L’antico fossato che si trova al confine con l’agro di Oria: unitamente alle specchie ed al vecchio aeroporto militare, caratterizza particolarmente questa fascia rurale
di Paride Tarentini
Archeologia e viabilità antica ci conducono, nel territorio a nord di Manduria, a ridosso dell’antico fossato posto a confine con l’agro di Oria; fossato che, unitamente alle specchie ed al vecchio aeroporto militare, caratterizza particolarmente questa fascia rurale (vedi precedenti contributi editi su questo stesso quotidiano online in data 19.X.2024 e 2.XI.2024).
Segnalato fin dal XVI secolo da scrittori locali e non, tale vallone (scavato nella roccia per una larghezza di 6 metri, visibile, in orientamento E-O, tra Manduria e Oria, per una lunghezza di circa tre chilometri) appare interessato da varie ipotesi prevalentemente di tipo confinario e/o strategico-difensivo, riferite ora ad epoca messapica, ora medievale; ambiti cronologici piuttosto ampi, cui sembrano comunque rimandare indagini di superficie e scavi archeologici (condotti nel 2010 nella parte centro-occidentale del vallone: contrade Paione-Casina Piccinni e che necessitano, ovviamente, di ulteriore estensione ed approfondimenti), con prima fase di escavazione del vallo attribuibile ad epoca messapica per alcune ceramiche ellenistiche (IV-III sec. a.C.) rinvenute, in strato, all’interno del fossato (vedi AA. VV.,
Segni dell’antico paesaggio messapico in territorio di Taranto, in “dire in Puglia”, Rivista del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 4 (2012), pp. 7-14).
Ad epoca medievale rimandano, poi, le due grotte (altre sono segnalate, ma non visibili, in più punti del fossato) presenti lungo le sponde interne del vallone; grotte ubicate a breve distanza, ad est, dell’area di scavo, caratterizzate da alcuni elementi particolari (fori e nicchie sulle pareti interne ed esterne, fori di areazione nel soffitto, simboli crociati interni) riscontrabili negli abituri rupestri pugliesi e materani. Tutt’intorno un’intensa attività agricola collegata con una razionale e funzionale organizzazione del paesaggio agrario, documentata (sempre all’interno di questi ambiti cronologici compresi tra ellenismo e medioevo) da un gran numero di fosse (per lo più rettangolari) scavate nella roccia, destinate alla piantumazione di vigneti o di orti; fosse portate alla luce, lungo il fossato e per vasto spazio intorno, dagli scavi archeologici, cui sono probabilmente da associare alcuni tagli nella roccia tuttora visibili lungo la sponda nord del vallone, da me inizialmente attribuiti (seppure in maniera ipotetica) a sepolture medievali.
Lo stesso fossato si pone in relazione con una viabilità rurale antica che corre, a nord, in parallelo col vallone (lambita, nel suo tragitto, dalla specchia Rotulafai, da un lungo paretone e da cisternoni posti a ridosso di un sito archeologico inquadrabile in epoca ellenistico-romana) o lo attraversa nel tratto centro-orientale (via vecchia Manduria-S. Cosimo alla Macchia) per una successiva congiunzione di queste due arterie all’altezza di Masseria Case Grandi, con affiancamento (nel tratto terminale) di profondi solchi carrai orientati verso il Santuario; verso un sito, cioè, di valenza non solo cultuale, ma anche archeologica, per la presenza di sepolture datate al XIII-XIV sec. d.C., scoperte all’interno della chiesa e nei poderi intorno, riferibili all’antico casale medievale, con annessa chiesetta, segnalato sul posto.
Stradoni e carraie toccano anche il versante centro-occidentale del vallone (Casina Piccinni), ove, a breve distanza ad ovest delle grotte e dell’area di scavo, si nota (o, meglio, si notava) una fitta concentrazione di assi carrai, oggi all’interno di una proprietà privata delimitata da alto muro di recinzione. Siamo, in questo tratto del fossato, all’incrocio tra la via vecchia Manduria-Oria (staccatasi dalla via vecchia Manduria-S. Cosimo poco prima di masseria Bonsignori) e il percorso dell’antico tratturello martinese proveniente dai territori murgiani più interni (Castellaneta, Mottola, Martina, Grottaglie); tratturello oggi segnato da una strada campestre che, nel suo percorso meridionale (verso il territorio di Manduria - Avetrana e poi il litorale dell’Arneo), dopo aver superato il fossato, lambisce, a non eccessiva distanza dal vallo, la chiesetta o, meglio, la cappella rurale dedicata a S. Gaetano di Thiene (prospiciente una vasta area cavata) e la successiva masseria Scapolata (con chiesetta esterna ed antica torre merlata protetta da caditoie), in avanzato stato di abbandono
Superata Masseria Scapolata, lo stradone prosegue, attraverso il territorio di Masseria Cicci, verso la strada statale Manduria-Lecce, che oltrepassa agevolmente (grazie anche ad un sottopasso ferroviario, forse appositamente realizzato) in direzione delle Masserie Eredità e Lo Monte. Il tragitto successivo conduce decisamente a sud, verso Masseria Giannangelo e Masseria Ruggianello, attraversando una fascia territoriale frequentata in epoca preistorica, greco-romana e medievale (vedi P. TARENTINI, Manduria, ricerche topografiche ad est dell’abitato, in G. CARDUCCI (a cura di), Liber amicorum. Miscellanea di studi storici offerti a Rino Contessa, vol. II, Manduria, Filo, 2003, pp. 993-1012). Non sorprenda questo collegamento con siti archeologici limitrofi, in quanto tratturi e tratturelli hanno spesso rappresentano, fin da epoche remote, assi importantissimi per contatti ed interscambi economici tra i vari settori territoriali attraversati.
