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25/12/2015 09:11:20 - Manduria - Cultura

La festa del Natale porta con sé anche le proprie superstizioni, intorno alle quali si intrecciano i graziosissimi racconti sulla nascita del bambino Gesù

Non solo tradizioni. La festa del Natale porta con sé anche le proprie superstizioni, intorno alle quali si intrecciano i graziosissimi racconti sulla nascita del bambino Gesù.
Sulle tradizioni e sulle superstizioni natalizie ha dedicato uno studio il cultore di storia popolare, Giuseppe Pio Capogrosso.
«Tra queste costumanze, il fuoco tenuto acceso durante la notte rimanda alla tradizione del ceppo o ciocco natalizio, grosso pezzo di legna acceso nel camino, la sera della vigilia di Natale, dalla famiglia riunita come segno augurale di abbondanza. Giuseppe Gigli, vissuto a cavallo tra il XIX secolo e quello appena trascorso, nella sua nota opera “Superstizioni, pregiudizi, credenze e fiabe popolari in Terra d’Otranto”, descrive le usanze della nostra gente, delle quali egli era ancora testimone» fa notare l’avv. Capogrosso. «Un’usanza legata al Natale è l’accensione del fuoco. Gigli sosteneva che nella notte di Natale il fuoco si lasciava acceso affinchè Gesù potesse scaldarsi, “se mai venisse in cerca di asilo”.
Il concetto religioso “spesso nel popolo si eleva stupendamente sino alle più gentili vette della poesia: questa del Natale è una delle più meravigliose poesie popolari. E non solamente il fuoco è tenuto vivo durante tutta la lunga notte, ma molti e molti preparano i vestitini più caldi e le pietanze più saporose pel Bambino” scrive ancora Gigli. L’usanza, certamente collegata ai riti pagani del solstizio d’inverno, è stata letta anche in chiave cristiana, come immagine del Bambino Gesù venuto al mondo per salvare l’umanità, simboleggiato dalla luce solare che giunta al suo minimo annuale alla metà di dicembre, timidamente riprende il proprio cammino di crescita verso l’estate. Il fuoco acceso in casa, ma anche ai crocicchi delle strade (“fanoi”), doveva, appunto, aiutare l’astro solare a ritrovare la propria strada».
Da un’usanza ad un pregiudizio.
«Nella stessa opera, Giuseppe Gigli ricorda come sia “comun pregiudizio, poi, che nella notte di Natale, tutte le bestie parlino. Difficilmente troverete in tal tempo un carrettiere che voglia imprendere un viaggio. Molti, i più credenzoni, in quella notte non dormono nelle stalle, con lo scopo principale di non turbare, con inutile presenza, i dolci colloqui dei cavalli, degli asini e dei muli”.
La credenza degli animali parlanti, la cui presenza a Manduria è attestata dal Gigli, era comune a molte altre regioni, in Italia e fuori. Presso il nostro popolo assumeva, a quanto pare, particolare intensità al punto da sconsigliare la permanenza nelle stalle o il viaggio con mezzi a trazione animale».










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