lunedì 23 settembre 2024


21/11/2023 10:50:01 - Manduria - Attualità

In primo grado i giudici hanno assolto i medici. Il padre della bimba: «Quello che è successo in Tribunale è stato atroce da sopportare. I periti hanno cambiato totalmente versione. Una vergogna»

Aveva tre mesi. Era una splendida bimba. Rappresentava la gioia per i suoi genitori. Poi “Principessa”, come è chiamata in famiglia (evitiamo di indicare il suo nome per tutelare la privacy del nucleo familiare), viene sottoposta ad un intervento al cuore in un noto ospedale di Milano.

Da allora le sue condizioni di salute sono precipitate: divenne tachicardica, ipotesa, livida. Inizialmente i genitori furono rassicurati. Dopo due giorni, però, i medici sottoposero “Principessa” ad un nuovo intervento chirurgico al cuore.

Al risveglio, i parametri erano ritornati normali, ma “Principessa” no: l’intervento chirurgico l’aveva resa tetraplegica e ipovedente.

Da allora (sono trascorsi oltre sei anni), la famiglia manduriana chiede giustizia.

«La condotta posta in essere dai curanti dell’ospedale milanese è da ritenersi causa della situazione clinica attuale della bambina» avevano scritto i medici legali. Poi in aula, nel corso del processo di primo grado, il colpo di scena: i clinici hanno cambiato versione. E le dottoresse responsabili di aver somministrato e mantenuto la terapia sono state assolte dall’accusa di lesioni perché «il fatto non sussiste».

Ma la Corte d’Appello ha invece ammesso il ricorso della difesa dei genitori della bimba proprio sulla base di quelle testimonianze contraddittorie dei consulenti del pm. Passati da sostenere che la «bassa gittata cardiologica» sarebbe stata ben risolvibile con farmaci adeguati» e che invece «la scelta di quelli inotropi (adrenalina e levosimendon) ad alto dosaggio e con infusione continua era del tutto controindicata e si rendeva responsabile dell’evoluzione clinica negativa». A sostenere il contrario nella loro testimonianza in Tribunale: «La somministrazione iniziale in linea di principio era corretta ma visto che non ha avuto esito positivo bisognava chiamare il chirurgo», aveva specificato in aula uno dei consulenti. E a domanda dei magistrati se avessero cambiato idea, il medico ammetteva: «In consulenza probabilmente sono stati esagerati alcuni concetti...».

«Quello che è successo in Tribunale è stato atroce da sopportare. I periti hanno cambiato totalmente versione. Una vergogna» rimarca, amareggiato, il padre di “Principessa”. «Lei è la nostra gioia. Adora la musica classica e lirica. È piena di entusiasmo. Si diverte con il fratellino, che ha per lei un amore sproporzionato. Ma non potrà né parlare, né camminare, né smettere di avere crisi epilettiche. Ha bisogno di cure, di tante cose. Non voglio fare pena a nessuno. Ma chi ha delle responsabilità deve assumersele».

La palla ritorna di nuovo ai giudizi, questa volta della Corte d’Appello: a loro il delicato compito di accertare le responsabilità e fare giustizia in questa triste vicenda.











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