Aveva pregato anche per l’intera comunità manduriana, angosciata dal conflitto e da una terribile carestia che da tempo imperversava nella provincia tarantina
Adele spesso aveva pregato il Padre Eterno e la Madonna affinché preservassero la vita di Gregorio e degli altri soldati suoi concittadini impegnati in guerra. Aveva pregato anche per l’intera comunità manduriana, angosciata dal conflitto e da una terribile carestia che da tempo imperversava nella provincia tarantina. Quell’anno, infatti, le campagne erano state colpite da una grave siccità: non pioveva da mesi e il raccolto, ormai flagellato, scarseggiava. Alcuni mesi prima, inoltre, le piantagioni erano state devastate dalle cavallette, evento che non si verificava dal precedente secolo.
La popolazione, preoccupata, allora si era affidata, come da tradizione locale, all'intercessione di San Trifone, protettore delle cavallette, per allontanare le locuste dai campi e, per invocare la pioggia, alla mediazione dei santi protettori di Manduria, che in altre circostanze simili erano venuti in aiuto della città messapica. Adele, insieme ad altre giovani donne e all'intera cittadinanza, partecipò all'esposizione della statua del santo patrono nella chiesa Matrice.
I fedeli presero parte a tridui e preghiere, ma ciò non portò l'agognata pioggia. Non scoraggiati, i devoti si rivolsero allora all’altra protettrice locale, l’Immacolata, a cui è dedicato un digiuno a pane e acqua, una tradizione nata a Manduria e diffusasi in tutto il mondo cristiano. Tuttavia, né la Madonna né San Gregorio intervennero in soccorso della città. A quel punto, si invocò San Pietro, venerato dai credenti come il signore dell’acqua.
Alla vigilia della processione, che aveva un profondo valore religioso per la comunità, il Comitato annunciò l’evento per le vie di Manduria con il suono di una campanella e il grido rituale: «Uagnù, crai ti matina, ma sci pijari Santu Pietru» («Ragazzi, domani mattina si deve andare a prendere San Pietro»). Giovanni, confratello della Confraternita della Purificazione, vestito del caratteristico camice bianco con stendardo e cappa celeste, partecipò alla processione insieme alla sua famiglia, fervente nella fede. Come lui, migliaia di credenti, giunti anche dai paesi limitrofi, presero parte al corteo, animati dalla speranza di un miracolo.
L’uomo seguiva la lunga coda di penitenti portando in spalla un ramo d’ulivo. Nella colonna accanto, Michele, un anziano contadino amico di Giovanni, esile, con il volto imbrunito dal sole e incartapecorito dall’età, trasportava a fatica un robusto ramo di quercia. Tra i penitenti vi erano anche alcuni devoti con corone di spine sul capo e cilici indossati, mentre altri trascinavano altarini decorati con elementi arborei, canne, ferro battuto, fiori, nastri o sterpi secchi, simboli della siccità.
Adele, con il velo che le copriva il capo, una pettorina nera e la coccarda violacea su cui era impressa la croce del nostro Signore, appuntata al petto, avanzava lentamente, circondata dai suoi fratelli, accanto a sua zia Carmela e ad altre donne appartenenti a diverse confraternite. Bambini scalzi, anch'essi penitenti, seguivano la processione, guidati dalle autorità civili e religiose. Tutti i presenti cantavano inni sacri e recitavano giaculatorie, mentre il corteo, snodandosi per dodici chilometri, si infoltiva di fedeli.
La processione era partita da Manduria nel cuore della notte, con i partecipanti che si muovevano a piedi o su carri trainati da cavalli, diretti a San Pietro in Bevagna. Numerosi devoti attendevano nel bosco Cuturi. Altri fedeli si trovavano sulle dune della località marina, raggiunta dopo diverse ore di cammino, per assistere all’alba alla funzione religiosa nella chiesetta dedicata al Signore degli Apostoli.
Dopo la Messa, un prelato benedisse i picciddati[[1]] e panituddi[[2]] offerti dai devoti ai pellegrini sfiniti ed essudati per il tragitto percorso a piedi e a digiuno. Giovanni, con sua figlia e sua sorella, si privarono di una parte del proprio cibo: staccarono dai loro pani alcuni pezzi da offrire ai piccoli penitenti che, affamati com’erano, avevano già trangugiato voracemente la loro pagnotta scura e benedetta, ricca di crusca e sacralità.
Poi, a turno, si dissetarono al mmili[[3]], poco dopo salirono su un traino condotto da Nicola, un conoscente di Giovanni, che si offrì di riportare a casa quei devoti stremati. Nicola smosse le briglie e, ordinando a gran voce all’equino scalpitante, diede il comando. “nina”[[4]]. Il cavallo, biascicando, alzò la testa dal sacco della biada e si avviò con andatura lenta verso Manduria. Lungo il tragitto del ritorno, i piccoli, stremati, si appisolarono uno ad uno sui corpi degli adulti che li sostenevano. Giovanni, con le due donne, col capo reclinato per la fatica, addossati alle sponde legnose e ruvide del carretto, di tanto in tanto sussultavano quando le ruote del traino affondavano nelle buche sparse per la strada polverosa e dissestata, mentre il sole, all’alba, faceva capolino nel cielo autunnale. Dopo alcuni giorni afosi, un intenso acquazzone si abbatté sulla zona, inondando i campi e colmando di acqua le cisterne dei terreni e delle abitazioni cittadine. La gente, grata a San Pietro, assistette numerosa a una funzione religiosa in suffragio del santo che aveva esaudito la richiesta del misero popolo manduriano.
In quello stesso mese, ottobre del“41, i tedeschi proclamarono lo stato d'assedio a Mosca. E in quei giorni i bersaglieri del Corpo di spedizione italiano entrarono a Stalino.
Walter Pasanisi
[[1]]Pane dal peso di 4-5 kg e dove sulla sua superficie vengono incise le iniziali del Santo.
[[1]]Panini dal peso di 0,5 kg ciascuno, più numerosi e usati come devozione alimentare.
[[1]]Anfora di terracotta in grado di conservare fresca l’acqua.
[[1]]Comando gergale usato dal conducente, che impartisce al cavallo per spronarlo a muoversi.