lunedì 23 settembre 2024


26/04/2023 10:27:05 - Manduria - Attualità

Vi proponiamo la sua  “Lettera a Manduria”, scritta il 1 settembre 1996: un atto d’amore e d’orgoglio di un figlio verso la propria terra (madre) che sente baciata dagli dei. Ed ecco risplendere come gemme preziose le bellezze cittadine tante volte ammirate e godute

Mater dulcissima …così esordiva il poeta nella poesia-lettera alla madre. E se il pudore trattiene un figlio dall’esprimere sentimenti d’amore, di gratitudine e di riconoscenza verso colei che ci ha donato la vita, quando si trova il coraggio e l’ardire, è allora che si toccano vette altissime di pura poesia e tensione emotive. Lettera a Manduria, scritta il 1 settembre 1996, è proprio questo: un atto d’amore e d’orgoglio di un figlio verso la propria terra (madre) che sente baciata dagli dei. Ed ecco risplendere come gemme preziose le bellezze cittadine tante volte ammirate e godute. Sempre avido e mai sazio!

Grazie ancora una volta per aver fatto “vedere” quello che possediamo e caparbiamente ci ostiniamo a ignorare.

 

 

Lettera a Manduria

Cara,

spesso è il pudore che vieta

di dirti parole d’amore.

Questo è il destino delle madri,

questa è la condanna dei figli;

tuttavia, ora sono io, uno di loro,

che ti scrivo.

Poche parolededicate

ad alcuni tuoi atteggiamenti,

ad alcuni tuoi volti

coi quali ti mostri.

Come ogni madre

hai uno sguardo e un volto diverso

per ognuno;

io ne ho scelti alcuni

per i quali ho scritto pensieri d'affetto.

Altri l’han fatto (di certo)

con sillabe colte

cantando il gelido Chidro

o l’arsa Marina

oppure narrando

oniriche storie

dettate dafervido ingegno

e sottile ironia.

Io questo so dirti,

e tu perdona l'ardire

del più piccolo dei tuoi figli:

Grazie,

d'avermi fatto nascere

dove vergini

sacrificavano al Fonte:

Qui venivano vergini a libare

acqua;

qui fanciulle cingevano corone

per il dio;

qui eroi prima dell'agone traevano

auspici.

 

E il Genio vegliava,

in pace e in guerra,

incurante di guerre e di paci.

 

Misura perenne serbava

l'acqua del Fonte

che specchiava celesti equilibri.

 dove antichi eroi morivano

per la gloria

Piangeva sull'ara la vergine.

Il solco segnato nei campi

il corpo intatto, geloso,

avrebbe racchiuso.

 

Ora grigi vapori diffonde

il pianto di madre inconsolata

che piange il frutto perduto.

 

Nella notte,

tra sassi di perfetta geometria,

odi ancora

lamenti d'infante.

 

Qui la pietà religiosa dei fedeli

saliva al cielo con le orazioni

 

Solenne balzi sui tetti,

misura perfetta,

sentinella d'orazione e scolta

di libertà civili.

 

Fremiti raduni

nelle pietre severe

e diffondi nel cielo.

 

Un giorno, forse,

scenderanno angeli ai tuoi rintocchi

e sarai come scala luminosa

verso il cielo.

e oscuri artigiani ordivano

merletti di pietra

Mastro Raimondo

allorche l'aria imbruna,

fremono l'ossa tue

se il dondolio dellacampana grande

sui tetti oscuri lento si diffonde.

 

La grande aerea rosa

da mani sapienti modellata

respira ancoradi tua vita.

e vissero donne generose

Echi di clavicembali

da preziosi balconi

spandono suoni tra le volte.

 

Rette preziose disegnano il cielo

e per le antiche scale

fruscìi damascati mi fingo.

 

Mariannasospirae prega

nella notte

un vagito. Inutilmente.

Qui cessò laproterviadi un signore

travolta dalla storia

 

Non scorgo

donne che mostrano seni

tra gerani,

la pianta cara a Bodini;

né veli all'ombra del patio

nel meriggio sonnolento.

 

Non portano canti d'amore

le mille stanze e mille.

 

Eppure il sole scalda la pietra che

s’arrossa,

al tramonto, vereconda.

Grazie, grande madre,

grazie, Manduria.

 

Cosimo Pio Bentivoglio

 











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