lunedì 23 settembre 2024


01/06/2009 17:07:24 - Manduria - Cultura

Da Rubini una lezione d’amore per la “sua” Puglia

 
Una “lezione d’amore” per la propria terra, che lasciò a 18 anni per “cercare di fare delle cose che in Puglia non era possibile fare”. Ma che poi ha voluto “ritrovare”, alla ricerca di se stesso e di quei “suoni” e di quelle “cadenze dialettali”, che prima era stato costretto a ripudiare, per affinare la sua pronuncia e per intraprendere la carriera che aveva sognato sin da ragazzo. Terra che poi è diventata la location ideale per girare tutti i suoi film.
Sergio Rubini, una delle più grandi firme del cinema italiano contemporaneo, attore e regista, ha incontrato gli studenti dell’istituto tecnico “Einaudi” di Manduria.
«Per proseguire il nostro percorso alla ricerca dell’identità che Manduria ha perduto: l’identità salentina» ha affermato il dirigente scolastico, prof. Italo Montanaro, mostrando a Sergio Rubini i tre spot che, sull’argomento, la scuola ha prodotto (sono stati scritti dall’esperto in comunicazione Giuseppe Dimagli e diretti da Mirko Dilorenzo). «Anche Rubini, che è andato via dalla sua terra a 18 anni, poi ha sentito la necessità di ritrovare la propria identità culturale. Un po’ come Ulisse, Rubini è ritornato nella sua terra (la sua città natale Grumo Appula e, più in generale, la Puglia), arricchito però dalle sue precedenti esperienze. Ma, a differenza di Ulisse, il suo ritorno è fluttuante: ci sono onde che lo accolgono e poi lo respingono… Vive, insomma, una condizione da esule. Da lui ci attendiamo una lezione d’amore per la Puglia e, in particolare, per il Salento, terra Rubini ha definito in perenne stato di ebbrezza, mix fra un lungo sorso di Primitivo e il morso della Taranta».
Rubini, che presto inizierà a girare il suo prossimo film fra Mesagne e San Vito dei Normanni, ha inizialmente raccontato il suo distacco dalla Puglia.
«A Grumo stavo benissimo» ha premesso. «Non sono scappato, come tanti meridionali che sono stati costretti a farlo. Ma in Puglia non potevo fare ciò che io volevo fare. Ho iniziato a frequentare, a Roma, l’Accademia d’Arte Drammatica. E la prima cosa che ho dovuto fare è stata quella di disimparare i suoi della mia pronuncia».
In un periodo in cui il dialetto pugliese veniva associato solo a quello utilizzato da Lino Banfi per le gag, in tanti hanno cercato di presentarsi con una carta di identità diversa.
«E’ accaduto ad Arbore e a Placido, che inizialmente si sono presentati come napoletani» ha ricordato Rubini, che dopo pochi anni si è accordo che non poteva fare a meno di avviare un percorso a ritroso per ricucire quello strappo dalla sua terra. «Sono ritornato ad essere vicino alla mia terra, ma non esito a … tradirla. Giro tanti film in Puglia, nel Salento, ma a volte faccio parlare la gente locale in albanese. O giro nel barese e faccio parlare i miei personaggi in lucano. Io credo in un cinema non regionale, ma più globale. E questo viaggio introspettivo è necessario perché si acquista la fierezza della propria origine, che deve aiutare a riconoscere il prossimo, non a distaccarsene. Ecco perché sarei contrario ad una separazione del Salento dal resto della Puglia. Perché giro sempre in Puglia? Non solo perché i luoghi sono belli. Ma perché qui, se chiedo ad una comparsa di fare, ad esempio, un saluto, so che lo farà come io avevo immaginato che lo facesse».
Molto più di una dichiarazione d’amore verso la proprie terra da uno dei figli contemporanei più apprezzati della Puglia…










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