mercoledì 09 aprile 2025


27/02/2025 09:25:46 - Manduria - Attualità

Gregorio osservava dal finestrino paesaggi a lui familiari, e quella visione lo rasserenava

Alla stazione Termini, un continuo andirivieni di treni, per lo più convogli militari, movimentava lo scalo ferroviario. Nonostante l’orario notturno, soldati e viaggiatori affollavano i binari. Il treno che Gregorio attendeva sarebbe arrivato in stazione poco dopo la mezzanotte. Per ingannare l’attesa, l’uomo accese una sigaretta e la aspirò lentamente, mentre nella sua mente si facevano strada pensieri sereni.

Quando il convoglio giunse, l’aviere salì nella penultima carrozza, la meno affollata, e trovò un posto a sedere. Dopo qualche minuto, reclinò il capo e si concesse un pisolino. Era l’alba, Gregorio riaprì gli occhi: il treno aveva percorso poco più di un terzo della tratta, rallentato dalle lunghe soste nelle stazioni intermedie e dalle interruzioni ferroviarie. Procedeva lentamente verso la destinazione.

Nel pomeriggio, a circa settanta chilometri dal capolinea, il treno costeggiava da un lato le pendici della Murgia, tinte dei caldi colori autunnali, e dall’altro l’Adriatico, proseguendo il viaggio verso sud-est, in direzione della piana messapica. Le rotaie correvano tra oliveti e vigneti, alternati a piantagioni di ortaggi e altre colture. Qua e là, nei campi, si intravedevano diverse masserie, animate dalla loro attività. Gregorio osservava dal finestrino paesaggi a lui familiari, e quella visione lo rasserenava.

Il treno effettuò l’ultima fermata e le porte si aprirono. L’aviere scese con energia dagli scalini e si diresse con passo risoluto verso l’uscita di quella stazione desolata ma familiare. Gregorio percorse rapidamente viale Mancini, dirigendosi verso il centro urbano, dove gruppetti di anziani sostavano in piazza Garibaldi, alcuni accanto ai propri velocipedi, intenti a discutere del più e del meno. Altri, uomini più giovani, dopo aver incontrato i proprietari terrieri e aver contrattato con loro, si facevano assumere sul posto a giornata per i lavori in campagna, mentre la sirena dell’orologio sopra la locanda più frequentata di Manduria segnava lo scoccare delle diciassette, rompendo il brusio della piazza.

L’uomo respirava aria di casa e rivedeva la sua città natale dove regnava la quiete. Quanto gli era mancata Manduria, quanto gli erano mancati i suoi familiari, i suoi affetti. Ma, più di tutto, gli era mancata Adele, pensava Gregorio, rasserenato, mentre in pochi istanti ripercorreva i lunghi giorni vissuti lontano. Il desiderio di rivederla lo avvolgeva, e ogni istante trascorso sembrava un’eternità, tanta era la bramosia di riabbracciare lei. Gregorio poteva concedersi qualche ora libera prima di raggiungere il suo nuovo reparto, dislocato presso il locale aeroporto militare, situato lungo la strada provinciale per Oria. Tuttavia, prima di presentarsi al comando, si sarebbe recato da Adele per farle una sorpresa. A quell’ora del pomeriggio, le principali attività lavorative stavano terminando. Per le strade di Manduria si vedevano solo contadini di ritorno dalle campagne, qualche soldato in libera uscita, mezzi militari, manovali e artigiani intenti a chiudere le serrande delle loro piccole botteghe, e bambini gioiosi che giocavano per strada.

Gregorio si accese una sigaretta e attraversò corso XX Settembre, diretto verso piazza S. Angelo. Oltre quello slargo spiccava, tra le basse casupole prevalentemente imbiancate a calce viva, un alto edificio costruito in tufo a vista, brunito dal tempo, con ampie finestre affacciate sulla via. Attese impaziente per diversi minuti sul marciapiede lungo l’opificio; la sua sigaretta era ormai quasi del tutto consumata quando il tintinnio di una campanella annunciò l’uscita delle operaie. Dopo un’impegnativa giornata lavorativa, le donne uscirono dalla fabbrica, accompagnate da un vivace mormorio che, soprattutto nelle più giovani, rivelava tutta la loro esuberanza. Superato l’ampio ingresso, si diressero verso via Roma. Gregorio la scorse subito, anche se dovette attendere che fosse tra le ultime a lasciare la fabbrica. Spiccava per il sorriso, impresso sulle carnose labbra e accentuato dal suo solito rossetto rosso intenso. Lo sguardo vispo e i capelli fluenti, raccolti da un cerchietto, così come la forma circolare degli orecchini che Adele esibiva nelle occasioni speciali, le donavano un’aria sbarazzina. Adele percepì la presenza del suo uomo e, come era accaduto la prima volta che lo aveva incontrato, sentì un piacevole brivido attraversarle il corpo. Lo intravide e corse verso di lui, attirando gli sguardi stupiti delle sue colleghe. I due amanti, senza dirsi nulla, si abbandonarono a un bacio appassionato.

L’abbraccio di lei, caloroso e intenso, sembrava voler intrappolare Gregorio nella sua uniforme e nella bramosia della donna. Entrambi provarono l’ebbrezza della voluttà e la stessa emozione che li aveva colti al loro primo incontro. I due si guardarono intensamente negli occhi. Uno scroscio di applausi e una festosa accoglienza si diffusero per la via. Dagli occhi di alcune presenti sgorgarono lacrime di gioia e, in quell’istante, per tutte loro, la guerra sembrò lontana.

Mano nella mano, Gregorio e Adele si avviarono lentamente verso casa di lei. Lungo il tragitto, quei teneri amanti parlarono di sé, dei loro progetti da fidanzati e degli orrori della guerra.

«Quanto mi sei mancato» disse lei, esibendo un sorriso che incantava l’uomo. «Adesso non ti lascerò più andare via.» E poggiò il capo sul torace del suo fidanzato, mentre con una mano accarezzava i capelli riccioluti di Gregorio, inumiditi di brillantina.

 

Walter Pasanisi











img
Cucina d'asporto e Catering
con Consegna a domicilio

Prenota Ora