lunedì 23 settembre 2024


03/10/2018 09:59:17 - Manduria - Cultura

La banda di Pizzichicchio operò anche nella zona di Manduria, rendendosi responsabile di gravi fatti di sangue quali l’uccisione, per rappresaglia, di Pasquale Tarantino, milite della Guardia Nazionale e proprietario della masseria Palombara, avvenuta sulla strada Manduria-Oria il 28 aprile 1862

 

   Dall’edizione de “Il Cittadino Leccese” del 19 dicembre 1863 traggo la curiosa notizia di un possibile apporto dato dalla Guardia Nazionale di Manduria per l’arresto del famigerato brigante “Pizzichicchio”. Mi accingo a parlarne dopo aver svolto alcune brevi considerazioni necessarie per il suo collocamento storico [1].

    E’ abbastanza nota la biografia di Cosimo Mazzeo, soprannominato “Pizzichicchio”, soldato sbandato del disciolto esercito borbonico, nativo del vicino comune di S.Marzano, che, messosi a capo di una agguerrita comitiva di briganti, fu autore di varie scorrerie ed azioni di guerriglia nel territorio della provincia (all’epoca distretto) di Taranto e in una parte di quello della provincia di Brindisi [2] .

    La banda di Pizzichicchio operò anche nella zona di Manduria, rendendosi responsabile di gravi fatti di sangue quali l’uccisione, per rappresaglia, di Pasquale Tarantino, milite della Guardia Nazionale e proprietario della masseria Palombara, avvenuta sulla strada Manduria-Oria il 28 aprile 1862, nonché di Agostino ed Achille Primiceri e Filippo Scialpi, esponenti anch’essi della Guardia Nazionale, in località Còrnula, tra Manduria e Maruggio, il 10 ottobre dello stesso anno.

    Nel novembre successivo ebbe luogo un intenso conflitto a fuoco con la Guardia Nazionale di Manduria nei dintorni di San Pietro in Bevagna. 

    La disfatta della banda di rivoltosi, secondo la storiografia ufficiale, avvenne il 16 giugno 1863 ad opera di una colonna mobile composta da Carabineri a piedi e a cavallo, elementi del Reggimento Cavalleggeri di Saluzzo con il supporto di militi delle Guardie Nazionali di Massafra e di Grottaglie. La formazione militare era comandata dal capitano dei Carabinieri Francesco Allisio che, a seguito di quell’evento, sarebbe diventato famoso,

   Lo scontro armato tra la banda di briganti, forte di circa 37 uomini, e la colonna comandata dall’Allisio, si verificò nei pressi della masseria Belmonte, tra Crispiano e Martina Franca [3].

   L’azione di controguerriglia, il cui successo favorì la carriera del capitano dei carabinieri con promozioni e decorazioni, è rimasta celebre nel corso del tempo, al punto da meritare, nel 2012, la dedica di una pagina intera nel prestigioso calendario dell’Arma.

   Tuttavia, nonostante il successo dell’operazione, che portò al quasi totale annientamento della banda di rivoltosi [il bilancio delle vittime fu, tra le fila dei briganti, di 21 morti, oltre agli 11 prigionieri che furono fucilati a Taranto il giorno successivo], Pizzichicchio riuscì a fuggire, sottraendosi alla cattura anche nel corso del successivo scontro armato del 30 dicembre 1863, avvenuto nel bosco di S.Antonio, vicino Noci, tra i suoi uomini ed una pattuglia mista composta da Carabinieri e soldati regolari.

   Questa volta, però, il cerchio intorno al capo brigante si strinse definitivamente ed egli fu catturato il 4 gennaio 1864, pochi giorni dopo lo scontro, da una pattuglia di Carabinieri Reali e militi della Guardia Nazionale, in una masseria nel territorio di Martina Franca.

   Condotto prigioniero a Potenza, fu giudicato, in applicazione della legge Pica, dal Tribunale Militare e fucilato, a soli ventisette anni, il 28 novembre 1864 [4] . 

