«In Italia c’è poca ricerca e non si premia la meritocrazia»
Poca ricerca in un sistema scolastico in cui, peraltro, si privilegiano gli studi umanistici a quelli scientifici e tecnologici.
Sono alcuni dei concetti rimarcati dal giovane ingegnere medico di Avetrana, la dott.ssa Laura Chirico, nel corso di un incontro avuto con gli studenti dell’istituto “Del Prete” di Sava, che frequentano un laboratorio di comunicazione giornalistica (la docente referente è la prof.ssa Rosa Soloperto).
«In un Paese in cui ci sono stati tantissimi esempi di grandi scienziati ed ingegneri, funziona un sistema scolastico basato sugli studi umanistici» ha premesso la dott.ssa Chirico. «Poi, per chi sceglie degli studi scientifici, c’è pochissimo spazio per la ricerca. E, spesso, si è costretti ad andare all’estero».
Già, la ricerca: quella pubblica viene sempre più sacrificata allorquando occorre intervenire per far quadrare i conti; quella privata, invece, è ispira da un principio molto materiale.
«Quella privata deve rispondere alla legge del profitto: la ricerca deve assicurarle un prodotto remunerativo» ha fatto notare la dott.ssa Chirico. «Quella pubblica c’è e, in molti casi, è anche di alto livello. La visione negativa della ricerca pubblica viene generata solo dagli sprechi che in Italia ci sono. Va anche sottolineato come, nel nostro Paese, ci siano pochi collegamenti fra Università e laboratori. Io, ad esempio, ho iniziato a fare le prime esperienze pratiche dopo la laurea».
Esperienze che hanno portato la dott.ssa Chirico a girare il mondo.
«Dopo aver ottenuto la laurea, un docente di Biologia mi ha offerto l’inserimento in un progetto in Africa, nel Camerum in particolare. Si trattava di un progetto di trasferimento di tecnologie e per la manutenzione della strumentazione che rileva e controlla il virus dell’HIV. Lì le strutture sono inadeguate e i risultati delle analisi inaffidabili. Mi ha molto colpito una scelta sanitaria di quel Paese: davanti a tanti casi di HIV, si curano prima i medici, quindi gli infermieri, poi i capofamiglia, quindi i bambini. Inizialmente non riuscivo a capire e giustificare questa scelta. Poi ho compreso che c’è bisogno di medici per curare altri casi. E che non avrebbe senso avere un bambini orfano se poi non c’è più la sua famiglia. E’ duro accettare questa logica, soprattutto se si proviene da un Paese in cui vige un sistema sanitario che, sinora, garantisce tutto a tutti (ma presto l’Italia potrebbe trovarsi a non garantire più tutti i servizi)».
Dopo essersi soffermata anche sul sistema sanitario nazionale, che vede ai vertici dirigenti non scelti attraverso una selezione meritocratica, ma espressione di nomina politica, l’ing. Chirico ha riferito agli studenti savesi di un’altra sua esperienza all’estero, che non è possibile vivere in Italia.
«Sono stata in Francia per partecipare a “corsi su cadavere”, che in Italia sono illegali. Questi corsi sono molto importanti poichè permettono di fare pratica, di essere pronti a lavorare sul campo»..
Inevitabile, infine, la domanda sui limiti etici per un ingegnere biomedico.
«Dal punto di vista etico credo che il dibattito sia indispensabile. É sbagliato accettare passivamente, però, i limiti imposti dall’esterno, anche perchè non vedo nulla di sbagliato nella ricerca se si tiene sempre presente il rispetto per la persona umana».
Nella galleria altre foto dell’incontro.