lunedì 23 settembre 2024


11/03/2016 06:50:13 - Manduria - Cultura

E’ una rarità per gli operatori archeologi, anche europei, ma è dimenticato a Manduria

 
La storia dell’archeologia spesso è fatta da scoperte epocali effettuate per puro caso o per la dedizione e l’accanimento del loro scopritore. Un caso per tutti: la scoperta di Troia ad opera del mercante tedesco Schliemann, il quale individuò la città omerica sulla collina di Hissarlik in Turchia, leggendo le indicazioni geografiche presenti nell’Iliade. L’effetto mediatico che la cosa suscitò all’epoca fu clamoroso e tutto il mondo scientifico dell’epoca dovette riconoscere i meriti all’intrepido mercante tedesco innamorato di Omero.
Un grande effetto mediatico ha suscitato anche un reperto rinvenuto a Manduria, in terra dei Messapi, all’incirca tre anni fa. Reperto che venne alla luce grazie ai saggi preventivi effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia in un’area interessata da lavori di scavo (diretti dall’archeologo Gianfranco Dimitri) per consentire l’allaccio alla rete fognante di una privata abitazione.
Quel giorno fu rinvenuta una tomba del IV-III sec. a.C., di dimensioni particolarmente grandi, intonacata di bianco e con fasce gialle, rosse e blu che correvano quasi sovrapposte lungo tutto il margine superiore della tomba. All’interno, vi erano due deposizioni certe e numerosi oggetti pertinenti al corredo funerario.
Dall’esame dei ritrovamenti si dedusse che almeno uno dei defunti (i resti scheletrici non erano in condizioni ottimali) potesse essere di sesso femminile. L’attenzione degli archeologi fu poi attirata da qualcosa di particolare. Ritrovato in un angolo, quasi sepolto sotto uno dei lastroni di copertura della tomba che in tempi antichi si era spezzato ed era crollato sui corpi e sul corredo, vi era un oggetto pertinente al mondo dei bambini, dell’infanzia. Un biberon, un “guttus”, dall’inconsueta forma di un maialino, con gli occhi dipinti di bianco, che poteva essere usato anche come giocattolo.
Ma dov’erano i resti del bambino? Forse consumati dal tempo o addirittura, si disse, nella tomba poteva esser stata sepolta una donna incinta. La scoperta ebbe un clamore notevole considerato l’inconsueto ritrovamento.
Da quel momento, il destino del maialino ha vissuto due vite. È divenuto immediatamente star della carta stampata e del web grazie all’interesse dei media e allo spazio dato alla diffusione scientifica, ma completamente dimenticato e riposto nei magazzini della Soprintendenza.
Perchè questo? Molto è successo dopo quel ritrovamento. Manduria lamenta ancora l’assenza di un museo archeologico, che sembra essere sempre pronto a partire, ma che, nonostante i lavori siano conclusi da tempo e siano stati spesi dei soldi pubblici, non apre.
La sede della Soprintendenza (il Centro Operativo di Manduria che abbraccia vari comuni e dove era presente l’esposizione permanente “Oltre le Mura”), ospitata a palazzo Blasi, per la quale l’Amministrazione pagava l’affitto, in clima di spending rewiew estremamente rigido, è chiusa da ormai tre anni.
A onor del vero, l’Amministrazione, proprio perché il museo sembrava dovesse aprire di li a poco, spostò gli uffici locali della Soprintendenza presso l’ex Tribunale, dove non vi è un telefono, nè un fax.  Come si fa a “chiudere” la cultura in tempo di crisi?
Il Parco Archeologico delle Mura Messapiche, il secondo parco archeologico più grande d’Europa, giace in uno stato di abbandono ed è visitabile grazie alla disponibilità di alcune associazioni culturali. Il tentativo dell’Amministrazione di creare una fondazione pubblico-privata che si occupasse proprio del parco, si è infatti arenato per mancanza di adesioni ad un bando abbastanza fumoso.
Ecco i link di alcuni siti europei che parlano della straordinaria importanza del ritrovamento archeologico di Manduria:
 










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