Il consigliere regionale: «La giornata dell’altro ieri, pur nella sua tragicità, possa rappresentare l’inizio di una “nuova era”»
«I provvedimenti della magistratura non si commentano! Laddove non condivisi, si impugnano dinanzi le competenti sedi, come previsto dall’Ordinamento democratico della nostra Nazione.
Ciò posto non possiamo ignorare la gravità della drammatica situazione che Taranto, e l’intera comunità jonica, vive in queste ore.
A tal proposito esprimo la più grande solidarietà per i lavoratori dell’ILVA e delle aziende dello indotto siderurgico che vedono in pericolo il loro posto di lavoro e, con esso, la loro esistenza.
Più in generale, come già espresso in Consiglio regionale in occasione dell’approvazione dell’ultima Legge su Taranto, ritengo che la giornata dell’altro ieri, pur nella sua tragicità, possa rappresentare l’inizio di una “nuova era”.
In passato i passaggi fondamentali della storia recente di Taranto, quelli che hanno inciso profondamente sull’economia e sul tessuto sociale della Città, infatti, sono sempre stati “etero diretti”, ovvero decisi altrove, in particolare dal Governo centrale a Roma. Penso a quando, nella fine dello Ottocento, giunse a Taranto la Marina Militare che vi insediò la principale stazione navale e il maggiore arsenale, poi all’arrivo dell’Italsider, l’industria siderurgica di Stato negli anni Sessanta e, infine, alla sua trasformazione in azienda privata con la cessione ai privati.
In effetti, negli ultimi due secoli l’intera classe dirigente di Taranto, e intendo i politici, i sindacati gli imprenditori ed i professionisti tutti insieme, mai ha realmente e sino in fondo svolto il suo ruolo naturale, ovvero quello di “dirigere” una comunità “gestendo” il presente e “determinando” il futuro.
Ora è arrivato il momento che tutta la classe dirigente di Taranto svolga finalmente questo ruolo, cioè quello di progettare il futuro della Comunità senza influenze esterne, senza “delegare a qualcuno” a Roma le decisioni.
Eppure, purtroppo, sento ancora i responsabili della cosa pubblica tarantina dichiarare che debba essere “Roma”, ovvero il Governo, a dover trovare le soluzioni al “problema Taranto”.
Condivido che sia lo Stato italiano a dover sostenere gli oneri per risolvere il “problema Taranto”, quale “compensazione” per l’importante tributo che, per oltre 130 anni, Taranto ha dato allo sviluppo del Paese; non si può, però, pensare che sia ancora “qualcuno a Roma” a dirci come risolvere il “problema Taranto”.
La classe dirigente tarantina deve andare sì a Roma, ma con in mano un progetto per il futuro della Comunità, un futuro che non può che passare dalla realizzazione delle bonifiche e di una più spinta ecocompatibilità delle industrie tutte.
E invece si continua ad andare a Roma senza una proposta, ma solo con il “cappello in mano” a chiedere attenzione.
Il risultato? I trecento e rotti milioni di euro elargiti ieri a Roma dal Governo che, tutti ne abbiamo contezza, sono solo una parte irrisoria dei fondi realmente necessari per le nostre bonifiche; non a caso per le bonifiche di Marghera sono stati destinati diversi miliardi di euro!
Una volta per tutte vogliamo progettare, tutti insieme, un nuovo futuro per la nostra comunità, un futuro necessariamente compatibile, non solo con l’ambiente, ma più in generale con il nuovo scenario mondiale dominato dalla globalizzazione?
Ieri “l’11 settembre” è scoccato anche a Taranto; dobbiamo imparare che non è più possibile “tirare a campare” per poi pretendere che qualcuno, ovvero il Governo centrale, si prenda la responsabilità di “etero dirigere” il nostro futuro.
Ed è ora che lo capisca chi amministra la cosa pubblica sul Territorio!».
Arnaldo Sala