lunedì 23 settembre 2024


27/01/2009 21:09:10 - Manduria - Cultura

Quanto mai attuale il tema del convegno: «Coloro che fecero finta di non sapere»

 
Ricordare. Per non cedere all’oblio, che induce ad anestetizzare gli anni che passano e, con loro, anche alcuni eventi che hanno segnato la storia dell’umanità.
Anche il liceo classico e scientifico “De Sanctis” di Manduria ha voluto onorare, stamani, “La giornata della memoria”. A più di sessant’anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, dove, tra il 1942 e il 1945, trovarono la morte circa un milione e mezzo di esseri umani: uomini, donne, bambini, per il novanta per cento ebrei, ma anche oppositori politici, zingari ed omosessuali. E lo ha fatto facendo salire, sulla scena, gli stessi studenti del liceo classico e del liceo scientifico, che hanno rappresentato, nell’auditorium del “De Sanctis” il processo al generale Hoss, con testi tratti dall’interrogatorio cui fu sottoposto l’ufficiale nazista. Una rappresentazione toccante, alla quale hanno partecipato i seguenti studenti: Federica Zaccaria, Alessio Digiacomo e Gian Marco Cicala (nel ruolo di giudici), Eligio Calò (nel ruolo del comandante Himler), Silvia Galeone (nel ruolo della signora Himler: davvero molto brava questa studentessa), Matteo Cherubini (nel ruolo del generale Hoss), Caterina Piccini e Giuseppe Rinacute (le due voci narranti). I testi della rievocazione drammaturgica della Shoah sono stati curati dal prof. Enzo Caprino; il coordinamento è stato affidato ai prof.ri Salvatore D’Elia e Dora Passaro; mentre la regia è stata affidata al prof. Nicola Tripaldi. La rappresentazione è stata accompagnata anche dall’esecuzione e dall’interpretazione di brani e composizioni musicali rievocanti l’olocausto (al violoncello e al violini vi erano i fratelli Laura e Gjoele Micelli).
Il liceo “De Sanctis” di Manduria ha poi proposto ai propri studenti una conferenza dibattito su un tema quanto mai attuale “Coloro che fecero finta di non sapere”. Dibattito che è stato introdotto dalla dirigente scolastica, prof.ssa Rosanna Sportelli.
«E’ doveroso ricordare la Shoah per evitare che il mondo possa ancora assistere a tragedie così grandi» ha affermato la prof.ssa Sportelli, dopo aver plaudito ai protagonisti della rappresentazione. «Le finalità di queste iniziativa sono tre: ricordare l'olocausto, le leggi razziali, le persecuzioni nei confronti degli ebrei, le deportazioni; riflettere sul tema della costruzione della democrazia e sulla pace nel mondo; praticare una cultura che rispetti i diritti umani perchè quanto è avvenuto non si ripeta più. Il tema del dibattito, “Coloro che fecero finta di non sapere”, ci invita, poi, ad indagare su un aspetto di questa tragedia. Il titolo presuppone che vi siano stati non solo i carnefici e le vittime, ma anche i fiancheggiatori. Un dibattito che porterà nuove conoscenze per i nostri studenti, che presto andranno a visitare il campo di concentramento di Auschwitz».
Il dibattito ha poi registrato l’intervento del sindaco di Manduria, dott. Francesco Massaro il quale ha inizialmente ricordato come la città messapica abbia avuto fra i suoi concittadini una sopravvissuta di Auschwitz, Elisa Springer.
«Apprezzo lo sforzo che ha compiuto questa scuola, che ha voluto rievocare questa brutta pagina della storia ponendo, come protagonisti diretti, proprio gli studenti e i docenti» è stata la premessa del dott. Massaro. «Oggi vi è il pericolo che ci possa essere la deriva del professionismo del ricordo della Shoah. E per rievocare questo enorme dramma, io ho apprezzato di più la rappresentazione drammaturgia del liceo “De Sanctis”, rispetto all’iniziativa del Treno della Memoria, che tanto è costato, della Regione Puglia. Così come ritengo sia importante che i ragazzi possano vivere una esperienza pratica e diretta ad Auschwitz».
Poi, accostandosi al tema, ha del tutto escluso che la gemmazione antigiudaica potesse essere stata condivisa dal Vaticano,
«Il tema del dibattito ha un titolo forte, che postula due cose: che in quel tempo vi fossero in Europa tante persone che avevano perfetta conoscenza e coscienza di ciò che accadeva e che, quindi, non sono poi intervenuti. Non dobbiamo dimenticare, però, cosa fosse l’Europa in quei tempi, soprattutto a livello della comunicazione, che era scarsa e per giunta rigidamente controllata da chi non voleva che determinate notizie circolassero. Quanto si sapeva allora? E a che livello era giunto il grado di conoscenza dei fatti? Ultimamente è stato attaccato il pontefice di allora, Pio XXII. Io non credo che la Chiesa non sia scesa in campo per una sorta di risentimento ebraico che pure aveva attraversato parte della coscienza cristiana. Anche perché ci sono stati tanti esempi (uno di questi è don Sturzo) di sacerdoti che lottarono per modelli culturali e sociali diversi e alternativi. Cosa fare per il futuro? E’ importante la veicolazione della cultura e il passaggio delle idee, che possono molto di più rispetto a quando, con la forza, si vuole imporre la democrazia in Paesi che non la vogliono».
E’ stata poi la volta del docente di Sociologia dell’Università del Salento, prof. Vito D’Armento, che ha ricordato brutali episodi dell’olocausto (come l’impiccagione di un adolescente mostrata a tutti i prigionieri del campo di concentramento) per indurre alla riflessione, anche in un silenzio “assordante” che tanto può.
