«Ora voglio giustizia per la mia Carmela»
A Carmela avevano già rubato l’infanzia e l’adolescenza. Era stata internata in vari istituti di recupero, lontano dai sogni. Lontano dal mondo. Carmela si è tolta la vita a 13 anni lanciandosi dal terrazzino al settimo piano di uno stabile del quartiere “Paolo VI”. Era stata violentata per due volte nel giro di pochi giorni, ma nessuno le credeva. Le avevano rubato la dignità. Le avevano calpestato il futuro. Le avevano lasciato la vergogna. Le avevano cancellato il sorriso. Carmela è morta di domenica, la sera del 15 aprile del 2007. Era in casa di amici dei suoi genitori e aveva seguito in tv un dibattito sul bullismo e sul caso di un ragazzo che si era suicidato qualche giorno prima a Torino. Disse che doveva andare in bagno e invece si lasciò cadere dal balcone. Un volo verso l’eternità.
Tre uomini, due siciliani e un tarantino, sono stati rinviati a giudizio molto tempo dopo la sua morte per abusi sessuali sulla tredicenne. Altri due imputati, minorenni all'epoca dei fatti, hanno ottenuto la "messa alla prova", un programma di reinserimento nella società che uccide il processo e mortifica le aspettative di giustizia dei familiari di chi ha subito anche reati gravissimi come lo stupro.
Ora c’è un libro-denuncia, «IoSòCarmela ...violentata dagli "uomini"... uccisa dallo "Stato"... oltraggiata dalla "giustizia"» (la presentazione nella foto), scritto da Alfonso Frassanito, patrigno della ragazzina e fondatore dell’omonima associazione, che vuole stanare la verità su un caso giudiziario che evidentemente non ha avuto i palcoscenici mediatici del delitto di Avetrana. Non ci sono né plastici né talk show, né telecamere nascoste. Carmela era una ragazza difficile. Il suo padre naturale morì quando lei aveva solo un anno. Raccontava le sue inquietudini in un diario. Aveva detto ai genitori di essere stata molestata da un sottufficiale di Marina nel 2004 ma l’inchiesta avviata dalla procura dopo la denuncia si risolse in un’archiviazione. Avranno pensato: “sono solo le fantasie di una ragazzina”. Ma Carmela, dopo quell’esperienza, non era più la stessa. La guardavano con diffidenza. Le avevano impresso un marchio. Carmela dicevano che spesso inventava le cose, che non aveva la completa padronanza di sé, che per tutti era «quella che ci stava».
Il libro «IoSòCarmela» è stato presentato il 4 novembre nella biblioteca comunale di Taranto. Proprio in quella data Carmela avrebbe dovuto compiere 18 anni. «L'unico regalo che ormai possiamo farle – afferma Alfonso Frassanito - è proprio questo, dare un senso alla sua tragica scomparsa facendo in modo che il suo sacrificio non resti vano. È arrivato il momento di rompere il silenzio e raccontare come è stata gestita realmente la triste vicenda di nostra figlia, di come è stata di fatto spinta da quel maledettissimo settimo piano, di come le istituzioni l'hanno trattata prima e dopo la sua morte». Nella crudezza delle parole c’è dolore, c’è sofferenza. Ma anche indignazione.
Della vicenda giudiziaria hanno discusso la criminologa Roberta Bruzzone, consulente di parte, e l’avv. Flaviano Boccasini, legale della famiglia. Il processo a carico dei tre maggiorenni accusati di aver stuprato la ragazzina proseguirà il 9 dicembre. Devastati dal dolore, i genitori continuano a vedere gli aggressori della ragazzina girare liberamente. «Il libro – spiega Alfonso Frassanito – cerca di raccontare quello che in aula si cerca di evitare di raccontare, la verità su quello che è accaduto e il nostro bisogno di giustizia».
Una mattina di novembre del 2006 Carmela fuggì da casa. La ritrovarono dopo cinque giorni in un vicolo della città vecchia. Era stata drogata con anfetamine e violentata in più occasioni e in luoghi diversi. Lei aveva già manifestato a scuola un moto di ribellione, ma proprio questo episodio spingerà il Tribunale per i minorenni ad affidare la tredicenne al centro di accoglienza «L' Aurora» di Lecce. Dopo circa tre mesi, la ragazzina fu trasferita nel centro «Il Sipario», a Gravina di Puglia, diventato famoso per aver ospitato Ciccio e Tore Pappalardi, i fratellini scomparsi il 5 giugno del 2006 e ritrovati nel 2008 nel fondo di una cisterna. Carmela aveva manifestato in vario modo la sua disperazione, ma era stata classificata come “soggetto con problematiche psichiatriche”. E con la scusa di volerla calmare la imbottivano di psicofarmaci.
«In Tribunale – racconta Frassanito - l'avvocato di uno degli stupratori ha chiamato Carmela "prostituta". Insomma, era quella che ci stava. E da vittima si trasforma ora nell'unica vera imputata. Vogliamo che non sia violentata anche la sua memoria. Abbiamo un nodo al cuore. Quel nodo che la giustizia non riesce a sciogliere».