I giudici: “Archinà deve restare in carcere”
Un affare da 25 milioni di dollari sfumato per l'Ilva per effetto di un ordine di 25.000 tonnellate di tubi prodotti Taranto annullato. Lo rende noto l'azienda in relazione alle 9.500 tonnellate sotto sequestro sulla banchina dell'area portuale di Taranto. La commessa serviva per la realizzazione di un oleodotto in Oklahoma.
L'ordine prevedeva la consegna delle 25.000 tonnellate di tubi grezzi - del valore complessivo di 25 milioni di dollari - in tre momenti differenti: la prima e la seconda tranche entro novembre 2012 e la terza tranche entro gennaio 2013. L'azienda che aveva fatto l'ordine ha fatto sapere all'Ilva che, non avendo ricevuto neanche la prima tranche del prodotto (costituita dalle 9500 tonnellate di tubi che sono sotto sequestro nell'area portuale di Taranto), l'ordine viene considerato annullato.
I giudici del Tribunale dell'Appello di Taranto, intanto, hanno detto no alla scarcerazione di Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni esterne dell'Ilva, in carcere dal 26 novembre scorso perchè accusato di disastro ambientale, corruzione e falso. Non è stato quindi accolto il ricorso presentato dalla difesa di Archinà contro il no del gip alla scarcerazione del manager o, in subordine, alla richiesta di arresti domiciliari.
Archinà è stato arrestato, insieme all'ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, nell'ambito dell'inchiesta chiamata 'ambiente svenduto'. Nella stessa inchiesta sono finiti agli arresti domiciliari l'ex consulente della Procura, Lorenzo Liberti,
al quale Archinà avrebbe consegnato una busta contenete 10mila euro in cambio di una perizia 'addomesticata' sull'inquinamento dell'Ilva e l'ex presidente del siderurgico Emilio Riva. La detenzione in carcere è stata disposta dallo stesso gip per il vice presidente di Riva Group, Fabio Riva, tutt'ora irreperibile.
Fonte: rete