lunedì 23 settembre 2024


01/11/2021 08:26:45 - Manduria - Cultura

Il più antico luogo di sepoltura denominato Camposanto venne aperto a Manduria il 6 ottobre 1839, in un’area concessa dai padri Cappuccini

 

Il termine “cimitero” deriva etimologicamente dal latino tardo “cimiteriu”, a sua volta mutuato dal greco “koimeterion”, letteralmente “luogo dove si va a dormire”, da “koimao” “io faccio addormentare”: un’accezione cristiana, a significare che quanti vi sono deposti attendono il risveglio eterno postulato dalla fede cristiana.

Il cimitero luogo della Storia: religiosa, sociale, politica, architettonica. Il cimitero luogo dell’Antropologia: la lettura di alcuni elementi presenti in tale luogo è correlata ai diversi modi in cui i viventi hanno sviluppato, nel tempo e nello spazio, il proprio rapporto con i defunti.

Sulla scia del decreto napoleonico del 12 giugno 1804 che regolamentò le norme sui cimiteri, collocandoli al di fuori dei centri abitati, Ferdinando I di Borbone Re delle Due Sicilie, con decreto del 11 marzo del 1817, ordinò la costruzione di pubblici camposanti in ogni comune del Regno al di fuori dell’abitato, a tutela della salute pubblica e nel rispetto del sacro culto verso i defunti.

A tali esigenze, indubbiamente legittime, erano sottese altresì preoccupazioni di altra natura. In primo luogo, la collocazione extra-urbana porta a configurare il cimitero come uno spazio chiuso entro cui contenere la carica negativa e sconvolgente che sempre accompagna il defunto. Tale chiusura tuttavia, non è totale. Infatti la naturale espansione urbanistica tende a modificare le distanze, sia reali che percepite, attenuando il voluto isolamento dello spazio cimiteriale, sempre più prossimo allo spazio dei vivi, come dire una città “a portata di cimitero”. Inoltre, nella preoccupazione (presente fin dai primi atti legislativi) di “giusta distanza dal centro abitato” a proposito del sito cimiteriale, si intravede, dissimulata da esigenze di ordine pubblico e sanitario, l’espressione antropologica di un tabù: liberarsi il prima possibile della “presenza” del defunto. 

Nonostante il carattere tassativo della legge del 1817, la città di Manduria si provvide di un Camposanto dopo più di due decenni dalla sua emanazione. Il più antico luogo di sepoltura denominato Camposanto venne aperto a Manduria il 6 ottobre 1839, in un’area concessa dai padri Cappuccini, a est della loro chiesa. Attigua al cimitero era la cappella di SS. Croce, sul cui muro esterno occidentale il Can. D. Pasquale Schiavoni fece scrivere, in occasione dell’apertura del Camposanto, i seguenti versi: «O tu che passi baldanzoso tanto, / Pensa che un dì mi giacerai qui accanto. / Quanto miri, viator, pensa che è un nulla, / E dell’Eternità la tomba è culla. / Tutto morte calpesta e cuopre obblio; / Non resta alfin che religione e Iddio. / Rota morte la falce in tutte l’ore, / e non morendo ancor sempre si muore. / Valido, vago e grande il fui, fui pur io / Ed ora ... ed or ciò ch’è di me sa Iddio».

L’annuncio dell’apertura del Camposanto fu dato alla cittadinanza tramite manifesto pubblico affisso nella piazza del paese il 2 ottobre 1839 (documento in alto): era fatto obbligo della sepoltura nel camposanto per tutti indistintamente, eccetto che per i Vescovi (cui era permessa la tumulazione nelle chiese delle rispettive Diocesi) e per le Religiose di clausura che avessero professato i voti solenni (cui era concessa la tumulazione nelle chiese del rispettivo chiostro). Un’ulteriore eccezione era costituita dai bambini deceduti prima di aver ricevuto il sacramento del Battesimo, da coloro che si erano resi indegni di sepoltura ecclesiastica e dai non cattolici: nel 1861 si procedette alla costruzione di nuove sepolture nei terreni attigui da assegnare a queste particolari categorie di defunti.

