Si racconta la storia immaginaria del mistero del Corno di Topolomeo, arrivato nel sito di Aquinum nel 44 avanti Cristo, nascosto sul muso di un rinoceronte. Topolino e Gambadilegno, protagonisti dell’avventura, troveranno l’antico reperto e ci sarà anche il personaggio dell’archeologo ispirato al direttore scientifico degli scavi
È ispirata alle ricerche archeologiche dell’Università del Salento ad Aquinum (Castrocielo, FR) la storia a fumetti “Topolino e il tesoro del legionario”, in edicola dal 19 ottobre su Topolino: si racconta la storia immaginaria del mistero del Corno di Topolomeo, arrivato nel sito di Aquinum nel 44 avanti Cristo, nascosto sul muso di un rinoceronte. Topolino e Gambadilegno, protagonisti dell’avventura, troveranno l’antico reperto e ci sarà anche il personaggio dell’archeologo ispirato al direttore scientifico degli scavi, il professor Giuseppe Ceraudo, docente a UniSalento di Topografia antica. Nel corso della storia, una rappresentazione fedele delle attuali tecniche di indagine in archeologia nel sito.
Le attività di ricerca ad Aquinum sono condotte dal Laboratorio di Topografia antica e fotogrammetria del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina e con il sostegno del Comune di Castrocielo, ente proprietario dell’Area archeologica.
Risultati fondamentali per la conoscenza di un settore centrale dell’abitato sono stati conseguiti grazie alle attività di ricerca e di scavo. L’ultima campagna, appena conclusa, ha consentito di indagare un nuovo settore nel cuore della città romana, in prossimità delle rovine ancora emergenti del grande edificio termale, il Balneum di Marcus Veccius. Qui è venuto alla luce uno stibadium in muratura, costruito appositamente per la sala da pranzo all’interno di una grande domus. Si tratta di una scoperta di straordinario valore: finora in Italia non erano molti gli stibadia sopravvissuti sostanzialmente intatti fino ai nostri giorni, e assai rari sono quelli scoperti all’interno di domus in area urbana. Era il modo di banchettare dei Romani più facoltosi. A partire dalla fine del I secolo d.C., infatti, si stava diffondendo a Roma una nuova maniera di sdraiarsi a tavola, che poi diventò prevalente e influenzò la struttura degli edifici durante tutto il tardo impero. Si mangiava distesi su un solo grande letto semicircolare, lo stibadium appunto, su cui prendevano solitamente posto dalle cinque alle otto persone e che progressivamente soppiantò i tre letti tricliniari. Questa di Aquinum doveva essere la domus di un personaggio di alto rango, che aveva voluto impreziosire le sale di rappresentanza e conviviali della sua dimora con mosaici di grande bellezza. Una vera esibizione di ricchezza, lo stibadium era collocato in posizione dominante, con l’acqua corrente a tavola che veniva raccolta in una vasca-fontana realizzata al centro di questo nuovo tipo di divano da banchetto.