Fondata nel 1621, a seguito della predicazione dei gesuiti, con l’intento di onorare il santo protettore della Sacra Famiglia, San Giuseppe, la confraternita ha ricoperto fin da subito un ruolo fondamentale nella vita religiosa di Manduria
La venerabile Confraternita di San Giuseppe Patriarca di Manduria ha una lunga e ricca tradizione di fede e devozione che affonda le sue radici nella storia della città e nella spiritualità della comunità locale.
Fondata nel 1621, a seguito della predicazione dei gesuiti, con l’intento di onorare il santo protettore della Sacra Famiglia, San Giuseppe, la confraternita ha ricoperto fin da subito un ruolo fondamentale nella vita religiosa di Manduria. Nel corso dei secoli, ha contribuito in maniera significativa alla preservazione e alla trasmissione dei valori cristiani di carità, solidarietà e fraternità, consolidando così la sua presenza e importanza nella comunità locale.
La confraternita organizza numerose attività spirituali, tra cui la processione che è stata ripresa quest’anno, dopo circa un cinquantennio che non si svolgeva, cura celebrazioni liturgiche e momenti di preghiera comunitaria, ponendo la devozione a San Giuseppe al centro delle sue iniziative e testimoniando l'amore e la venerazione per il santo che, con la sua vita di umiltà e dedizione, continua a ispirare generazioni di cristiani.
I legami affettivi che mi uniscono al sodalizio, legami che affondano le radici nella mia famiglia (poiché vi appartenevano una mia ava e un bisavo materni), mi spingono a condividere alcune notizie su questa istituzione tanto significativa.
Le prime due interessano le opere artistiche custodite all’interno della relativa chiesa e, più precisamente: la pregevole tela dello “Sposalizio della SS. Vergine” e la statua lignea del Santo titolare.
Per quanto riguarda la prima, è nota l’attribuzione dell’opera pittorica ad una tal Nicola Schiavoni (omonimo del più celebre patriota risorgimentale e senatore del Regno d’Italia, Nicola Schiavoni Carissimo, nato a Manduria nel 1818) artista, da sempre ritenuto locale, della cui attività non si conosce molto, a parte l’attribuzione di poche altre tele, di cui una sempre a Manduria, nella chiesa della Purificazione (o di S. Cosimo) raffigurante la Presentazione di Gesù Bambino al Tempio (1).
Sono invece assenti del tutto le notizie biografiche sul conto dello Schiavoni così come le prove certe della sua presenza e della sua attività a Manduria (all’epoca Casalnuovo), tant’è che nell’opera “Iconografia Sacra a Manduria” lo studioso Massimo Guastella, dopo aver riportato il passo del sac. Leonardo Tarentini contenente l’attribuzione della tela al citato autore (2), osserva: “che l’artista fosse manduriano lo vorrebbe la voce del catalogo della mostra d’arte sacra tenutasi, nel 1956, a Lecce”, e, in altra parte dell’opera, lo definisce “Privo di fortuna critica e con un’inesistente biografia” (3).
Orbene, proprio sul conto di questo pittore, consultando gli Status Animarum redatti dagli arcipreti pro-tempore della Chiesa Collegiata “SS. Trinità”, è stato possibile rinvenire una importante traccia che ne attesta, con certezza, la presenza nella nostra cittadina.
Si tratta del volume manoscritto contenente lo Status Animarum dell’anno 1807, redatto dall’arciprete can. Giuseppe Domenico Micelli, nel quale al foglio n.23 versus (4) è riportato, come abitante nella “Strada Scuole Pie”, il nucleo familiare composto da Nicola Schiavoni di anni 71 espressamente qualificato come “Pittore”, e dai di lui nipoti: Don Scipione Nicola Schiavoni sacerdote nato il 7 Febbraio 1755, Don Pascale Schiavoni sacerdote nato il 5 Febbraio 1778, Angelo Schiavoni avvocato nato il 2 Gennaio 1758 e Gregorio Schiavoni avvocato nato il 12 Novembre 1767 (cfr. immagini a lato).
Il pittore quindi avendo dichiarato l’età di 71 anni, sarebbe nato, con molta probabilità, nel 1736, presumibilmente a Manduria.
Pertanto, in base al citato documento, l’artista ha oggi acquisito un collegamento certo ed inconfutabile con la nostra cittadina, risultando, appunto, residente in essa nell’anno 1708.
Passando alla statua lignea del Santo titolare della confraternita, è noto che questa è opera dello scultore napoletano Vincenzo Ardia. Recenti ricerche più approfondite hanno accertato la sua attività a Napoli, con diramazioni non solo in Italia, ma anche in Spagna.
