Alessio, madido di sudore e col fiato corto, aveva già scalato la seconda e ultima rampa del curvilineo quando scorse sul ciglio della strada, seminascosta tra la vegetazione spontanea, una vistosa borsa da viaggio scura, in buono stato e di ottima fattura
Le strade che dalle marine di Manduria s’inoltrano nell’entroterra tarantino sono irte ma agevoli, se affrontate con calma. Da Torre Colimena, superato il rondò all’incrocio con la statale per Nardò, percorrendo verso nord-est la provinciale, si raggiunge in pochi minuti Avetrana. Quel giorno, il traffico era assente, e il cinguettio degli uccelli, insieme al frinire delle cicale, rompeva la quiete pomeridiana estiva.
Alessio, madido di sudore e col fiato corto, aveva già superato la seconda e ultima rampa del curvilineo, quando scorse sul ciglio della strada, seminascosta tra la vegetazione spontanea, una vistosa borsa da viaggio scura, in buono stato e di ottima fattura. I bordi delle strade salentine, spesso invasi da rifiuti per via dell’inciviltà umana, erano pieni di scarti di ogni genere: bottiglie di vetro, piccoli elettrodomestici dismessi, cartacce, plastica e residui edilizi. Tuttavia, quella borsa ingombrante, abbandonata tra i rifiuti, destava sospetti.
L’occasione per una breve sosta si presentò proprio in quell’istante. L’asfalto rovente emanava calore, visibile sotto forma di tremolio sul bitume, e l’afa asfissiante della controra costringeva Alessio a fermarsi più spesso del solito. Si fermò, sganciò gli scarpini dagli attacchi, scese dalla bici, estrasse la borraccia con l’acqua ormai tiepida e bevve un paio di sorsi. Poi sbucciò una banana, presa dal taschino posteriore della maglietta, e la mangiò con gusto. Masticava lentamente, ma la sua attenzione era ormai calamitata da quella borsa. Scoprire il suo contenuto era diventato l’unico pensiero nella mente di Alessio.
Appoggiò la bicicletta a un muretto a secco, assicurandosi che fosse stabile. Fece qualche passo, barcollando sulle tacchette, e si avvicinò alla borsa. Si guardò intorno e, con circospezione, la aprì. Quello che vide lo lasciò senza fiato: non era un’allucinazione provocata dalla calura o dalla stanchezza. Ciò che aveva davanti era reale.
La mente di Alessio fu travolta da pensieri contrastanti: stupore, gioia, incredulità, ma anche domande urgenti. Dentro la borsa c’era un'enorme quantità di banconote da cento euro, ordinate in mazzette e disposte con cura fino a sfiorare la cerniera. Il colore predominante era il verde, e ogni banconota riportava le dimensioni di 147x77 mm della serie Europa.
L’incertezza e lo smarrimento prevalsero. Alessio distolse lo sguardo dalla preziosa scoperta per un istante. Sentiva il calore crescere sulla pelle e il battito cardiaco accelerare. Bevve di nuovo e si asciugò il sudore dalla fronte con i guantini. Abbassò la zip della maglietta, scoprendo parte del petto e la fascia cardio che gli cingeva il torace. Si bagnò la testa e le gambe per rinfrescarsi, poi si tolse gli occhiali e ispezionò l’area circostante a 360 gradi per accertarsi di essere davvero solo. Era l’unico essere umano in quel momento e in quel luogo. Bevve ancora.
Quegli attimi infiniti di indecisione lo tormentavano. La sua incrollabile onestà iniziò a vacillare. Un tarlo scavava lentamente nella sua coscienza, mettendolo di fronte a un dilemma morale.
“Porca puttana, Pascarelli!” esclamò Alessio, rivolgendosi a se stesso con il cognome, come faceva spesso nei momenti di difficoltà. “E che cazzo faccio adesso?” si chiese inquieto.
Forse chiamare la Polizia sarebbe stata la decisione giusta. Quei soldi potevano essere frutto di attività illecite, magari abbandonati da malviventi inseguiti o pedinati dalle forze dell’ordine. Costretti alla fuga, i delinquenti si erano probabilmente disfatti della borsa per evitare di essere colti in flagrante. Innumerevoli ipotesi balenarono rapidamente nella mente del ciclista.
Alessio decise che ogni scelta sarebbe stata rimandata al suo arrivo a casa, a Manduria. Si accertò nuovamente che nessuno lo stesse osservando, poi scavalcò agilmente un muretto a secco. In un fitto ginepraio, a pochi passi dalla strada, nascose la borsa compromettente. Poco più in là, colse due fioroni da un albero di fico e li divorò.
