L’intervista al preside Pietro Di Noi
Un’assemblea di tutti gli studenti per riflettere sul vile gesto costato la vita alla sedicenne ragazza mesagnese Melissa Bassi e per esprimere la solidarietà alla famiglia colpita da questo lutto e ai coetanei della scuola brindisina.
A convocare l’assemblea, ieri mattina, è stato direttamente il capo d’istituto dell’istituto professionale per i servizi sociali (con indirizzi anche per “abbigliamento e moda” e “chimico-biologico”), “Giovanni Falcone”, il dirigente scolastico Pietro Di Noi. Una scuola praticamente gemella di quella di Brindisi, la cui area esterna è stata teatro, sabato mattina, del tragico atto criminoso. Quella adriatica è stata intitolata alla moglie del magistrato che perse la vita venti anni fa nella strage di Capaci, mentre quella savese è stata dedicata a Giovanni Falcone.
Scuola, proprio come quella di Brindisi, molto impegnata nei progetti a favore della legalità, accanto all’associazione Libera.
«Proprio giovedì scorso siamo stati a Castel Volturno, in provincia di Caserta, per presenziare all’inaugurazione di una azienda lattiero-casearia nata all’interno di una struttura confiscata alla camorra e che ora sarà gestita da “Libera Terra”» ricorda il dirigente scolastico Di Noi. «Azienda, intitolata a don Diana, che produrrà mozzarella di bufala. In quella circostanza è stato presente anche don Ciotti. I nostri ragazzi sono stati impegnati in un progetto Pon sulle Eco Mafie biennale, che ci ha portati, lo scorso anno, a visitare Palermo, Corleone (abbiamo visitato una villa confiscata a Liggio e trasformata in caserma della Guardia di Finanza) e Cinisi (quest’ultimo il Comune di Peppino Impastato). Si tratta di percorsi sulla legalità che tante scuole sposano. E’ importante sensibilizzare i ragazzi sul concetto della legalità, ma è anche fondamentale che siano gli adulti a dare il buon esempio agli studenti…Altrimenti il lavoro della scuola viene vanificato».
Di Noi ricorda quei minuti terribili di sabato mattina ed esprime alcune sue convinzioni sull’accaduto.
«Ho ricevuto, pochi minuti dopo la notizia dell’attentato, la telefonata del comandante della caserma dei Carabinieri di Sava, il maresciallo Quaranta, il quale mi preannunciava di aver disposto l’intervento di ispezione della struttura scolastica. Io credo che la matrice dell’attentato di Brindisi non sia mafiosa. La mafia non ricorre alle bombole del gas, ma dispone del materiale esplodente plastico. E’ più plausibile che si sia trattato di un gravissimo e sconsiderato gesto di qualche folle. Solo anche convinto che si sia trattato di un episodio isolato. Sia la nostra popolazione scolastica (in prima linea per la legalità e con una denominazione simile a quella di Brindisi), sia tutti gli altri studenti italiani, impegnati a completare l’anno scolastico, possono recarsi con la massima tranquillità nelle proprie scuole».