lunedì 23 settembre 2024


01/09/2015 19:16:00 - Manduria - Cultura

Fonte bibliografiche e documentarie sulle origini della statua lignea

 
Tra le opere d’arte di valore assoluto che la nostra città può annoverare c’è la statua lignea di San Gregorio Magno (1786), esposta in questi giorni nella chiesa Matrice in occasione della relativa festività e solennemente portata in processione il 3 settembre di ogni anno. Forniremo al lettore, in questa sede, un breve ragguaglio bibliografico ed archivistico sull’opera, unitamente alla presentazione di un inedito documento, recentemente scoperto nell’ambito delle nostre ricerche sul patrimonio artistico manduriano.
Le fonti bibliografiche
Della statua lignea di San Gregorio Magno si sono occupati vari studiosi ed eruditi locali. Verosimilmente, la testimonianza più antica sul manufatto è quella di padre Domenico Saracino, il quale vi accenna a pag.35 della sua opera “Antichità di Manduria” (1778). L’erudito, che fornisce quasi certamente una testimonianza sincrona, sostiene che il simulacro “venne da Napoli, per mare, nel 1787 e che “il denaro che vi fu di bisogno sborsare per la detta statua fu di settecento ducati”.
Altra notizia importante è quella riferita dal Pacelli, anch’essa verosimilmente sincrona. Lo studioso, a pag.225 del volume V dei suoi manoscritti, riferisce che nella parte interna della base della statua lignea si leggevano il nome dello scultore Giuseppe Sammartino (che aveva fornito il disegno per il simulacro), dei fratelli Trillocco (che l’avevano scolpito) e di Simone Quercia (che si era occupato della doratura). Il riferimento pacelliano è ripreso da G. B. Arnò [Cfr. “Manduria e Manduriani” (Lecce 1943) pag.34].
In seguito L. Tarentini, nel suo “Breve compendio della vita di San Gregorio Magno” (Manduria 1898) si sofferma sulle vicende relative alla statua, riferendo che il simulacro del Santo fu realizzato anche grazie al fattivo interessamento del Can. Giuseppe Micelli, il cui nome, a futura memoria, è riportato nella parte posteriore della base della statua del Santo. Fu infatti il Can. Micelli a commissionare il disegno della statua “ad un romano, ma quel disegno non piacque, ed un tale Sammartino di Napoli appagò i voti dei manduriani con un secondo disegno, che uno scultore napoletano eseguì perfettamente. La statua giunse a Manduria verso la metà del febbraio del 1786 e nei giorni 19, 20, 21 dello stesso anno ebbe luogo un solenne triduo in ringraziamento del fedele arrivo della medesima.
Il 2 aprile dello stesso anno monsignor A. M. Kalefaty pubblicamente la benedisse, accompagnandola nella processione che lo stesso dì ebbe luogo con grande pompa religiosa e gran devozione e gioia del popolo” [Cfr. L.Tarentini, op. cit., pp.127-128]. In ogni caso, alla realizzazione della statua contribuì anche il popolo manduriano, come testimoniato dai documenti (“expensis totius populi) e dallo stemma civico posto alla base della statua.
Nel sec. XX si occupano dell’opera anche gli storici dell’arte, in particolare M. Pasculli Ferrara e T. Fittipaldi. Quest’ultimo, grande esperto della statuaria lignea napoletana d’età barocca, nel suo fondamentale volume dal titolo “Scultura Napoletana del Settecento” (Napoli 1981), oltre a riportare una foto del simulacro, trascrive per intero il documento relativo ai pagamenti effettuati ai vari artisti ed artigiani che realizzarono l’opera [Cfr. T. Fittipaldi, op. cit. pp.163-165]. Per un più corretto inquadramento della vicenda, i dati in esso segnalati andranno confrontati con quanto riferiscono gli eruditi locali del sec. XVIII.
 
Le fonti documentarie
Sulla statua di San Gregorio Magno esistono anche alcune interessanti fonti d’archivio, sia edite che inedite. Tra le più importanti finora reperite, c’è il documento relativo ai pagamenti effettuati per l’opera, da noi sopra richiamato. Esso è ricavato dai ff.17-18 del primo fascicolo del volume manoscritto dal titolo “Introiti, ed esiti per la festa di San Gregorio Magno principal protettore di questa città dello antico Mandurio, oggi Casalnuovo, rinnovata con tutta solennità e con processione nel Marzo corrente anno 1785” , conservato attualmente nella biblioteca comunale “Marco Gatti” di Manduria. Ai ff.22-23 dello stesso fascicolo (che fornisce notizie dal 12 marzo 1785 al 17 aprile 1786) è invece riportata una fonte inedita, di grande interesse, che ricostruisce le modalità con cui la statua lignea di San Gregorio Magno doveva essere allestita, montata sulla base, e corredata degli argenti. La riportiamo di seguito, certi di fare cosa gradita ai cultori di patrie memorie.
 
