martedì 26 novembre 2024


08/07/2012 20:31:29 - Provincia di Taranto - Attualità

Ecco l’intervista ad Aniello Diana, allenatore della squadra di basket in carrozzina Taras Tema.

 
Quando e come è arrivato a diventare l’allenatore di questa particolarissima squadra?
«Io ho 56 anni, sono ufficiale di Marina in congedo. Ho iniziato a praticare sport agonistico nel lontano 1972, con il canottaggio. Ho partecipato a varie gare nazionali ed internazionali, molte volte classificandomi in piazza d’onore. Tra 1972 1982 mi sono avvicinato al basket per caso. Il nostro allenatore di canottaggio molte volte, invece di correre, ci faceva giocare a basket, che era sicuramente più divertente. Così nacque la passione per la pallacanestro. Nel 1985 ho subito un incidente di gioco: rottura dei legamenti del ginocchio. Così sono finiti i sogni del basket. Ho fatto l’arbitro di basket per 5 anni, poi fui avvicinato del presidente di una squadra di basket in carrozzina che mi chiedeva se volessi provare con il basket in carrozzina. Da li è partito tutto».
Da quanto tempo allena questa squadra?
«Un anno».
L’età dei ragazzi ed il numero dei componenti?
«Da 7 a 43 anni»
Ci descriva la squadra.
«Squadra formata da 27 elementi di varie età, che fino ad un anno fa non si conoscevano. Ora sono dei veri amici: tra loro si incontrano anche fuori da basket. Questo è un obiettivo che mi ero prefissato».
Quante volte vi allenate e dove?
«Tre volte a settima al palazzetto dello sport Palafiom di Taranto».
Aveva mai avuto altre esperienze relative allo sport per diversamente abili?
«No».
Che cosa le ha dato più grandi soddisfazioni?
«Il terzo posto conseguito nel campionato nazionale di serie B 2011/2012».
Quali sono i progetti per il futuro della squadra?
«Continuare con il minibasket».
Quali sono le più grandi difficoltà che lei incontra e che i ragazzi incontrano nel corso dell’allenamento e delle partite?
«Ogni ragazzo ha una storia da raccontare».
Sicuramente le capiterà di fare, oltre che da allenatore, anche da life coach: quali sono i consigli più frequenti che le capita di dover dare?
«Dare il massimo delle proprie possibilità».
Come sono i rapporti con le istituzioni?
«La Regione è latitante. La Provincia promette e poi sparisce. Il Comune ci sta portando alla chiusura dell’associazione. Ho partecipato ad un progetto per richiesta fondi. Mi ha assegnato 4.800 euro, ma dopo 2 mesi mi manda una lettera che recita: “visto che ci siamo sbagliati, la sua associazione deve restituire entro 15 giorni 3.300 euro”. Pensi un po’ con chi abbiamo a che fare. Mentre a palestre che praticano fitness e body building, che sicuramente non fanno niente per il sociale e sicuramente lavorano con lucro, li sono stati assegnati 5.000 euro. Ma li non si sono sbagliati. Una vergogna! Ho parlato personalmente con il responsabile dei servizi sociali di Taranto. Mi ha detto: “Si, ma voi cosa fate? Restituite i soldi e basta”. Non so se ridere o piangere».
Come risponde il territorio?
«Solo un imprenditore ci supporta: il dott. Fabrizio NARDONI».
Come si è costituita la squadra e tramite chi?
«Ci siamo riuniti 5 amici con esperienza di basket in carrozzina».
In che cosa non si sente supportato nel suo impegno?
«In tutto».
Quali storie ci sono dietro i suoi ragazzi?
«Centinaia, da fare un libro».
Chi ha raggiunto risultati più insperati?
«Ho visto un bambino che ha iniziato 11 anni orsono. Attualmente gioca in A1, a Milano, e in nazionale italiana».
Che cosa le dà la forza di continuare a fare ciò che fa?
«La passione».
Qual è la cosa che l’ha ferita di più e quella che l’ha resa più orgoglioso?
«Mi hanno ferito le promesse dalle istituzioni non mantenute. Mi rendono orgogliosi i 27 ragazzi di tutta la Puglia della nostra squadra».
Che consiglio darebbe a quei ragazzi che non riescono a superare il limite dell’handicap negandosi una possibilità ?
«Basta un’ora con noi e passano tutti dubbi».
Spesso lo sport è motivo di scontro violento, talvolta anche di morte: qual è l’insegnamento che si può trarre dallo sforzo dei suoi ragazzi?
«Lo sport è rispetto e amicizia».
L’ultima parola prima di scendere in campo e la prima al rientro?
«Taras Team Taranto».
Un gesto scaramantico dei ragazzi o magari suo?
«Faccio 2 giri intorno alla panchina»
Un desiderio per la squadra?
«Poter lavorare tranquillo, senza patema d’animo, sapendo di riuscire a sopravvivere anche quest’anno».
Di che cosa ha bisogno, in termini pratici, la squadra oggi?
«Solo la vicinanza di chi crede in noi e ci vuole bene»
Quale sconfitta le brucia ancora e quale vittoria le dà ancora soddisfazione?
«La sconfitta contro il Bari e la vittoria ancora contro il Bari».
Come ha impostato il suo ruolo di allenatore?
«Il mio primo principio è il rispetto delle regole».
In che cosa non si sente supportato dalla società?
«In tutto».
Essere diversamente abili oggi vuol dire?
«Lavorare lavorare lavorare e credere nei propri mezzi».
Associ un’immagine al suo impegno: quale sarebbe e perché potrebbe servire a chi legge a meglio comprendere il suo sforzo?
«Solo il pensiero di togliere dalle mani di un bambino diversamente abile, il mouse -joistik-telecomando e portarlo in palestra».
Ieri handicap voleva dire condanna a vita. Oggi secondo lei?
«Attenzione, attenzione, attenzione».
Grazie a lei, ed un forte in bocca la lupo per i ragazzi.
 
Mimmo Palummieri










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