In questo tira e molla, la parola passa ancora una volta ai magistrati
C’è molto di profano e poco di sacro a Taranto per Santa Cecilia per le ultimissime battute Ilva.
Ieri, il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante ha depositato in Procura a Taranto, insieme all’avv. Marco De Luca di Milano, un’istanza di 22 pagine nella quale chiede formalmente il dissequestro dell’area a caldo per dare compimento alle disposizioni dell’Aia riguardo agli investimenti economici da attuare per la bonifica degli impianti a maggiore dispersione delle polveri dannose alla salute dei cittadini.
In realtà il sillogismo della questione ha poco di filosofico e molto di ridicolo, un po' come quello della palla che fa goal se entra nella rete e non viceversa o se del tanto mi da tanto.
In poche parole, riassumiamo brevemente: l’AIA concederebbe i milioni di euro promessi ed in preventivo solo a condizione che la Magistratura disponga per il dissequestro di questi impianti. Il caso tipico del cane che si morde la coda da solo.
In caso contrario, la conseguenza sarebbe che l’Ilva chiuderebbe, l’AIA fuoco di paglia, gli euri! boh ! Chiaro il concetto?
Mica tanto se la questione ormai politica in tutto e per tutto resta impantanata al solito rimbalzo di responsabilità a danno sì della salute dei cittadini, ma anche delle migliaia di famiglie per le quali il Natale è tutto tranne che santo.
Va riconosciuto a Ferrante il grande sforzo di non darsi affatto per vinto, dal momento che sta dando fondo a tutte le possibilità per prevenire la chiusura del siderurgico avendo compreso che in Italia non c'è nulla di più definitivo delle disposizioni passeggere. ma il destino non lo aiuta, perchè proprio ieri è stato registrato un nuovo incidente nello stabilimento per fortuna senza conseguenze gravi.
Ormai l’ultimatum: “o il dissequestro o la chiusura”. Adesso per l’ennesima volta, parola ai magistrati....
Mimmo Palummieri