martedì 24 settembre 2024


27/10/2021 11:20:04 - Manduria - Attualità

I maggiori problemi (carenza di medici) nel Pronto Soccorso e in Cardiologia. Spesso le ambulanze non hanno un medico a bordo

Lo scorso 21 ottobre si è tenuto a Manduria il Consiglio comunale “monotematico” sull’ospedale  Marianna Giannuzi e sulla sanità del territorio di questa parte della provincia ionica.

L’evento, seppure importante, non è stato esaustivo. Bisogna, infatti, considerare che a fronte delle denunce e delle richieste avanzate dagli amministratori locali, le autorità presenti hanno tentato con “garbo” di declinare le responsabilità del governo regionale, riconoscendo da una parte che se « errori in passato sono stati fatti» (Lopalco), dall’altra, adesso, la situazione è talmente grave che non è possibile rispondere ai bisogni espressi e si deve tirare a campare con quello che si ha a disposizione.

In altre parole mancano le risorse umane, mancano i medici e quindi mancano i presupposti perché si possano dare risposte positive alle richieste avanzate. Per il direttore generale, dr Stefano Rossi, poi, sembrerebbe tutto funzionante ed efficiente. Per tutti costoro il toccasana sarà, finalmente, l’apertura del costruendo San Cataldo, più volte citato a conforto dell’attuale situazione di disagio.

Si vuole a questo punto ricordare che quello che si ha a disposizione per tirare a campare è davvero poco, mette a rischio i pazienti e gli operatori ed è il preludio della chiusura, oggi espressamente negata da Lopalco (« non ce lo possiamo permettere»), dell’ospedale di Manduria.

Le ambulanze del 118 quasi mai hanno il medico a bordo. Frequentemente gli infermieri del 118 praticano terapia endovenosa senza la presenza del medico e frequente è il trasporto al pronto soccorso del Giannuzzi di pazienti in codice rosso, tra cui pazienti con infarto e qualche volta ( è capitato) con rottura dell’aorta. Questi pazienti, una volta giunti in ospedale, trovano ad accoglierli un numero sempre più esiguo di medici del pronto soccorso, un solo radiologo di turno, con la tac che è stata in avaria da più di 10 giorni (pare sia stata riparata ieri), un solo cardiologo di guardia, di notte sempre senza reperibile di supporto, con il reparto chiuso per mancanza di cardiologi e l’Utic chiusa causa riordino ospedaliero. I pazienti più gravi, una volta che i medici sono riusciti a trovare dopo numerose (e poco dignitose) telefonate il posto letto, vengono trasferiti accompagnati dal cardiologo di turno che, in questo modo è costretto a lasciare l’ospedale sguarnito di assistenza cardiologica. Questo accade anche per i pazienti meno gravi, i quali, seppure in codice rosso, devono comunque attendere l’esito negativo del tampone molecolare per il Covid, che può arrivare anche dopo sei ore!

Devono poi affrontare il viaggio di trasferimento presso altri ospedali o cliniche della zona con gravi conseguenze perché la situazione nel frattempo può anche peggiorare. Assente il cardiologo di turno per il trasferimento, può accadere che al pronto soccorso giunga un altro codice rosso. Ed è accaduto! Si ha notizia che proprio verso la metà del mese di ottobre è giunto un paziente con rottura dell’aorta mentre il cardiologo era assente per un altro trasferimento e a Manduria, fra l’altro, la tac era in avaria!

Le umiche “zone felici” in questa realtà sono i reparti di Medicina Interna, di Chirurgia, di Ortopedia, di Nefrologia e Rianimazione. Anche esse però scontano, con qualche piccola eccezione che conferma la regola, notevoli difficoltà per la mancanza di medici.

È vero che la carenza di medici è un fenomeno presente su tutto il territorio regionale e nazionale. Ciò però non può diventare il pretesto per affermare:“arrangiatevi con quello che avete”. Le criticità sopra esposte non lo consentono. Non consentono di sfuggire alle proprie responsabilità di amministratori di un bene pubblico come la sanità. Con la salute dei cittadini e con la sicurezza degli operatori non si può derogare.

Urgono scelte di programmazione e di redistribuzione urgente delle risorse, adesso. Non si può vivere nell’attesa che apra il “San Cataldo” che, una volta aperto, è tutto da dimostrare che sia in grado di risolvere i problemi della sanità della parte orientale della provincia, anche alla luce di quanto la presente pandemia ha insegnato.











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