lunedì 23 settembre 2024


08/05/2021 09:37:29 - Manduria - Cultura

Il procedimento promosso nel 1809 contro l’ex feudatario, il principe di Francavilla (titolo nel quale erano subentrati gli Imperiale di Latiano), il quale aveva comprato i feudi di Manduria e di Uggiano dall’Amministrazione dei reali demani nel 1807, dopo l’abolizione della feudalità

  In un precedente studio mi sono occupato delle decime feudali nel nostro territorio, ancora riscosse nella seconda metà del 1800, illustrando le ragioni della loro permanenza.1

   Infatti, nonostante le leggi di eversione della feudalità dei  primi anni del secolo (v. legge del 2 Agosto 1806, promulgata da re Giuseppe Bonaparte), nel Regno di Napoli continuarono a sopravvivere le decime e le altre prestazioni economiche legate al feudo.

  Ciò avvenne soprattutto nei casi in cui l’ex feudatario era riuscito a provare un possesso antico (ab immemorabili) o l’esistenza di titoli costitutivi della prestazione, nei giudizi di accertamento dinanzi alla Commissione feudale, il tribunale speciale costituito nel 1807 per dirimere le controversie fra i comuni o i privati proprietari da una parte e, dall’altra, gli ex baroni.

  Uno di questi procedimenti fu promosso nel 1809 dal nostro Comune insieme a quello di Uggiano Montefusco (municipalità non ancora soppressa all’epoca dei fatti) contro l’ex feudatario, il principe di Francavilla (titolo nel quale erano subentrati gli Imperiale di Latiano), il quale aveva comprato i feudi di Manduria e di Uggiano dall'Amministrazione dei reali demani nel 1807, dopo l’abolizione della feudalità, e fu deciso con la sentenza definitiva emessa dalla Commissione feudale il 21 luglio 1810, preceduta da una sentenza parziale del 20 Luglio dell’anno precedente. 2

  Di entrambi i  provvedimenti, molto importanti per la storia giuridico-economica del nostro terrritorio, avendone rinvenuto i testi riporto qui la trascrizione integrale, che metto a disposizione degli studiosi:

“ ( 367 )

Num. 74.

A di 2o Luglio 1809.

Tra Comuni di Manduria ed Uggiano in Provincia di Otranto, patrocinati dal signor Vincenzo de Vecchis;

E 'l di loro ex barone principe di Francavilla, patrocinato dal signor Raimondo d'Emilio;

Sul rapporto del Cancelliere ;

Inteso il Regio Proccuratore generale.

Il Comune di Manduria ha dedotto contro il suddetto ex barone i seguenti sei capi di gravezze.

  1. Che l'ex barone si astenga dall'esazione della decima su frutti, uova, ortaggi, fichi, zaffarano, legumi, orzo, avena, grano e lino.
  2. Dall' esazione della decima sul prezzo nelle alienazioni de'fondi.
  3. Dall'esazione del forestaggio in tutto il territorio di Manduria e suoi Casali.
  4. Che si dichiarino nulli tutt'i crediti strumentari del barone contro il Comune. 
  5. Che si dichiarino estinti tutt'i diritti giurisdizionali di bagliva, portolania, giustiziaria e piazza.
  6. Finalmente, che si condanni l'ex barone al pagamento della bonatenenza pe' beni burgensatici del fu principe di Francavilla fino all'anno 18o7, oltre della bonatenenza che si deve dall'Am ministrazione de Regj Demanj pe beni che vi possedeva il Monistero de' PP. Cassinesi di Aversa, a di cui diritti ella è succeduta.

ll Comune di Uggiano poi ha dedotto tre capi di gravezze contro lo stesso ex barone.

  1. Che si astenga di esigere la decima del frutti, e la decima sul prezzo nelle alienazioni del fondi. 
  2. Che si astenga di esigere il diritto di forestaggio.
  3. Che si astringa al pagamento della bonatenenza dal dì della formazione del catasto.

La Commissione, applicando alle esposte gravezze le disposizioni delle leggi e decreti eversivi della feudalità, e i principi da essa adottati nelle sue precedenti decisioni. Ordina. 

