venerdì 29 novembre 2024


19/01/2013 08:28:15 - Manduria - Attualità

«Da troppo tempo la produzione di energia verde da fonti rinnovabili viene sbandierata come la salvezza dall’uso dei carburanti fossili. In realtà a tutt’oggi non un solo kWh di energia da carburanti fossili è stato sostituito da energia verde»

 
«Noi componenti del Comitato Cittadino Antinucleare di Maruggio, non come cittadini spettatori passivi, ma come protagonisti attivi nel proprio territorio, riteniamo un diritto-dovere prendere parte alla discussione ed esprimere le proprie posizioni circa qualunque iniziativa volta al cambiamento sul nostro territorio.
L’impatto ambientale di qualsiasi opera non può essere limitato ad una valutazione soltanto paesaggistica o ambientale in senso stretto. Non si può scollegare un ambiente, inteso come micro e macro sistema, dal suo percorso evolutivo naturale, dal suo percorso evolutivo antropico (evolutivo o involutivo); non lo si può considerare indipendentemente dalle scelte, volute o imposte, di tipo economico e politico che ne hanno indotto le trasformazioni. Non si può valutare l’impatto di una pala eolica (e qui si parla di ben 84 megatorri di 3 MW ciascuna!) non legandolo al contesto complessivo del territorio su cui essa verrà eretta.
In tutto questo tempo il territorio tarantino ha subito pesantemente un certo percorso trasformativo. La provincia jonica, oggi, non ha più primati di vino, olio, mitilicoltura, prodotti lattiero-caseari, artigianato del legno e della pietra; tutti questi si sono trasformati in primati di acciaio, diossine, discariche per rifiuti speciali. La presenza per più di mezzo secolo dell’industria pesante, della monocoltura dell’acciaio, dell’Eni, degli apparati militari, della cementificazione del territorio, dello scippo dei terreni agricoli ad opera di discariche e di mega impianti di energia rinnovabile, ha letteralmente distrutto questo territorio, lo ha reso pressoché sterile nelle sue economie e culture/colture autoctone, condannandolo ad una desertificazione ambientale, sociale ed occupazionale. Per questo motivo, non quello di 84 ma nemmeno il progetto di una sola pala eolica dovrebbe essere ancora autorizzato. Diversamente qualsiasi progetto del genere, al di là se interessa le zone orientali od occidentali di Taranto, assumerebbe di fatto il significato di accanimento su un ambiente già moribondo, di un ulteriore massacro su un territorio già cadavere.
Ma cos’è la realizzazione di un “parco” eolico di 84 torri se non una centrale elettrica privata di tipo industriale costruita su terreni destinati ad un uso agricolo?
 
-        La prima considerazione da fare riguarda la produzione di energia elettrica.
Da troppo tempo la produzione di energia verde da fonti rinnovabili viene sbandierata come la salvezza dall’uso dei carburanti fossili. In realtà a tutt’oggi non un solo kWh di energia da carburanti fossili è stato sostituito da energia verde. Proprio la Puglia ne è l’esempio più eclatante. Nonostante sia diventata la regione leader nella produzione di energia verde, continua a mantenere alta ed intaccata la sua enorme produzione energetica da carburanti fossili, esportando almeno il 90 % dell’energia prodotta. Di fatto, altri usufruiscono del prodotto finito e pulito (l’energia), mentre sul nostro territorio rimangono le conseguenze impattanti e contaminanti della produzione di questo surplus energetico; veleni che si sommano a quelli del ritorno degli scarti industriali prodotti altrove e destinati a quelle discariche per rifiuti speciali di cui il territorio tarantino vanta il triste primato delle tre discariche più grandi a livello europeo.
 
