Il padre: «Al danno si aggiunge la beffa»
«Il nostro Paese ha uno strano concetto di giustizia e dopo tutto questo tempo mi ritrovo ancora qui con un pugno di mosche in mano e con le beffe che la giustizia italiana impone alle vittime, come se non bastasse il danno subito».
Inizia così una lettera di Alfonso Frassanito, presidente dell’associazione “IosòCarmela”, padre della ragazzina di 13 anni che si tolse la vita il 15 aprile del 2007 lanciandosi dal terrazzino al settimo piano di uno stabile del quartiere “Paolo VI”, a Taranto. La minore qualche mese prima era stata stuprata, ma nessuno le credeva.
«Sei anni fa, proprio il 9 novembre, Carmela – racconta Frassanito – viveva l’incubo degli stupri, durò 4 giorni il suo martirio fisico, dopo le immediate denunce iniziò il calvario ancora più lungo che le imposero proprio quelle istituzioni che invece avrebbero dovuto aiutarla e tutelarla. Questo durò lunghissimi sei mesi fino a quel 15 aprile in cui pose fine alla sua breve esistenza».
Ancora più interminabile, aggiunge il papà di Carmela, «il mio calvario, fino ad oggi sono sei gli anni di attesa senza alcun riscontro di giustizia, quella vera, da parte delle istituzioni, dello Stato, nonostante i miei innumerevoli appelli».
Venerdì prossimo è prevista un’altra udienza del processo che vede imputati tre maggiorenni accusati di aver violentato la ragazzina. «Processo – rammenta Frassanito – che dopo tutto questo tempo è ancora nella fase del primo grado».
Le associazioni “Csin onlus” (Centro servizi interdisciplinare) e «IosòCarmelà hanno proposto un disegno di legge «per l'inasprimento sostanziale e la certezza delle pene per i reati di violenza sessuale e pedofilia, per il quale si stanno raccogliendo le firme».
Anche Carmela, si sfoga Frassanito facendo un parallelo con l’attenzione riservata dagli organi di informazione all’omicidio della 15enne Sarah Scazzi, «è stata una figlia, non solo Sarah, tutti i bambini hanno diritto alla loro vita, ad avere giustizia, sempre e comunque ... non solo quando la città si trasforma in una piccola Hollywood per via del circo mediatico, ma soprattutto macabro, che si attiva solo quando si possono sfruttare gli aspetti morbosi di vicende a sfondo sessuale o da thriller»