  1. L'ex barone si astenga di esigere la decima delle uova, degli ortaggi, de fichi, del zaffarano e dei legumi; e pendente la decisione sulla legittimità del diritto di decimare, e senza pregiudizio delle ragioni delle parti esiga solo la decima del grano, dell'orzo, dell'avena, delle fave, del lino, delle ulive, del vino mosto, o di quelli fra suddetti generi, de quali si trova nel possesso, escluso ogni altro genere.
  2. Pendente la decisione suddetta esiga soltanto nelle vendite de' fondi decimali la quinquagesima parte del prezzo.
  3. Si astenga da ogni diritto di fidare e d'immettere gli animali ne territori de’ particolari, e pe' diritti di forestaggio si attenda l'esito della decisione da farsi dalla Commissione.
  4. Resti riservato l'esame de crediti strumentari pretesi contro il Comune di Manduria.
  5. Relativamente allo stesso Comune di Manduria, rimangano estinti per la legge tutt’i diritti giurisdizionali di bagliva, di portolania, di giustiziarìa e di piazza; e qualora l'ex barone crede di spettargli il compenso pe' corpi di bagliva e portolanìa, adisca la Commissione de’ Titoli.
  6. L' ex barone paghi in benefizio de Comuni di Manduria ed Uggiano la bonatenenza dal dì del catasto, e la  liquidazione di essa si commetta al Razionale Cenni. 

Finalmente per la legittimità del diritto di decimare e de crediti strumentari, la causa passi sulla lista d'ordine.

 

 

( 776 )

 V Num. Io5.

A dì 21 Luglio 181o.

Tra' Comuni di Manduria e di Uggiano Montefuscoli, patrocinati dal sig. Pietro Natale ;

E 'l loro ex-barone principe di Francavilla, patrocinato da’ sig. Giovanni Lotti e Raimondo d' Emilio;

Sul rapporto del sig. giudice Franchini. 

Essendosi decisi con sentenza de' 2o Luglio del prossimo scorso anno i gravami proposti da' Comuni di Manduria e di Uggiano Montefuscoli contro al principe di Francavilla di loro ex-barone, restano a decidersi i seguenti capi.

  1. Il diritto di decimare sui prodotti di ambidue i territorj.
  2. L'esazione della decima del prezzo nella compera e vendita dei fondi redditizj.
  3.  Il diritto di fida o sia forestaggio sulla foresta di Oria.
  4. Varj crediti strumentarj.

La Commissione in giudicare sui rimanenti gravami non si è fermata sulla decima del prezzo, perchè abolita col real decreto de'16 Ottobre del 18o9: molto meno si è occupata sul diritto di fida, o sia forestaggio,  perchè soppresso con altra sua sentenza sulle foreste di Oria, e degli altri ex-feudi della provincia di Otranto. Ed intorno a' crediti strumentarj non è nel grado di pronunciar sentenza, perchè non ispecificati da' Comuni, non compresi nella vendita fatta all' ex-barone dall'Amministrazione de' demanj, e da lui non sostenuti.

Fissando adunque la Commissione tutte le sue vedute sul diritto di decimare, ha osservato dalle carte fiscali estratte dal general archivio, che fra le informazioni e liquidazioni dell'entra Num. 7 181o. ddd de feudali della provincia di Otranto si descrivono le decime del lino, della zaffarana, del vino mosto, del grano, dell'orzo, delle fave e dell'avena; che nel conto erariale de' principi di Taranto del 1459 si riportano le decime non solo de' designati generi, ma benanche della bambagia, de' legumi, e di altre vittovaglie e verdure; e che le stesse decime veggonsi presso a poco annotate in altra informazione del 1518 ed in un antico rilevio del 158o. Considerando pertanto la Commissione, che il possesso di più secoli delle riferite decime combina col sistema adottato dalla Commissione e colla determinazione del prelodato decreto de' 16 Ottobre del 18o9.

Considerando altresì, che 'l principe di Francavilla ha comperato i suddetti feudi di Manduria e di Uggiano Montefuscoli dall'Amministrazione de' reali demanj nel 18o7 dopo abolita la feudalità; e che in conseguenza l'Amministrazione medesima per tutti i diritti e beni distratti da lei, ed evitti così in forza della presente sentenza, che per esecuzione della stessa legge eversiva della feudalità, debba indennizzare il compratore.

Quindi autorizzata dalla legge di sua costituzione e decider le controversie feudali, sola facti veritate inspecta, e per esecuzione della legge e de' reali decreti abolitivi dalla feudalità, intese le parti contendenti e 'l regio procuratore generale, ha definitivamente deciso e dichiara.