«E’ il momento di ricordare tutte le vittime dell’arroganza da strapotere che viene esercitato a danno dei popoli» ha poi concluso il prof. D’Armento..
Il cuore del convegno è stata, infine, la dotta e puntuale relazione del docente di Filosofia del “De Sanctis”, prof. Enzo Caprino, una vera lezione di storia con la quale ha preso per mano gli studenti presenti per vivisezionare una delle pagine più tristi della storia.
«La distruzione degli Ebrei, in Europea, inizia nel 1933 per terminare nel 1945» è stata la premessa storica del prof. Caprino. «Iniziò in Germania per poi inghiottire buona parte del continente europeo. La storiografia sulla Shoah è sterminata. C’è persino la corrente negazionista: ma si tratta di sciocchezze. C’è poi quella revisionista, che va studiata più a fondo: si tratta di storici che cercano di attenuare la responsabilità della Germania. Io credo che alla base di tutto il dramma ci sia la polizia nazionalsocialista della Germania».
Poi il prof. Caprino ha tracciato il quadro dei “protagonisti” di quelle vicende.
«A partecipare alla Shoah furono i carnefici, le vittime e i spettatori: sono tre gruppi distinti che non si fusero mai. Iniziamo dai carnefici. L’architetto supremo dell’operazione fu Hitler. Ma al suo fianco vi fu un vasto esercito di funzionari, che agirono nell’ombra: alcuni zelanti e alcuni che manifestarono dei dubbi. Fra i dirigenti zelanti vi furono tanti avvocati e medici: per loro si trattava di una sorta di missione, parte integrante della propria posizione e dei propri compiti. Ai tedeschi si affiancarono quindi i governi satelliti e pertanto l’apparato divenne internazionale.
Inizialmente vi fu un boicottaggio dei negozi degli ebrei, poi, con la Legge di Norimberga, si iniziarono a isolare gli ebrei, gli zingari (definiti alieni) e gli avversari politici. Ma Hitler non spinse subito a fondo l’acceleratore: sapeva che nel 1936 Berlino avrebbe dovuto ospitare i Giochi Olimpici e, quindi, volle evitare ripercussioni. Dopo il 1936 la persecuzione agli ebrei prese vigore. Inizialmente si tentò di mandarli via, chiaramente obbligandoli a lasciare tutto. Così come fece Mussolini dopo il ’38: solo che dall’Italia potevano partire non più di 10 ebrei al giorno. Quindi iniziò il programma di “arianizzazione”, che prese il via con “la notte dei cristalli”, che in Germania definirono, più … poeticamente, la “notte dei vetri infranti”. Dopo il ’38 si iniziarono a concentrare gli ebrei nei ghetti».
Il prof. Caprino ha quindi iniziato a soffermarsi sul secondo gruppo: le vittime.
«Il destino comune, per loro, fu la morte. Una minoranza di ebrei non si adattò a quella realtà di privazioni e di stenti: alcuni preferirono il suicidio, altri si rifugiarono nelle campagne».
Carnefici, vittime e, quindi, spettatori: ovvero il cuore del tema affrontato dal prof. Caprino.
«Tutti coloro che vissero in Europa, in quel periodo, furono spettatori. In Italia la legge razziale, come ha sostenuto anche lo storico Renzo De Felice, fu applicata all’acqua di rose: Mussolini voleva solo mandarli via. Solo dopo l’arrivo dei tedeschi in Italia partì da Roma un treno con 7.000 ebrei verso i campi di concentramento. Comunque, in Europa, tutti sapevano cosa stesse succedendo. Tutti furono spettatori. Alcuni anche per trarne dei vantaggi. In pochi aiutarono gli ebrei. I Paesi non occupati, come la Gran Bretagna, gli Usa e la Palestina, ricevevano le invocazioni di aiuto da parte degli ebrei, che posero il problema. Ma a queste nazioni ritornava utile convincersi di essere impotenti di fronte a quel dramma. Peraltro per Gran Bretagna e Usa il problema degli ebrei non era prioritario. Avevano programmi diversi, più vicini a quello che oggi definiamo real politik. Per loro era fondamentale difendere la loro isola o il loro territorio, annientando i nemici. Il problema degli ebrei era ritenuto secondario. I Paesi neutrali, infine, non assunsero alcuna iniziativa. Restano quindi le Chiese, che erano al corrente di quanto stesse succedendo, anche perché gli stessi ebrei vi si rivolgevano alla ricerca di aiuto. La Chiesa Luterana, in Germania, era in una sorta di acquiescenza, al contrario di quanto avvenne in Danimarca. In Olanda la Chiesa protestante e quella Cattolica incontrarono il governo tedesco e finirono per accettare la sua proposta: gli ebrei cristiani non sarebbero stati deportati, ma a condizione che le Chiese non avessero parlato del problema».
E in Italia?
«Pio XII si mostrò riluttante a compiere qualunque gesto, anche se nella notte del Natale del 1942 vi fu un velato accenno all’olocausto, ma evitò di nominare il governo nazista. Decise di non condannare mai quelle atrocità al fine di  mantenere una posizione di equilibrio perché, se avesse stigmatizzato i nazisti, avrebbe legittimato i comunisti russi».
Quindi la conclusione.
«Il secolo scorso subì tre grandi malattie: il comunismo, il nazismo e il fascismo. Malattie che hanno distrutto l’Europa e ancora stenta a riprendersi. Il pericolo arriva da queste forme di fondamentalismo e di totalitarismo. Ma occorre porre attenzione pure agli utopisti, che sono reazionari: diffidate dai modelli di paradiso in terra che vi propongono, di solito riservano, in realtà, sempre l’inferno».
Nella galleria le foto della rievocazione drammaturgica.










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