lunedì 23 settembre 2024


16/02/2014 11:41:44 - Manduria - Cultura

Le dichiarazioni dei parenti

«Ci dobbiamo augurare che quel periodo non ritorni mai più. Bisogna far conoscere alle nuove generazioni gli orrori, a sfondo razziale, di quel tempo e ponderare le situazioni che al momento ci attanagliano affinchè non degenerino in eventi atroci».
E’ il momento di Francesco Paolo Di Lauro, nipote dello scomparso Vincenzo Di Lauro, militare in servizio a Gorizia durante la Seconda Guerra Mondiale, “fatto prigioniero dalle truppe Titine e portato verso ignota destinazione e non fu più trovato”. Fu, questo, il destino riservato a migliaia di italiani che popolavano i territori istriani giuliano-dalmati all’indomani dell’occupazione jugoslava e del successivo trattato di Parigi che sancì il definitivo passaggio di quelle terre sotto il controllo jugoslavo. Italiani vittime di una pulizia etnica che causò, per migliaia di loro, la morte nelle foibe, cavità carsiche diventate famose per essere state utilizzate dagli slavi come fosse comuni nelle quali calare e lasciar morire gli italiani, la cui unica colpa fu quella di appartenere ad una nazione nemica, per ideologia politica e per alleanze in guerra, alla repubblica comunista slava del maresciallo Tito. «Con il riconoscimento» ha aggiunto Francesco, facendo riferimento alla medaglia e al diploma commemorativo ricevuto in onore del ricordo dello zio, «cerco di onorare la sua memoria, in quanto è forte in me il rimorso per aver declinato l’accorato appello dei miei zii di andare a Gorizia a fare delle ricerche sulla sua scomparsa».
Nicola Morrone, anch’egli premiato nella cerimonia in quanto pro nipote di Antonio Brunetti, vice brigadiere dell’Arma, reso prigioniero dalle truppe jugoslave il 27 maggio 1944, ci ha riferito che «lo Stato non ha mai fornito risposte ai parenti degli italiani scomparsi nelle terre giuliano-dalmate. Mio nonno Amedeo andò successivamente in quelle terre a reperire notizie su suo fratello Antonio, ma non gli fu reso possibile ricevere informazioni. La mia presenza qui è un atto di riconoscimento non soltanto per la memoria di mio pro zio Antonio, ma anche nei confronti di mio nonno, che morì nel 1986 senza sapere che fine avesse fatto suo fratello e fu, questo, il suo più profondo rammarico».
 
Tratto da “Il corriere del giorno”
Nelle foto, in ordine, la foto di Antonio Brunetti, la medaglia commemorativa e la pergamena ricordo in memoria di Antonio Brunetti











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