1. Continui l' ex-barone ad esiger ne' fondi soliti a terraggiare, le decime soltanto del grano, dell'orzo, dell'avena, delle fave, del lino e della bambagia. Continui altresì ad esiger la decima del vino mosto ne' fondi conceduti con pubblici istrumenti, e si astenga di esiger qualunque prestazione sopra gli olivi ed ogni altro prodotto.

2. Ordina la Commissione, che l'Amministrazione de' reali demanj rifaccia le rate del prezzo corrispondenti a tutti que' diritti, corpi e decime evitte colla presente sentenza, e possedute dalla stessa Amministrazione in tempo della vendita fatta dalla medesima Amministrazione a benefizio di esso principe.

Finalmente si assolvano a vicenda le parti per le spese della lite. ”.3

 

  Come si evince dal testo delle sentenze, che molto sinteticamente mi appresto a commentare, il Comune di Manduria aveva articolato il proprio ricorso in sei punti o motivi di gravame: 1) abolizione della “decima su frutti, uova, ortaggi, fichi, zaffarano, legumi, orzo, avena, grano e lino”; 2) abolizione della “decima sul prezzo nelle alienazioni de' fondi”; 3) abolizione del “forestaggio in tutto il territorio di Manduria e suoi Casali”; 4) annullamento di  “tutt'i crediti strumentari del barone contro il Comune”; 5) estinzione di “tutt'i diritti giurisdizionali di bagliva, portolanìa, giustiziarìa e piazza”; 6) condanna dell'ex barone al pagamento della “bonatenenza pe' beni burgensatici del fu principe di Francavilla fino all'anno 1807, oltre della bonatenenza che si deve dall'Amministrazione de Regj Demanj pe’ beni che vi possedeva il Monistero de' PP. Cassinesi di Aversa, a di cui diritti ella è succeduta”.

  Di questi motivi di ricorso la Commissione, nei due provvedimenti emessi,  dichiarò di non poter decidere il secondo (perché la decima, riscossa sul prezzo di vendita, era stata già abolita da un regio decreto del 1809), nè il terzo (perché i diritti di fida e di forestaggio erano stati soppressi, nel frattempo, dalla sentenza che aveva deciso sullo ius della foresta di Oria), esaminò invece il primo e, accogliendolo in parte, dispose il mantenimento della decima sul grano, l'orzo, l'avena, le fave, il lino, la bambagia (il cotone) e il vino mosto (quest’ultimo “ne' fondi conceduti con pubblici istrumenti”)  mentre ne decretò l’abolizione sulle olive, le uova, gli ortaggi, i fichi, lo zafferano, i legumi e su ogni altro prodotto agricolo.

  Quanto al quinto motivo, dichiarò che, per legge. era avvenuta l’estinzione dei diritti giurisdizionali di bagliva, di portolania, di giustiziarìa e di piazza.

  Relativamente al sesto, condannò l’ex barone a sanare la sua morosità, pagando ai Comuni di Manduria ed Uggiano la bonatenenza (n.d.a., l’imposta fondiaria che i baroni del regno di Napoli pagavano al comune per i loro beni non feudali) con decorrenza dal giorno dell’istituzione del catasto all’attualità e nominando un perito contabile (razionale) per stabilrne l’ammontare.

  Infine, relativamente al quarto motivo, riguardante i “crediti strumentarj” (ossia le somme di cui il feudatario era creditore verso il comune), la Commissione dichiarò di non essere “in grado di pronunciar sentenza”, perchè essi non erano stati specificati nel ricorso, né erano stati compresi nella vendita fatta all' ex-barone dall'Amministrazione statale dei demani. 

  Dunque, a parte la dichiarazione di cessazione degli altri diritti feudali (già aboliti per legge o da sentenze precedenti) e la condanna al pagamento della bonatenenza, il principale risultato prodotto dalla causa intentata dal Comune di Manduria (insieme a quello di Uggiano) contro il suo ex-barone fu quello di aver limitato l’esazione delle decime ad un numero minore di prodotti della terra. Ma, per il resto, le decime riuscirono a sopravvivere e continueranno a vivere ancora per un bel po’ anche nella seconda metà del XIX secolo.

