«Utilizzare le acque in eccedenza per arginare l’avanzare di acqua salata nelle falde o per portare acqua all’invaso Pappadai»
Coniugare lo sviluppo socio-economico con la gestione sostenibile delle risorse ambientali.
E’ l’obiettivo che le comunità del versante orientale della provincia perseguono. Per centrarlo, chiedono “lumi” ai tecnici del settore. Sinora sono circolate tantissime ipotesi alternative allo scarico a mare del progettato depuratore consortile (dalla fitodepurazione alle trincee drenanti proposte anche l’altro ieri da Manduria, dal ripristino dello scarico in falda al riuso in agricoltura delle acque sanificate), ma tutte si scontrano con un problema che, allo stato attuale, sembrerebbe insormontabile: come gestire, nei periodi piovosi, il “troppo pieno”? Per l’Acquedotto Pugliese c’è bisogno comunque di prevedere una soluzione per i periodi in cui gli invasi di stoccaggio siano colmi, indicando come ottimale quella dello scarico a mare.
Delle indicazioni molto interessanti sono arrivate, l’altro ieri, da Mario Del Prete, geologo e docente universitario. Pur bacchettando gli enti pubblici (per lo più i Comuni) per il livello di inquinamento che si registra nelle acque del mare a fine estate («Mai nessuno analizza le acque a fine agosto?»), ha dimostrando, avvalendosi di slide e facendo riferimento costante alle normative vigenti, che sarebbe una follia sprecare tutte le acque reflue del depuratore consortile.
«Questa zona della Puglia, sia per l’aumento delle temperature medie, sia per le diminuzioni delle precipitazioni, è a rischio di desertificazione» ha fatto notare Del Prete. «Inoltre, l’innalzamento del livello del mare, sta portando sempre più alla salinizzazione delle acque della falda, con la conseguente morte delle piante».
Dopo essersi soffermato sulla situazione a livello ambientale e dopo aver illustrato le varie leggi in vigore in materia, Mario Del Prete, docente all’Università di Potenza, ha esposto le sue idee.
«La mia proposta è quella di potenziare il depuratore di Manduria, di recuperare a fini irrigui le acque del nuovo depuratore, di prevedere siti di stoccaggio delle acque in cave abbandonate e di immettere nel sottosuolo, a poca distanza dal mare, le acque in eccedenza, per tentare di arginare l’ingresso di acqua salata nelle falde» ha spiegato il prof. Del Prete. «E’ importante bloccare l’avanzata delle acque salate. La mia idea è uno strumento per farlo».
Poi Del Prete ha fatto riferimento ad un’altra possibilità di utilizzo delle acque sanificate.
«Ricordate l’invaso Pappadai costruito per far fronte alla siccità? E’ costato ben 150 milioni di euro, ma da vent’anni è senz’acqua. Perché non dirottare in quest’invaso le acque sanificate eccedenti del depuratore consortile di Manduria e Sava? Si smetta, comunque, di maltrattare genti e terre con proposte frettolose e inadeguate».