In tre si sta meglio...
C’è ormai aria da guerra punica tra la Procura di Taranto, i Misseri e la Cassazione. L’arresto di Mimina completa il quadro del complotto di famiglia ordito ai danni della povera Sarah, uccisa non per caso o incidente, ma volontariamente. Tutta la verità del Caso Scazzi nelle 90 pagine del GIP che lubrificano i nostri neuroni che per mesi sono stati impegnati nella caccia al killer, o ai killer.
Delitto formato famiglia dunque, con tanto di ossessivo, oppressivo e reiterato tentativo di lavare i panni in casa per salvare la pelle a Sabrina, rosa, sino ad uccidere per l’insidioso tarlo della gelosia per Ivano che avrebbe scatenato la sua furia omicida, alla presenza di sua madre impassibile tra le 14 e le 14:30 minuto più minuto meno con tanto di posto in prima fila nell’omicidio senza batter ciglio.
Mentre si attende per lunedì 30 maggio, l’interrogatorio di garanzia tra la Procura e le due donne, per fissare e convalidare l’arresto, si appesantisce il quadro accusatorio ai danni di Sabrina, indicata dal GIP come l’unica e sola responsabile della morte della cugina, premeditando l’omicidio, depistando le indagini, occultando il cadavere, e sequestrando la piccola Sarah.
Carico anche il fardello per mamma Mimina: concorso in omicidio, occultamento di cadavere e sequestro di persona.
La verità tutta nei telefonini, uno scambio tra sms, e un giro di telefonate che aggancerebbero nello stesso istante e durata di tempo, e soprattutto luogo, compatibili con il momento del delitto, le stesse celle, in particolare quelle di Sabrina e Mimina, entrambe all’interno del garage, dove avrebbero trasportato il cadavere della ragazza subito dopo averla uccisa con una cintura in casa, mettendo nei guai il povero Michele, richiamato dalla campagna per sbarazzarsi del corpo di Sarah ed assumere il ruolo di vittima olocausto, e di mostro pedofilo per scelta nell’esclusivo interesse delle sue donne di casa esponendosi al linciaggio ed ala gogna mediatica.
Quindi i conti tornano, e torna il collage della dinamica omicidiaria che ci aveva vincolato da quasi un anno al gioco delle indagini dilettanti infruttuose della riffa horror dalla Sicilia a Bolzano.
Tutto da definire il futuro di Michele, ovvio o quasi, quello delle due donne, chiamate a condividere l'esperienza del family prison, unico caso nella letteratura della gang killer. Intercettazioni ambientali, in parte deviate con l’uso di pizzini, depistaggi, analisi scientifiche e riscontri di ROS e RIS, a breve infatti si attendono quelli sul compressore, che parrebbe contenere tracce schiacciante sull’omicidio, high-tech della tecnologia per misurare durata e mappa degli spostamenti, e per tracciare la map road dell’intrigo dell’affair Misseri & Spagnolo, testimoni rivoltati come un calzino, per lasciare solo 90 pagine, poca roba rispetto alle migliaia di certi casi, che bastano a fare del caso Scazzi, il caso del millennio, per complessità dell’inchiesta, peri il delicato ruolo dei protagonisti.
Galeotto l’intervento della Cassazione, che dopo avere detto stop ai rebus, stringe i bulloni alla Procura di Taranto che proprio non ci sta a farsi bacchettare, dimostrando nelle ultime ventiquattr’ore di aver avuto le idee chiare sulla vicenda sin da subito. Serpeggia però il sospetto che ci sia molto altro da definire e molti altri da richiamare all’appello per completare il complotto del segreto di Pulcinella, da scherzo da Carnevale, e che avrebbe fatto ipotizzare che l’arresto plateale di mamma Cosima sia un ennesimo ed estremo tentativo della Procura di Taranto di mettere con le spalle al muro Sabrina, perché parli una volta per sempre salvando madre e padre.
Una vita di stenti, chiosati nell’ultima giornata di lavoro di Mimina, che pur sapendo dell’arresto si rifugia nella sua campagna, sin dalle 5 della mattina, perché le abitudini
sono dure a morire, forse un addio ai monti di manzoniana memoria per dire addio a quella vita di stenti e sacrifici passati per la Germania e il suo camposanto, e le lunghe ore di lavoro tra i solchi e le zolle di terra, per garantirsi un qualche welfare familiare, distrutto in un attimo per il surplus ormonale di una ragazza che non avrebbe saputo tenere a bada gli ormoni e le mani.
Quanta tristezza nella standing ovation dell’arresto di mamma Mimina, plateale quanto la première di un teatro, sconvolgente quanto la consapevolezza che il detto non guardare la pagliuzza dell’occhio del fratello, ma guarda la trave che è nel tuo, è un ricordo sempre più lontano.
Fare il lavoro del giudice è bello almeno quanto difficile giudicare sé stessi.
Riposi Sarah nella verità, restino allo specchio immobili per l'eternità a contemplare i propri errori gli assassini, riprendiamoci il senso della misura, ritirando l’indice che ci ha reso guardoni e padroni della vita altrui.
Mimmo Palummieri