  Inoltre, nel ricorso del Comune non furono compresi i suffeudi (S.Pietro in Bevagna, Comunale, Bagnolo, S.Anastasio, ecc.), con la conseguenza che, per i fondi rustici che si trovavano in queste zone del territorio manduriano, il balzello continuò a colpire ancora ogni genere di derrata agricola (grano, lino, avena, orzo, fave  ed altre vettovaglie, vino mosto ed olive), la cui decima parte (o, per alcuni, la vigesima) doveva essere conferita, in natura, dai contadini e dai proprietari ai magazzini dell’ex signore feudale. Ciò perché le due sentenze del tribunale speciale emesse per Manduria, nei limiti fissati dal contenuto del ricorso, avevano statuito e deciso solo per il “feudo grande” della città, e non anche per i suffeudi (o feudi minori), per i quali non vi fu alcun cambiamento. 4

 

Giuseppe Pio Capogrosso

 

Note:

1. G. P. Capogrosso, Sopravvivenza delle decime e di altri diritti feudali a Manduria in un esclusivo documento del 1873, Manduria Oggi, giornale online, edizione del 18.11.2015;  ripubblicato il 20.9.2018 su Nuovo Monitore Napoletano con il titolo Un documento inedito del 1873 sulla sopravivenza delle decime feudali a Manduria.

2. Sentenze della Commissione feudale del 20 Luglio 1809 e del 21 luglio 1810 “tra' Comuni di Manduria e di Uggiano Montefuscoli, patrocinati dal sig. Pietro Natale e 'l loro ex-barone principe di Francavilla, patrocinato da' sig. Giovanni Lotti e Raimondo d' Emilio”.

3. In un documento del 1577, le entrate del feudo di Caslnuovo (Manduria) e dei suffeudi vengono così attestate e descritte: “ Et che tene la decta terra le infrascricte intrate spectante a’ barone, ciò è ladecima de li grani et altre victuaglie che nascono dentro lo destricto de detta terra, la mità de la decima de le victuaglie che nascono in lo feudo de Cominale, acteso l'altra mità è del abate de Bagnuolo, la decima del vino, ladecima de lo curaturo de lo lino, lo romato che si fa dintro il fosso del castello, la pescaria de lo fiume de SanctoPietro, la sagitura, li censi, la mastredactia criminale, li proventi criminali, lo censo de la mastredactia civile et locaso et ricocta de la sagitura. Le quale intrate iuxta decta liquidatione in decto tempo, deducto li pesi che erano inesse, furno liquidate in ducati 1090. Descrizione di Casalnuovo nel 1577, in Dall'Umanesimo alla Riforma, di M.E. Welti, Edizione Amici della Aannibale de Leo, Brindisi, 1986, pag. 156-158. Documento originale in ASN, Regia Camera Consulta vol. 5, 1574-1580, fol. 53-58.

4. D. Ciracì,  in Indirizzo, petizioni, e pensieri del Comune di Manduria ai Signori Deputati del Parlamento napoletano, Napoli, presso Vincenzo Orsini, 1821, p.8. Il decurione della municipalità manduriana Domenico Ciracì, nelle note petizioni inviate al Parlamento napoletano nel 1811, riferiva sul punto: «Vi esistono in Manduria i suffeudi denominati San Pietro in Bevagna, Bagnolo, Sant’Anastasio e Comunale, i di cui possessori obligano i proprietarj a pagare la decima di qualunque sorta di derrate. La Commissione exfeudale, con sentenza del dì 21 Luglio 1810, abbolì tutte le decime, all’infuori del grano, fave, biade, e bambagia, sul pretesto, che nella liquidazione fatta, moltissimi anni dietro col fu Signor Principe di Francavilla dalla Camera della Summaria, tali prestazioni vi erano.  Fu questo un errore, perché in queste materie il solo inveterato possesso non forma titolo nel petitorio, ma bensì un prosieguo della violenza, e del Baronale dispotismo. Per li suffeudi però la sentenza non interloquì, ed è perciò, che si prosegue il duro servaggio, e l’abbuso.» Il volumetto è stato ripubblicato in ristampa anastatica, con introduzione di G. Sirisi, dall’editore A. Marzo di Manduria.

5. Nell’immagine di fine 1800: il Palazzo Imperiale e la locanda feudale (sulla sinistra), in entrambi gli edifici erano ubicati magazzini in cui venivano stipate le derrate provenienti dall’esazione delle decime.











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