Le quattro vittime riaprono il dibattito fra le forze politiche: è ancora necessaria la presenza italiana in Afghanistan?
La comunità salentina sprofonda nel dolore alla notizia della tragica morte di Marco Pedone, il caporalmaggiore di 23 anni caduto ieri in Afghanistan a seguito di un attentato insieme ad altri tre commilitoni. A dare la notizia ai familiari sono stati i militari della scuola di cavalleria di Lecce, che si sono recati nell’abitazione di via Enrico Toti intorno alle 10, a meno di tre ore dall’attentato, avvenuto quando in Italia erano le 7.15.
Tanto strazio per papà Michele, applicato di segreteria in un istituto superiore di Maglie che ha appreso la notizia al lavoro, per la mamma Assunta Ponzetta, casalinga, e per le due sorelle Annalaura e Carmen.
Marco era stato l’ultima volta nel Salento lo scorso agosto, approfittando di un periodo di ferie per trascorrere un po’ di tempo al mare con gli amici. Da Patù era ripartito il 12 di quel mese raggiungendo il settimo reggimento degli alpini di stanza a Belluno. Da qui il 16 era volato nel paese asiatico per la sua prima missione all’estero da cui sarebbe dovuto rientrare a febbraio.
Il militare patuense vestiva la divisa da due anni e mezzo e aveva scelto una ferma quadriennale. Subito dopo la morte è stato promosso al grado di primo caporalmaggiore.
Ieri mattina a far visita alla famiglia si sono recati il generale Emanuele Sblendorio, che guida il comando dell’esercito «Puglia», il tenente colonnello Vincenzo Legrottaglie, responsabile della comunicazione per lo stesso corpo, e il sindaco Angelo Galante, che ha portato il cordoglio dell’intera cittadinanza e quello del prefetto di Lecce, Mario Tafaro, a nome del Governo.
Poche ore dopo la diffusione della notizia le bandiere degli edifici pubblici cittadini sono state calate a mezz’asta mentre per lunedì e martedì, in occasione dei funerali di Stato a Roma e quelli nella stessa Patù, sarà proclamato il lutto cittadino.
Tutti ricordano il ragazzo come una persona solare e cordiale, e lo sconforto ieri ha colpito il gruppo dei suoi amici, alcuni dei quali temevano per la sua sorte. L’ultima telefonata a casa c’era stata venerdì sera, quando aveva parlato con la sorella maggiore.
«Marco aveva un brutto presentimento la sera prima di partire – ricordano Matteo Milo e Marco Vitali, compagni del soldato sin dall’infanzia – sapeva che quella zona in cui si sarebbe recato in missione era molto pericolosa».
«Ogni volta che tornava in ferie – aggiunge uno zio – veniva sempre a trovarci ed era un tuttofare, sbrigava molte faccende domestiche».