L'artista è stato menzionato in uno studio fondamentale sulla scultura in legno tra Napoli e la Spagna durante l'età barocca, il quale ha evidenziato la circolazione di opere d'arte nell'area del Mediterraneo occidentale attraverso i porti di Napoli, della Puglia, di Genova, di Cagliari e della Spagna. Lo studio ha anche rivelato l'esistenza di un ampio numero di committenti italiani e stranieri, in particolare spagnoli, tra cui la corte vicereale, aristocratici, ordini religiosi e confraternite. Questo ha confermato l'importante contributo delle botteghe di intagliatori e scultori napoletani alla produzione della statuaria lignea nei secoli XVII e XVIII, sia in Spagna che in Italia meridionale.
Da questo studio, che si è basato anche sulla consultazione degli archivi del Banco di Napoli e delle polizze di pagamento emesse a favore delle botteghe napoletane, è emersa appunto la figura di Vincenzo Ardia, nativo di Piano di Sorrento, già operante, insieme ad altri artisti (come Antonio Mottola, Domenico Di Nardo, a sua volta maestro del più noto Giacomo Colombo, i fratelli Gaetano e Pietro Catalano, Domenico De Simone), nella bottega dei fratelli Aniello e Michele Perrone di Napoli (5).
Tra le opere attualmente attribuite con certezza all'autore in Italia, si annoverano la statua lignea di San Giuseppe, proveniente da Manduria, e quella di San Francesco Saverio, sempre in legno, custodita nella Chiesa Parrocchiale di Ghemme, in provincia di Novara.
Tuttavia, a seguito di approfondite ricerche, ho potuto verificare che sarebbe possibile ascrivere allo stesso artista anche una statua raffigurante San Giacomo Apostolo, situata nel centro calabrese di San Giorgio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria. L'attribuzione di quest'ultima opera sembrerebbe essere stata confermata da documenti che attestano il pagamento dell'opera, a favore dell'artista, mediante una polizza di pagamento di 110 ducati, datata 28 marzo 1685 (6).
Orbene, proprio di queste due statue dell’autore (quella di Ghemme e quella di San Giorgio Morgeto), intendo oggi fornire ai lettori le riproduzioni fotografiche pubblicate sul web.
Indubbiamente, entrambe le opere (ma ancor più quella custodita nella cittadina calabrese) presentano forti analogie stilistiche con il San Giuseppe manduriano, tra cui, soprattutto, il ricco panneggio e l'accurata decorazione floreale dell’abito, ricchissima di particolari, che denotano la comune paternità attribuibile al citato artista.
Ma, l’opera manduriana del citato scultore, che -a mio modesto avviso- riterrei di qualità artistiche superiori alle altre, si caratterizza anche per una particolare intensità espressiva dei personaggi (S. Giuseppe ed il Bambino Gesù), che fece appunto dire al Tarentini: “Il legnaiuolo di Nazaret è rappresentato nell’atteggiamento indovinatissimo di guardare tanto umilmente il Bambino che ha in braccio, poiché la grandezza che si desume in Lui dalla sua stirpe reale, fino all’insuperabile altezza di padre putativo del suo Dio, che or si degna, infante, gravargli il braccio, ci richiama quanto avventuroso ei stimasse quel peso, quanto si beasse di rimirarlo, l’unico mortale che oltre il suo tempo non vide, non vedrà altro tempo.” (7).
Da segnalare inoltre, sempre in relazione alla statua locale, la presenza, nella mano destra, della verga argentea fiorita. Questo simbolo, nell'iconografia del Santo, rappresenta il prodigio legato al bastone da cui sbocciano i fiori o, secondo una diversa tradizione, al bastone da cui emerge una colomba. Il riferimento è a un episodio narrato nei cosiddetti vangeli apocrifi, secondo cui, al momento di scegliere il marito di Maria, la verga di Giuseppe sarebbe stata l’unica, tra quelle lasciate dai vari pretendenti alla mano della Santissima Vergine, a fiorire (o, secondo un’altra versione, a far uscire una colomba).
In questo modo, il Sommo Sacerdote del Tempio di Gerusalemme, che presiedeva alla cerimonia, avrebbe riconosciuto con certezza lo sposo scelto.
Inoltre, il Bambino Gesù, che il Santo sostiene con il braccio sinistro, appare nudo, con una mano tesa che, in occasione della festa di San Giuseppe, sorreggeva una mela rossa. Questo frutto, secondo una tradizione antica, sembra che fosse offerto alla Confraternita da una famiglia di Manduria, come riferitomi da una discendente.
La statua manduriana sarebbe stata anche il prototipo che avrebbe ispirato un'altra statua di S. Giuseppe, sita nel Duomo di S. Maria di Oristano, in Sardegna, ed attribuita allo scultore napoletano Lorenzo Cerasuolo (8).