Un successivo ampliamento del Camposanto avvenne nel 1869 (dopo aver abbandonato il progetto per la costruzione di un nuovo cimitero in contrada “Terragna”, il primo pensato per servire oltre il territorio comunale anche la borgata di Uggiano Montefusco), essendo insufficienti le sepolture esistenti. Il progetto di ampliamento fu redatto dall’ingegnere francavillese Luigi Fumagalli e prevedeva, oltre a 18 nuove sepolture, l’elevazione del prospetto di ingresso (documento 2); i lavori, affidati a Nicola Pagliarulo, cominciarono nell’agosto dello stesso anno per una spesa complessiva di lire 4.348,80. Le vicende storiche dei decenni successivi portarono alla chiusura definitiva del Camposanto in contrada Cappuccini nel 1892.

Nel 1866, a causa della prima ondata di epidemia colerica che interessò la città, essendo giunto a saturazione il Camposanto cittadino, si ricorse al seppellimento in contrada Pigna, presso la strada vecchia di Avetrana. Tale sito fu nuovamente utilizzato nel 1886, quando una nuova epidemia colerica devastò la città (l’epidemia durò circa due mesi, si propagò dapprima nella borgata di Uggiano a partire dal 19 giugno, con una mortalità dell’89% dei contagiati, giungendo in città dieci giorni dopo e fino al 15 agosto).  Il cimitero in località Pigna era posto a circa quattro chilometri dall’abitato, in direzione est, e misurava are 23.98. Successivamente venne acquistato un terreno adiacente, poiché era volontà del Comune (come emerge dalla relazione fatta il 5 settembre 1886 da Orazio Schiavoni al sindaco Pietro De Marco) chiudere il terreno con un muro di cinta ed erigere una piccola cappella e una stanza per il custode. Si giunse fino all’ottenimento dell’autorizzazione sovrana all’acquisto, giunta con Regio Decreto del 23 giugno 1887 (documento 3).

Nonostante le lodevoli intenzioni, l’ingente spesa (Lire 7.500) preventivata dall’ingegnere Ignazio Bernardini, che aveva redatto il progetto (documento 4), indusse gli amministratori comunali a dilazionare nel tempo il complesso dei lavori, limitandoli nell’immediato alla elevazione del solo muro di cinta (Lire 3.736,41). L’ultima notizia riguardante il cimitero dei colerosi è una relazione del 10 ottobre 1888 di Ignazio Bernardini al Sindaco. Attualmente l’area si presenta in uno stato di completo degrado: i resti del muro di cinta sono visibili soltanto in alcuni punti (un discreto tratto sul lato sud, qualche linea di tufi sugli altri lati), mentre all’interno il suolo si presenta invaso da rifiuti di ogni genere.

Il 21 luglio 1892 venne aperto l’attuale cimitero cittadino, le cui vicende saranno oggetto di un post in pubblicazione domani.

Per quanto su esposto cfr. Anna M. Stella Mancino, ‘Le città “speciali” in QuaderniArcheo NN. 6-7, maggio 2002, disponibile in biblioteca, al quale si rimanda anche per le fonti bibliografiche e d’archivio.

Per i documenti, Archivio Comunale di Manduria (ACM), dall’alto in basso: 1. Manifesto per l’annuncio dell’apertura del Camposanto (2 ottobre 1839); 2. Progetto del prospetto dell’ingresso al Cimitero redatto dall’ingegnere Fumagalli (20 febbraio 1869); 3. Autorizzazione di Umberto I all’acquisto del terreno in contrada Pigna (23 giugno 1887); 4. Progetto per la costruzione del cimitero dei colerosi, a firma dell’ingegnere Ignazio Bernardini (19 settembre 1887); nelle foto (di alcuni anni fa) ciò che è rimasto del cimitero dei colerosi in contrada Pigna e il prospetto del vecchio cimitero dei Cappuccini.











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