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14/11/2018 08:58:14 - Manduria - Cultura

Il convegno promosso dall’ANSI con le relazioni del docente universitario Francesco Altamura e dello studioso di storia locale Giuseppe Pio Capogrosso

Una storia nella Storia.

Una storia di sofferenze e di lutti, ma anche di amicizia e di legami stretti fra gente di zone diverse dell’Italia: la comunità manduriana e un folto gruppo di profughi trentini delle Valli di Primiero e del Vanoi, che trovarono ospitalità a Manduria quando, il 26 maggio del 1916, a seguito dell’avanzata degli austriaci (ricordata come Strafexpedition, ovvero “spedizione punitiva”), furono costretti ad abbandonare le loro case e a fuggire. Una pagina della Prima Guerra Mondiale, che è stata rivissuta a Manduria grazie all’iniziativa della locale sezione dell’A.N.S.I.. Il suo presidente Giuseppe Attanasio e gli altri soci hanno promosso un convegno per ricordare la Grande Guerra, ottenendo dai centri trentini di Canal San Bovo e di Primiero la donazione di una mostra fotografica sulla presenza dei profughi a Manduria, che è stata allestita nel Museo della Seconda Guerra Mondiale. In quella struttura, ovvero (l’ex convento delle Servite), che cento anni fa ospitò proprio i profughi trentini.

«Una mostra non fatta materialmente di opere d’arte ma di fotografie, memorie, testimonianze, che trasforma la percezione del luogo in cui è allestita raccontandone il passato, narrazione dell’Italia di ieri che tanto avrebbe da insegnare a quella dei nostri giorni» è stato rimarcato durante il convegno.

«Dopo i primi giorni il muro di diffidenza crolla grazie al naturale senso d’accoglienza degli abitanti di Manduria» ha rimarcato il docente universitario Francesco Altamura. «I legami così creati, sostenuti dall’empatia in un periodo cosi particolare seppur breve, si sono mantenuti nel tempo creando storie di vita alle volte incredibili, come quella di Mandurino Weiss, nato per l’appunto a Manduria, dove la famiglia era stata sfollata. Al momento della dichiarazione di nascita del figlio in municipio il padre sceglie un nome così simbolico che lì per lì un altro papà, Michele Dinoi, di impulso attribuisce al proprio figlio il nome di Trento Giovanni.

I due, Trento e Mandurino, che non si erano mai conosciuti, sarebbero venuti in contatto tra loro ancora per via di un conflitto: la Seconda Guerra Mondiale. Impegnati infatti nelle fila dell’esercito italiano in Etiopia, entrambi caduti prigionieri delle forze inglesi, si sarebbero ritrovati assieme presso il campo di prigionia di Ginja, in Kenya. Durante un appello il sig. Weiss udì pronunciato dal sergente inglese il nome di Trento e il soldato di nome Trento sentì il nome di Manduria. Nei due soldati italiani prigionieri a Ginja non vi fu alcun dubbio, l’episodio della loro nascita e del loro battesimo fu subito ricordato e uno si mise alla ricerca dell’altro».

Il convegno è stato preceduto dalla deposizione di un fascio di fiori sotto la targa della via intitolata al maresciallo dei Carabinieri Antonio Dimitri. Alla cerimonia hanno partecipato, oltre alle autorità militari e religiose, anche i genitori del mar. Dimitri.

 

 

 











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