    Fin qui ho riportato i dati della storiografia ufficiale.

    Esiste, però, una versione nostrana della vicenda, raccolta da Michele Greco in alcuni suoi scritti, secondo la quale la cattura di Pizzichicchio sarebbe avvenuta a Manduria, ad opera della locale Guardia Nazionale e del suo attivo comandante Vespasiano Schiavoni, fratello del più conosciuto senatore Nicola.

    Si raccontava infatti, che il capo brigante usasse frequentare, nottetempo, la casa di tale Arcangelo Marinaro, ubicata in Via Giardini, l’odierna Via Matteo del Prete (la stessa strada su cui affaccia, lateralmente, il palazzo appartenuto proprio a Vespasiano Schiavoni), per giocare a carte.

    In una di queste riunioni con relativa partitella di “tressette”, grazie alla complicità del padrone di casa che lo aveva attirato nella trappola, il Mazzeo sarebbe stato - sempre secondo la tradizione orale riportata dal Greco - catturato (o forse ucciso) dalle Guardie Nazionali dello Schiavoni che avevano circondato l’immobile: il fatto sarebbe avvenuto proprio mentre Pizzichicchio, avuto sentore della delazione, si accingeva a scavalcare il muro del giardino per darsi alla fuga.

   Le parole usate da Michele Greco nell’introdurre la notizia sono le seguenti: “In Manduria si racconta nuova che egli fu ucciso qui dalla Guardia Nazionale o dal Comandante di essa Vespasiano Schiavoni.” [5].

   Questa é, dunque, la versione locale che, ribadisco, è fondata esclusivamente su una voce popolare che circolava ai tempi del Greco, ma che non è sostenuta da alcun altro elemento di prova.

    Tuttavia, e così ritorno alla notizia iniziale, nella edizione del giornale leccese del 18 dicembre 1863, che ho segnalato in apertura, ho trovato, tra i fatti di cronaca, il seguente inaspettato annuncio:

“La commissione provinciale incaricata dei sussidi ai danneggiati dal brigantaggio, nella tornata del 10 dicembre [1863, nda] disponeva a favore di:” Segue un breve elenco di beneficiari a favore dei quali l’elargizione della gratifica era stata riconosciuta dalla Commissione e, tra questi, a favore (trascrivo): “Delle Guardie Nazionali di Manduria per l’arresto del brigante Cosimo Mazzeo, lire 200.”  [6].

    La notizia, ovviamente, non è risolutiva nel senso di confermare, o meno, la versione locale raccolta da Michele Greco ma opportunamente inquadrata, anche dal punto di vista cronologico, sembra offrire qualche elemento in più a supporto di quest’ultima.

   Ritengo infatti che, alla luce del citato annuncio, sia ragionevole chiedersi: per quale ragione la Guardia Nazionale di Manduria avrebbe visto riconoscersi nella prima decade di dicembre 1863 - prim’ancora che si verificassero gli scontri del 30 dello stesso mese, in agro di Martina Franca, che portarono alla cattura del brigante il 4 gennaio dell’anno successivo (1864)- un premio in denaro motivato dall’arresto di Cosimo Mazzeo, se poi l’azione di polizia si svolse altrove e fu eseguita da altre persone?

    A meno che il premio accordato non si riferisse ai preparativi di un’arresto ancora da eseguire, e mai più eseguito dalla nostra Guardia Nazionale, qualcosa sembra non quadrare nella ricostruzione ufficiale: la vicenda, credo, meriterebbe altre indagini e maggiori approfondimenti per accertare se vi fu, o meno, un contributo della milizia locale manduriana e verificarne la natura [7].

  

Giuseppe Pio Capogrosso

 

 

 

1)  Sorta come milizia volontaria di riserva già in alcuni Stati preunitari, dopo la formazione del Regno d'Italia, vista l'impossibilità dell'esercito sabaudo di presidiare tutte le regioni del Mezzogiorno, la Guardia nazionale fu istituita per tutto il territorio nazionele, con la legge del 4 agosto 1861, n. 143.

