lunedì 23 settembre 2024


11/05/2010 09:56:03 - Manduria - Cultura

Storie di uomini comuni, eroi per caso

“Lotta alla mafia: il ruolo delle istituzioni, dei media, dei cittadini”: questo il titolo della conferenza dibattito di ieri sera, 10 maggio, organizzata dal liceo classico e scientifico “G.Galilei, F. De Sanctis”, in collaborazione con il Comune di Manduria e l’agenzia libraria Alfalibri, svoltasi presso la più che rappresentativa sala consiliare del nostro comune.
Presenti il dirigente scolastico, prof.ssa  A . Micelli, il sindaco di Manduria P. Tommasino, il prof. G. Biasco, docente e agente dell’Alfalibri, ma soprattutto guest star il magistrato dott. Giuseppe Ayala, venuto a parlare, ad una platea costituita maggiormente da giovani, del suo libro: “Chi ha paura muore ogni giorno”.
La sicilianità e l’ironia di uno dei magistrati del Pool Antimafia di cui facevano parte anche Falcone, Borsellino e Caponnetto, sono stati l’occasione per fare il crudo censimento delle tanti stragi di mafia di cui i giudici citati sono stati oltre che le vittime eccellenti di Cosa Nostra anche la sublimazione dei più sacri valori della legalità, diventando, da quel momento in poi, la testimonianza più tangibile che di ristabilire un equilibrio sociale sottratto alla malavita si può e si deve parlare.
«Siamo stati bravi, animati da profonda sete di verità, anche se abbandonati dalle istituzioni, per lasciare un esempio ai nostri figli, fregandocene altamente di qualsiasi figli di p.  o di mer... o stro....., perchè così sono da intendere i membri della mafia», questo in sintesi l’Ayala pensiero.
Il magistrato, con quota 300 di conferenze all’interno delle mura scolastiche, racconta 10 anni di indagini in tutto il mondo, sulle tracce di mafiosi e killer appendici di una cupola, che fino agli anni del maxi processo a Cosa Nostra era innominabile, perché faceva paura, resa inoffensiva da giudici coraggiosi che ne svelano i backstage, diremmo con un termine moderno, persino nei rapporti con le istituzioni all’interno delle quali questi eroi della resistenza anni ‘80 operavano, disgregati alla morte dei giudici  Falcone e Borsellino: non c’era veramente più nulla da dire.
Parla la storia in persona, raccontando con leggerezza, di fatti, nomi, eventi, stragi, spargimento di sangue che da quel momento in poi sono diventati parte del nostro quotidiano. Da sfondo, l’indimenticabile amicizia tra “morti che camminano”, così venivano definiti alcuni magistrati, sintesi di momenti privati, svelati con la delicatezza e con la nostalgia di un dott. Ayala che cede in qualche occasione alla commozione, e che, nel citare flash di vita normale del pool “svela prese per il c...., tendenze politiche,
una vita costantemente minata dal terrore delle ritorsioni, delle conseguenze di una professione pericolosa per tutti, per le famiglie per gli amici, per le scorte, per gli stessi giornalisti e finanche preti che hanno detto no alla mafia, con battute a volte interrotte dagli applausi e riflessioni amare per una stagione di massacri che ha richiesto sacrifici enormi, pagati a prezzo di tante vite, ma messe in gioco ieri come oggi e come sempre, perché chi ha paura muore ogni giorno mentre chi non ha paura muore una volta sola». Significative le conclusioni: Falcone, Borsellino, Caponnetto, le 133 vittime, tra forze
dell’ordine, magistrati, politici, giornalisti e don Puglisi non sono morti, vivono dallo stesso momento in cui sono stati ingoiati dalla spirale di violenza a cui si sono opposti, diventando il simbolo di una nuova era, lavata nel sangue sì, ma che ha saputo strappare a Cosa Nostra la gestione delle cose pubbliche, di cui la restituzione dei beni confiscati non è che un minimo esempio.
«Parlare ai giovani è un modo per sentirmi utile più che altrove, e per non far morire un’amicizia, oltre che il ricordo di momenti di vita condivisi con la mia famiglia nel nome di tanti eroi inconsapevoli di esserlo».
Finisce così una serata in cui, i tanti valori che spesso riempiono la nostra bocca si rivestono di un significato autentico, dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, l’estrema povertà e fragilità degli uomini di oggi, distratti dal potere e forse anche da sé stessi, e mentre un ultimo applauso sintetizza il congedo di Manduria ad Ayala, colpisce l’immagine di tante famiglie strette in un abbraccio, intorno al magistrato,  che rubando una qualche foto col cellulare o con le macchine fotografiche, dopo un autografo apposto sul libro, tornano a casa con la certezza che spesso la fine non è che l’inizio.

Mimmo Palummieri










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