«Si è parlato più di acciaio che di salute» è il commento di Fabio Matacchiera
È arrivato puntuale in Prefettura il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Ha incontrato le associazioni ambientaliste, poi il presidente di Ilva Bruno Ferrante e i custodi giudiziari della Procura.
Un lungo pomeriggio di riunioni, dopo il tavolo istituzionale a Bari, che sono servite a chiarire alcuni dubbi, lasciando però aperti altri interrogativi. Clini affronta subito il tema delle perizie della Procura della Repubblica di Taranto.
«I risultati sono stati acquisiti dal Ministero all’inizio di febbraio e hanno costituito uno dei motivi della riapertura della procedura AIA. Occorrono, però, i dati delle istituzioni pubbliche competenti in materia come l’ARPA (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente)».
L’attenzione si sposta sui contenuti dell’incontro con Ferrante.
«C’è stato un ulteriore chiarimento in merito agli impegni dell’impresa». «Auspico una convergenza di obiettivi tra le parti e invito Ilva a una maggiore collaborazione con le Istituzioni e i custodi giudiziari per raggiungere le soluzioni migliori».
Al momento, però, appare davvero difficile visto che la Procura ha inibito qualsiasi attività produttiva degli impianti sotto sequestro. Clini chiude il suo intervento con due impegni.
«Puntiamo al risanamento ambientale e all’aumento dell’occupazione e ci costituiremo parte civile nel processo contro Ilva».
E aspetta le proposte di Ilva per l’emergenza parchi minerali. Ferrante ha già fatto sapere “che la gestione attuale non è adeguata” e spiega le strategie in merito.
«Ci sono soluzioni che possono essere definite di ‘lungo termine’ e altre da prendere immediatamente. In Europa non ci sono impianti coperti, nel mondo solo la Hyundai in Corea: quindi vengono adottati cannoni tra i cumoli di minerali e sistemi di idranti intelligenti ma serve l’impermealizzazione del terreno».
«Si è parlato più di acciaio che di salute» è il primo commento di Fabio Matacchiera, presidente del Fondo Anti Diossina Taranto. Questo lascia intendere che le distanze sembrano incolmabili.
«L’Autorizzazione Ambientale Integrale – AIA – non può essere concessa a un’industria di questo genere».
E Alessandro Marescotti di Peacelink affronta la questione.
«Abbiamo ricordato al Ministro Clini che fu proprio lui, dodici anni fa, a dire che l’area a caldo dello stabilimento di Genova andava chiusa: ci ha risposto che si trattava di impianti vecchi, lontani dagli obiettivi di performance ambientali avanzate. Secondo noi, invece, ci sono forti analogie tra la situazione di Taranto e quella di Genova e se il Ministro fosse coerente, dovrebbe riconoscere che si tratta di impianti pericolosi per la salute e intraprende la stessa strada».
C’è una dichiarazione di Clini che ha fatto infuriare gli ambientalisti: «Le prescrizioni della Procura devono essere raggiungibili dall’azienda».
Marescotti non ci sta e attacca: «Questo significa che non si vuol puntare sui migliori standard europei: i limiti vanno prescritti non in funzione delle tecnologie che ci sono a Taranto ma nel rispetto della salute dei cittadini».
Clini ha però confermato che la nuova AIA comprenderà tutte le prescrizioni del Gip, anche se gli ambientalisti sottolineano con fermezza.
«Se l’AIA non prescrive riduzioni delle emissioni tali da proteggere la salute dei cittadini, per noi si configura un profilo penale».
In pratica non ci può essere la prosecuzione dei reati individuati dalla Magistratura.
Nicola Sammali