Cronaca dell’ennesimo outing di Michele Misseri
È durato circa settanta minuti, pubblicità all incusive, l’outing di Michele Misseri alla trasmissione della domenica pomeriggio, Domenica cinque, targata Mediaset, condotta dall’onnipresente Barbara D’Urso.
L’intervista, abbondantemente preannunciata nei giorni scorsi, in diretta da Avetrana, e con tanto di Ilaria Cavo in gessato, la giornalista di punta della trasmissione, si apre con una minaccia o promessa da marinaio mista ad un doveroso chiarimento da parte dello zio di Sarah: “Questa è l’ultima volta che rilascio interviste in televisione e giuro sulla parola di non aver percepito alcun compenso per essere qui”.
E questo è l’incipit. Ma, se nel nostro strano mondo il vecchio diventa vintage, le tendenze strane emo o new age, quanto affermato da Michele Misseri non poteva che seguire il déjà vu. In camicia a righe azzurrina con dietro uno sfondo di tufi in stile vecchia abitazione retrò, Michele risponde alle domande della conduttrice in pizzo fucsia, partendo da molto lontano, chiedendo esplicite delucidazioni sul luogo e sulla data di nascita dell’ospite d’onore, giusto per essere certi che si trattasse della giusta persona.
Poi, è un flusso di coscienza interminabile, in cui si avviluppano episodi contemporanei e da c’era una volta la famiglia Misseri, in stile album delle foto da vedere con i nipotini. Il papà e la mamma com’erano, dove abitavi e che cosa facevi e quando hai incontrato Cosima per la prima volta e dove…. Come mai l’hai sposata dopo soli sei mesi di fidanzamento lampo….. Insomma, senza lampada puntata al viso, si apre così la lunga intervista a Michele che subito proietta la platea del pubblico a casa e nello studio, nel macabro sospetto di abusi puntini puntini puntini, non meglio esplicitati, ma lasciati intendere da parte di non si sa di chi, che si aggiungevano alle menate del padre violento che lo puniva legandolo all’albero del casolare di Contrada Mosca dove Sarah è stata interrata per quaranta giorni nel pozzo, collocato sempre lì, in quel posto. Poi è un alternarsi di cronaca rosa, tratta dai momenti più delicati di una vita fa, una lunga rubrica in cui trovano collocazione anno per anno gli eventi belli, quasi dimenticati di sacrifici, matrimoni e nascite, sino alla cronaca nera dei nostri giorni. Una vita mille vite, condensate nelle copiose pagine di atti giudiziari da leggere con la lente di ingrandimento per evitare le manipolazioni alle manipolazione, di detti no, detti, smentite, mai smentite, non lo so ecc.
Alla fine si arriva al punto: “Come hai ucciso Sarah ?” chiede Barbara a Michele e prontamente si ripete il meglio del meglio del macabro di una scena criminis troppo complessa per essere ricostruita, troppo rapida per essere verosimile, troppo contestata per avere una scrittura definitiva. E via con le contestazioni della conduttrice come da Perry Mason del tipo dove si trovava la notte del, prima di, chi può confermare se , che con la mediazione della sua giornalista va avanti con le incertezze dei giudici, sino al momento topico dell’intervista: la promessa di passare dalla mamma di Sarah per chiedere perdono, seppur il finale sia già prevedibile come la porta chiusa che Michele sa di trovare.
E dopo aver ripetuto a lettere cubitali la sua assoluta colpevolezza, ignorata da quanti lo ascoltano e, non prima aver ricordato di essere diventato invisibile agli occhi di una comunità cittadina che lo ignora sino ad additarlo anche in chiesa, e non prima di aver scagionato familiari implicati nel processo, una più o meno palese minaccia di suicidio per pareggiare i conti con l’angelo biondo, perché così si riferisce a Sarah.
Se la sentenza della Cassazione, ultimo grado di giudizio della nostra giustizia, giudicherà colpevoli Sabrina e Cosima, “la farò finita”, dice Michele, ormai madido di pianto e sudore, con un primo piano da invidia da star hollywoodiana.
Finisce così il lento racconto dell’uomo di Avetrana, un grande lavoratore colpevole o meno, questo non sappiamo e forse non lo sapremo mai, al centro di una vicenda più grande di lui, di quelle che nessuno mai si immaginerebbe di vivere, che sovverte le abitudini di un sud abituato a coprire tutto ed a lavare in casa ogni minimo dettaglio possa finire sulla bocca di tutti, che notoriamente non perdona e spezza le ossa meglio di qualsiasi altra cosa.
E a noi, che abbiamo assistito all’estremo tentativo di un padre di salvare la figlia, o di un colpevole che chiede di pagare per il suo delitto, non resta che chinare la testa di fronte a tanto dolore, in parte diventato anche il nostro, per Sarah, la sua mamma, e sicuramente anche per Michele e la sua di famiglia, che ci spingono a guardare dentro di noi sino a trovare quella dose di piacente voyerismo che sa un po’ da buco della serratura, un po’ da dottor Jekyll e del signor Hyde.
E la tristezza continua !!!!
Mimmo Palummieri