Infine per ultima, ma non in ordine di importanza, riporto una notizia riguardante proprio la Confraternita e la sua organizzazione interna quale sodalizio laicale ecclesiastico.
Per essa segnalo l’esistenza presso l’Archivio di Stato di Lecce, in originale ed in copia digitalizzata, del relativo Statuto in pergamena datato 25 Settembre 1776 che, unitamente agli statuti di altre confraternite mandurine (Congregazione dei SS. Leonardo Abate e Sebastiano Martire sotto il titolo di S. Maria di Costantinopoli, Confraternita della Vergine della Purità, Confraternita della Vergine di Loreto, Congregazione del SS. Sacramento, Confraternita della Vergine del Carmine, Confraternita dell’Immacolata Concezione) fu redatto ed inviato verso la seconda metà del XVIII secolo al Consiglio Generale degli Ospizi della Provincia di Terra d’Otranto al fine di ottenere il Regio Assenso e di poter conseguire la personalità giuridica.
Auspico che, vista la rilevanza storica del documento in questione, la Confraternita decida di acquisire quanto prima una copia dello stesso, avviando la necessaria richiesta presso l'archivio pubblico salentino.
Allo stesso modo, sarebbe davvero bello riprendere la tradizione delle 'mattre' o tavole di San Giuseppe, che si svolgevano fino agli anni Cinquanta del secolo scorso nel piazzale antistante la chiesa, così da far rivivere una parte fondamentale della nostra cultura.
Giuseppe Pio Capogrosso
(1) L’attribuzione a N. Schiavoni della tela conservata nella Chiesa della Purificazione di Manduria è stata effettuata da Antonio Pasanisi, in Civiltà del Settecento a Manduria, Lacaita editore, Manduria 1992.
La notizia relativa alle altre opere dello Schiavoni nel Salento è fornita sempre da M.Guastella op.citata, pag. 60 il quale la riprende dal catalogo della Mostra d’arte sacra, Lecce Aprile 1956.
(2) sac. Leonardo Tarentini, Manduria Sacra, tipografia D’Errico – Manduria 1899.
(3) Massimo Guastella, Iconografia Sacra a Manduria, Barbieri editore, Manduria 2002..
(4) Giuseppe Domenico Micelli, “Stato delle anime della Città di Manduria, anni 1807-1810”, manoscritto c/o Biblioteca comunale Marco Gatti di Manduria, in versione digitale su ICCU Internet Culturale - Cataloghi e Collezioni Digitali delle Biblioteche Italiane.
(5) Di Liddo Isabella, “La circolazione della scultura lignea barocca nel Mediterraneo. Napoli, la Puglia e la Spagna. Una indagine comparata sul ruolo delle botteghe: Nicola Salzillo”, De Luca Editori d’Arte.
(6) la notizia è riportata da Giovanni Russo nell’articolo Gennaro D’Amore e la settecentesca statua di S. Antonio in S. Giorgio Morgeto, sul foglio “L’alba della piana”, Maggio 2013. A detta dell’autore per la statua di San Giacomo, oggi conservata nella locale Chiesa Matrice dell’Assunta, una polizza di pagamento di un compimento di 110 ducati, del 28 marzo 1685, pubblicata da Eduardo Nappi, assegnava la paternità allo scultore Vincenzo Ardia. La scheda di E. NAPPI, è pubblicata su Ricerche sul ‘600 napoletano. Catalogo delle pubblicazioni edite dal 1883 al 1990, riguardanti le opere di architetti, pittori, scultori, marmorari ed intagliatori per i secoli XVI e XVIII, pagate tramite gli antichi banchi pubblici napoletani, numero monografico di “Ricerche sul ‘600 napoletano”. Milano, Eit. L.C., 1992, p. 115.
(7) sac. Leonardo Tarentini, Manduria op. cit., pag 198.
(8) La notizia è riportata da Salis M.-Scano Naitza M.G., Approdi Sardi per la scultura napoletana del Settecento. Pietro Nittolo e Lorenzo Cerasuolo, su Kronos 14, Accademia.edu.
(9) L’immagine di S. Francesco Saverio di Ghemme è tratta dal sito internet http://www.parrocchiaghemme.it Quella di S. Giacomo di S. Giorgio Morgeto è tratta dal sito http://web.tiscali.it/sgiorgiomorgeto/sangiacomo.htm.
Nelle immagini, le opere dello scultore napoletano Vincenzo Ardia attualmente note:
- in alto, San Giuseppe della nostra chiesa di Manduria;
- nella seconda foto, San Francesco Saverio della parrocchiale di Ghemme (Novara);
- nella foto in basso, San Giacomo di San Giorgio Morgeto (Reggio Calabria).