Memoria per ben situare la statua, e gli argenti
“Si accavalli la statua sulla pedagna, per lo che fare bisogna prendere gente pratica, almeno al numero di sei, e pian piano tutto a forza di polso situarla sulla pedagna, e propriamente che li quattro zoccoli della basetta attaccata alla statua stiano a profilo delle linee d’inchiostro, che sono nel piano di sopra della pedagna, perchè così starà situata a livello, e li quattro perni di ferro anderanno a corrispondere alli buchi fatti alla basetta della statua, e pedagna, che servono per tenerla tutta assieme,per avvitare li perni al di sotto, ognuno coi suoi rispettivi perni, e perciò fare bisogna mettere la pedagna sopra due scanni senza spalliera, acciò possa faticarsi da sotto. Prima però di accavallare la statua sopra la pedagna, si metta la statua in terra piana, e non già sopra altra (?) o luogo eminente, per situarsi.
1° Lo Spirito Santo d’argento, dentro cui ci è un pezzetto di legno bucato, ed una lunga vita di ferro: questa vita si mette al di sopra dello Spirito Santo, dove vi è un buco, passando dal buco del legno, ed indi situarsi nel buco, che si troverà sopra la spalla destra della statua, con far posare li piedi dello Spirito Santo sopra le due croci d’inchiostro, che si troveranno fatte a tale effetto, acciò resti situato, come l’ha concertato l’artefice, e con uno scarpelletto avvitare la detta vita dentro il buco fatto sulla spalla destra, fino che sarà entrata tutta;avvertendo, che la coda dello Spirito Santo deve stare azzeccata alla coda d’argento del camauro, che così anderà bene in situazione; e facendosi tutto ciò, si tenga lo Spirito Santo accompagnato davanti da una (?) con faccioletto bianco per non macchiarsi.
2° Si prenda il camauro da qualche persona con pannolino bianco, e dalla parte di dietro della statua si metta pian piano in testa, e un’altra persona davanti l’accompagni fino a che arrivi al suo sito, cioè che attacchi sopra i capelli. La parte davanti di detto camauro sta scritta al di dentro, così che chi sta davanti deve badare, che la pietra dello smeraldo vada a linea retta del profilo del naso, che così si troveranno li due buchi laterali unisoni colli due buchi, che stando uno alla parte destra, e l’altro alla sinistra della testa, dove si devono mettere le due vite, e con uno scarpelletto stretto avvitare dentro detti buchi fino a che saranno avvitati al piano della circonferenza del camauro: quali vite si troveranno legate alli buchi dello stesso camauro. La statua mai non si scopetti con altro stromento, che coi scopettini di pennello.
3° Si metta la crocetta di gioia nel petto, la di cui estremità devesi situare nel chiodetto di ottone spaccato, e poi con una spilla di ottone rosso piegata in punta, si passi per li buchi del chiodetto, e croce, e poi con una morsetta piegarsi dalla parte del sottile, acciò tenesse affrenata detta crocetta per non andar da qua, e la, e scorticasse la statua, e scastrasse la pietra; e un’altra persona contemporaneamente passando li lacci di detta crocetta fra il di dentro delli due altri chiodi, che son situati nel petto, la leghi dietro il collo con la fettuccia, acciò vada ben tirata, e non vada giocando qua, e la. 
4° Si metta la gioia in petto, dietro la quale vi sono due pezzetti bucati, quali devono entrare tra le spaccate de’ due chiodi, che sono in petto, in maniera che li buchi si conformino, e poi prendersi un chiodetto, che si troverà avvolto ivi stesso, e dalla parte di sopra si metteranno cos’ì che vadano a passare li buchi delle spaccate de’ chiodi, e quello del pezzetto della gioia, e nella stessa maniera si farà dall’altra parte; e ciò devesi fare da una sola persona, la quale nel mettere il chiodetto deve incassare quella parte, che inchioda.
5°Si avviti la croce patriarcale sopra il bottone dorato di uno dei bastoni d’argento, e poi dalla parte di sopra del libro si cali dentro al buco, e da un’altra persona si prenda l’altra metà del bastone d’argento, e si unisca con la vita di ferro del primo pezzo del bastone, e da quella persona, che si e’ calato da sopra la metà del bastone, si avviti fino a che sarà arrivato ad unirsi, confrontarsi l’argento, in maniera che vada bene nel suo disegno; indi lo spuntone di ferro , che sta’ al di sotto, si metta nel buco della basetta fino a che sarà arrivato al piroletto dorato, con avvertenza, che le tre croci di sopra, dove piegano, vadano alla parte di dietro, e dove fa’ pancia, al davanti; ma tutto ciò con accortezza, per non scorticare l’orlo dorato del piviale. Fatto tutto ciò, si accavalla la statua sulla base grande, come si è spiegato di sopra, avvertendo, che sta’ scritto sulla pedagna, quale sia la facciata d’avanti.
 
Gli argenti, quando debbonsi pulire, si prenda una pezza bianca, s’infonda nella lesciva, e ci si strighi sopra; e poi con acqua fresca, avvertendo a non far cadere dell’acqua, o lesciva, sulle pietre, che si macchiano;indi si puliscano, e si asciughino ben bene con panno bianco; e lo stesso si faccia per l’oro, ma con avvertenza, di non far profilare sotto le corone, altrimenti cacceranno il verderame, ne’ si asciughino mai al fuoco, altrimenti le pietre si precipitano tutte: vale a dire, che la pezza deve esser bagnata poco, e quanto basta” .
 
Conclusioni
Se la statua di San Gregorio Magno, recentemente sottoposta ad un accurato restauro, è ancora possibile apprezzarla nei suoi valori originari, alcuni argenti che un tempo la corredavano (la tiara, il fermaglio, l’anello, la croce pettorale) e di cui si fa cenno nel documento di cui sopra, hanno subito una sorte diversa. Sono infatti stati trafugati nella notte tra l’8 e il 9 dicembre 1938, come si rileva dalla comunicazione fatta dal dott. Michele Greco in data 13 dicembre 1938 alla Soprintendenza ai Monumenti di Bari [Cfr. E. Dimitri, Manduria.Note di storia, tradizioni, cronaca cittadina e curiosità (Manduria 2013), pag. 59]. Quelli che attualmente adornano la statua del Santo Patrono sono copie, ottimamente realizzate da artigiani locali.
 
Nicola Morrone
 
[Si ringrazia la direttrice della biblioteca comunale”Marco Gatti”, dott.ssa Carmelina Greco, per aver gentilmente concesso la consultazione e la trascrizione del materiale d’archivio]

 











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