Consapevole della propria memoria fallace, fotografò mentalmente il punto esatto in cui aveva nascosto la borsa, prendendo l’albero come riferimento. Con la stessa agilità, riscavalcò il muretto, impugnò la bici e riprese a pedalare a ritmo sostenuto. Gli ultimi chilometri gli parvero interminabili.
Arrivato in via della Liberazione 12A, finalmente al sicuro da occhi indiscreti, Alessio si concesse una doccia per scrollarsi di dosso le fatiche fisiche e mentali. Un senso di spossatezza misto a benessere si diffuse nel suo corpo mentre l’acqua scivolava sui suoi pettorali e addominali scolpiti. Si lavò rapidamente, come era solito fare quando aveva un impegno imminente: detestava la lentezza.
Si vestì in fretta, deciso a recuperare la borsa prima che qualcun altro la trovasse o la consegnasse alla polizia. Aveva battuto ogni record: in soli cinque minuti era già pronto. Nel frattempo, aveva asciugato i capelli col phon e messo in lavatrice mutande, completo da ciclista, guantini, calze e bandana. Ripose con ordine gli scarpini nella scarpiera e il cardiofrequenzimetro, il casco e gli occhiali sportivi nell’armadio a muro. Si spalmò il deodorante stick sotto le ascelle e sul petto, indossò boxer puliti, fantasmini, bermuda e una polo. Dopo aver spruzzato del deodorante nelle scarpe da ginnastica e averle allacciate, afferrò cellulare, occhiali da sole e chiavi di casa e del garage. Bevve un bicchiere d’acqua fresca dal frigorifero, addentò una pera e si precipitò in macchina.
Una decina di minuti bastarono per raggiungere il punto in cui aveva nascosto la borsa. La strada, fortunatamente, era sgombra. Durante il tragitto, Alessio sintonizzò l’autoradio sui canali locali, cercando freneticamente notizie di cronaca, ma non trovò nulla che facesse riferimento al denaro.
Sapeva che il sole sarebbe tramontato intorno alle 20:45, ma erano appena le 19. A quell’ora, il traffico sulla strada per la litoranea era intenso: i bagnanti tornavano dalle spiagge. Recuperare la borsa in quel momento sarebbe stato rischioso; troppi automobilisti avrebbero potuto notarlo fermo sul ciglio della strada.
Alessio era impaziente e preoccupato. Non riusciva a scacciare il pensiero che qualcuno potesse aver visto o preso la borsa. Percorse avanti e indietro quel tratto di strada, effettuando una manovra a "U" a Torre Colimena e risalendo verso Avetrana. Ripeté il tragitto lentamente una decina di volte, osservando a distanza il nascondiglio. Ogni passaggio gli permetteva di tirare un sospiro di sollievo, rassicurandolo. Tuttavia, l’ansia cresceva durante quello snervante andirivieni, finché l’oscurità non avvolse completamente la serata, ormai rischiarata solo dalle stelle. Guardò l’orologio: erano le 21.
In uno degli ultimi passaggi, notò con soddisfazione un tratturo a circa cinquanta metri dal nascondiglio, che si inoltrava in un uliveto. Il passaggio era libero. Alessio pensò che avrebbe potuto parcheggiare l’auto lì senza essere notato e raggiungere a piedi il luogo dove aveva occultato la borsa.
Si accertò che non ci fossero veicoli né dallo specchietto retrovisore né attraverso il parabrezza. La strada era deserta. Spense i fari e svoltò nel tratturo, percorrendo un centinaio di metri prima di fermare l’auto. Con la torcia dello smartphone rivolta verso il terreno, si fece strada tra gli arbusti.
Non fu difficile raggiungere il fico e il piccolo mucchio di macchia mediterranea.
Alessio si avvicinò all’albero, colse un frutto e lo mangiò avidamente. Poi spostò alcuni rami di un arbusto: la borsa era ancora lì, con i soldi intatti. Tirò un respiro profondo e, stringendo il prezioso carico con una mano, si incamminò verso la macchina.
A retromarcia, con i fari spenti, si reimmise sulla strada principale, deserta. Non avvistò luci né sentì rombi di motori in lontananza, così poté proseguire senza preoccupazioni. Alessio riuscì a calmarsi e, per evitare eventuali posti di blocco della Polizia, decise di percorrere lentamente una strada secondaria.
Arrivato a casa, parcheggiò la station wagon nel garage e nascose la borsa sotto una catasta di legna. Era fatta! Quel segreto rimase solo suo: non lo rivelò né alla moglie né al figlio dodicenne. Non contò le banconote e non seppe mai l’esatta quantità di denaro trovata. Nei giorni successivi, continuò a seguire i notiziari regionali, ma non ci furono comunicati riguardanti quei soldi. Questo lo tranquillizzò da un lato, ma dall’altro lo lasciò perplesso, incapace di trovare una risposta.
Walter Pasanisi
Fine prima parte