle Istituzioni in tutti questi anni passati di promesse di rafforzamento dei servizi sanitari locali, mai mantenute».
Gregory Gentile