Nel percorso finale, il nostro tratturello penetra profondamente all’interno del territorio di Avetrana, per raggiungere, infine, il tratto costiero dell’Arneo (vasta contrada lungo il litorale jonico salentino fra Torre Santa Caterina e Torre Borraco) secolare luogo di sosta e di pascolo per capi ovini e bovini provenienti dalla parte montuosa di Puglia e Basilicata (vedi, tra gli altri, W. MAZZOTTA-V. PATI, L’Arneo prima della bonifica tra storia e latifondo, in “lu Lampiune”, VII (1991), 1, pp. 153- 159). Ed al prolungato uso di queste aree per lo sverno delle mandrie in transumanza sembra legarsi la ricorrente presenza, lungo il tratto costiero Torre Borraco-Porto Cesareo, di toponimi comprendenti il termine di “Mandria” (Mandria del Trullo, Mandria il Truglione, ecc.) e di “Jazzo” = luogo di sosta dei
pastori (Jazzo della Marina, Jazzo della Specchiarica, Jazzo Chiusurella, ecc.). Alcune foto risalenti alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso fissano immagini di buoi in transumanza tra Martina Franca ed il territorio di Masseria Fiddicchi (litorale di Manduria) attraverso antichi tratturi e strade interne all’abitato di Avetrana, con ultima transumanza datata alla metà degli anni Sessanta (vedi F. FILO SCHIAVONI. Una storia infinita. Più di 400 anni di liti, pretensioni ed altre “storie” sul territorio di Torre Colimena e dintorni, Manduria, Filo, 2003, pp. 128, 130-131).
Un fenomeno di lunga durata, quello della transumanza, con numerose problematiche territoriali, spesso conflittuali; problematiche che nel XVI secolo, ad esempio, vedono il territorio di Taranto invaso dalle greggi provenienti dai centri interni, quali Mottola, Ginosa e Massafra, con grave danno per le attività agricolo-pastorali delle popolazioni locali. Tali greggi “veneno a mangiare l’herbe fino avanti le porte di detta Città, non senza danno grandissimo di quello poco bestiame quale teneno li huomini di quella Città [...] né tam poco se può seminare quanto se deveria et porria la qual cosa non è poco incomodo e danno della Città [...]” (da M. A. VISCEGLIA, Territorio, feudo e potere locale. Terra d’Otranto tra Medioevo ed Età Moderna, Napoli 1988, p. 213).
Per risolvere simili problematiche, le attività della transumanza (che coinvolgevano numerosissimi capi di bestiame, nonché masserie, chiesette e posti d’acqua presenti lungo il percorso), furono regolate dalla Regia Dogana della Mena delle Pecore (istituita nel XV secolo, all’epoca della dominazione aragonese), con disposizioni di tipo organizzativo, finanziario, amministrativo e giuridico.
Dopo vicende secolari, la transumanza cominciò a perdere importanza economica a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. I tratturi pian piano non ebbero più la funzione di grandi strade armentizie e le terre tratturali vennero in gran parte date in concessione ai contadini che le misero a coltura, oppure le utilizzarono per la realizzazione di nuove strade di collegamento tra i vari centri abitati (notizie tratte, in prevalenza, da I. PALASCIANO, Le lunghe vie erbose. Tratturi e pastori del Sud, Lecce, Capone, 1999). Passati poi alle Regioni, i tratturi superstiti risultano oggi interessati, a volte, da programmi di tutela e valorizzazione, in quanto testimonianza identificativa delle nostre comunità (vedi, tra l’altro, Documento Regionale di Valorizzazione dei Tratturi (DRV) – Regione Puglia. Delibera Giunta Regionale 1850 del 23.12.2024 - sito Internet di riferimento).