Primo compito di questa milizia fu quello di combattere il brigantaggip nel mezzogiorno d'Italia. Il fatto che le sue unità fossero composte da “locali” secondo il neonato governo italiano poteva essere un vantaggio: i briganti sarebbero stati arrestati dalla loro stessa gente e la popolazione avrebbe collaborato con i propri concittadini piuttosto che con truppe esterne.

Il corpo militare fu impegnato anche durante la terza guerra d'indipendenza italiana nel 1866.

Il suo scioglimento avvenne con legge 11 luglio 1876 n. 160, che istituì la milizia territoriale (facente parte del Regio esercito) e quella comunale.

2) Cosimo Mazzeo nacque il 13 gennaio nel 1837 originario di San Marzano di San Giuseppe figlio di Pasquale e Maria Friolo. Aveva servito il Regno delle Due Sicilie come soldato nel 5º Battaglione Cacciatori e, nel 1860, dopo lo scioglimento dell'esercito borbonico, mise sotto il suo comando tre bande di briganti.

Collaborò con altri capi Briganti, come Sergente RomanoCarmine CroccoLaveneziana e Ninco Nanco, partecipò alla presa di CarovignoErchie e Cellino San Marco. […]

Quando la banda di Pizzichicchio uccise Antonio Ceneviva capitano della Guardia Nazionale lo Stato rispose inviando a giugno una milizia di novanta uomini. Si ebbe uno scontro alla masseria di Belmonte dove si erano rifugiati i briganti. La Guardia Nazionale e i Carabinieri non riuscirono a espugnare la masseria e batterono in ritirata, Pizzichicchio, allora, comandò un attacco a sorpresa sui soldati, ma i militari ebbero la meglio, Pizzichicchio riuscì a sfuggire all'arresto e rimaselatitante per parecchi mesi. Nel gennaio del 1864, il Comandante dei Carabinieri Donato De Felice, insieme ad alcuni suoi uomini, lo scovarono pressi della masseria Ruggeruddo.

Pizzichicchio fu arrestato e condotto a Potenza, dove, fu processato e condannato a morte. Fonte Wikipedia

3) Gastone Breccia, Nei secoli fedele,  A.Mondadori Editore.

4)  La legge 15 agosto 1863, n. 1409 ("Procedura per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Provincie infette") – nota anche come legge Pica dal nome del suo promotore, il deputato abruzzese Giuseppe Pica – venne concepita per contrastare il brigantaggio postunitario e fu emanata in deroga agli articoli 24 e 71 dello Statuto albertino, che garantivano il principio di uguaglianza di tutti i sudditi dinanzi alla legge e la garanzia del giudice naturale. Introdusse il reato di brigantaggio, i cui trasgressori sarebbero stati giudicati dai tribunali militari; essa inoltre fu la prima disposizione normativa dello stato unitario a contemplare il reato di camorrismo e a prevedere il "domicilio coatto". Le pene comminabili andavano dalla fucilazione, ai lavori forzati a vita, ad anni di carcere, con attenuanti per chi si fosse consegnato o avesse collaborato con la giustizia. Approvata durante il governo Minghetti I e promulgata da Vittorio Emanuele II il 15 agosto dello stesso anno, la legge rimase in vigore fino al 31 dicembre 1865. Fonte Wikipedia

5) Greco Michele, “Scannica ca l’acchi”, voce Brigantaggio, 1-9, Biblioteca comunale “Marco Gatti”, Manduria (TA). La notizia del Greco è stata riportata anche da Pietro Brunetti in Manduria tra storia e leggenda, Barbieri-Selvaggi editore - 2007.

6) Il cittadino leccese: giornale della provincia politico letterario (1863:A. 3, dic., 19, fasc. 43).

7) Nelle immagini: militi della Guardi Nazionale, il brigante pizzichicchio, la pagina dell’appunto manoscritto di Michele Greco.











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