-        La seconda considerazione è di ordine economico.
Al di là del fumo negli occhi della gente, della parvenza di energia pulita non inquinante, questi mega impianti servono soltanto ad incrementare gli interessi privati del business dell’energia. Si tratta per lo più di multinazionali o di vera e propria criminalità organizzata che, attraverso regolamentazioni nazionali, regionali e locali permissive, sfruttando il cosiddetto “libero” mercato dell’energia, operano un vero e proprio saccheggio del territorio. Inoltre molti di questi finanziamenti/capitali non rimangono nemmeno in loco e facilmente prendono la via dell’estero. Ma chi finanzia tutto questo? L’intera collettività spesso è ignara di pagarsi le proprie torture. Le nostre sono le bollette più care d’Europa e sono tali perché gli italiani, all’oscuro di tutto, con queste finanziano anche gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (Cip6 in cui c’è di tutto e di più) e persino l’eterna eredità del nucleare. Si tratta di voci che non compaiono direttamente sulle bollette, ma vengono mascherate con la dicitura di “oneri generali di sistema”, gestite da aziende non più pubbliche bensì private che, come per esempio l’Enel spa, addirittura partecipano alla costruzione ed alla gestione di centrali nucleari all’estero … ma con quali risorse? Forse servono anche a questo i rincari delle nostre bollette? E che dire della mascherata contraddizione dei due percorsi di produzione energetica (da fonti fossili e da fonti rinnovabili) che continuano a viaggiare sempre perfettamente paralleli? Ma di quale salvezza verde si parla se continuano costantemente e massivamente le ricerche con i trafori petroliferi? L’esempio della Shell, chiaramente nel golfo di Taranto, è uno dei più eclatanti. Forse è proprio questo uno degli scopi dei certificati verdi che gli italiani continuano a pagare con le super-bollette?
-        La terza considerazione è di ordine occupazionale, culturale e giurisdizionale.
Un semplice cittadino incontra una miriade di difficoltà ed è soggetto ad una moltitudine di vincoli per avere autorizzazioni anche per piccoli lavori; al contrario gli imprenditori del mercato energetico, nonostante siano coinvolti in mega opere che interessano superfici di migliaia di ettari, sono enormemente facilitati nell’autorizzazione dei loro progetti. Spesso questi riguardano zone con vincoli assoluti quali zone Sic, zone in prossimità di parchi naturali o della battigia, e contemplano persino l’esproprio di terreni di piccoli agricoltori con la giustifica della pubblica utilità. Con la solita scusa del ricatto occupazionale si continua a cementificare sempre di più il territorio. In realtà l’occupazione che si riesce a garantire con questo tipo di opere non solo è veramente ridotta, ma soprattutto è temporanea e precaria, vista la sua dissoluzione con la messa in opera del manufatto. Al contrario volutamente non si calcola quanta mano d’opera viene sottratta all’agricoltura sia perché costantemente avviene il furto di terreni agricoli fertili, sia per il deprezzamento del valore del terreno e della stessa produzione agricola. La svalutazione ed il deprezzamento dei prodotti agricoli hanno raggiunto oggi una tale insostenibilità da far diventare legittima la domanda: c’è forse un programma appositamente costruito per costringere gli agricoltori a svendere ed abbandonare quella terra che ha rappresentato la storia, la cultura ed il sostentamento di chissà quante generazioni della provincia jonica? Non è un caso che volutamente si parla di sostenibilità e non di compatibilità continuando a recitare la commedia per la salvaguardia e la tutela della qualità di agricoltura e turismo.
 
-        La quarta considerazione è di natura tecnica generale.
Come al solito, quando si parla di una qualsiasi fonte energetica non si prende mai in considerazione l’intera filiera. In realtà sarebbe opportuno, doveroso e necessario fare una valutazione complessiva comprendente il prima e il dopo dell’installazione del manufatto; di come e quanto necessita per arrivare a quella pala; qual è il suo rendimento e bilancio energetico; di cosa ne sarà quando questa non funzionerà e non servirà più … ma di tutti questi discorsi post pala nemmeno l’ombra! Forse anche per questo motivo queste energie vengono definite rinnovabili? perché le loro presenze si rinnoveranno di generazione in generazione, nel solito rimpallo di responsabilità ed incompetenze di chi si sente padrone di tutto e concepisce la vita ed il mondo solo come oggetto di profitti contingenti … scordandosi che esistono anche l’etica e la dignità altrui.
Oggi, la comunità tarantina può vantare l’appoggio dell’Amministrazione provinciale che, con il suo secco No alle 84 pale fra Manduria ed Avetrana, dimostra una volontà ambientalista veramente sorprendente. Certo c’è da chiedersi dov’era questa stessa Amministrazione quando in passato erano in itinere altri progetti di parchi eolici riguardanti addirittura il pregiato Parco delle Gravine. Come dire … meglio tardi che mai. Noi auspichiamo in futuro una continuità con la posizione presa attualmente. Per questo, lo scrivente, propone alla Provincia di Taranto l’istituzione di un COMITATO PROVINCIALE con lo scopo almeno di censire l’intero territorio evidenziando sia le opere già realizzate che quelle in progetto visto che facilmente queste possono sfuggire o rifugiarsi nei meandri burocratici di Regione, Provincia o Comuni. Non dimentichiamo che alla Puglia spetterebbe soltanto una quota dell’intera produzione nazionale di energia da fonte rinnovabile mentre invece di questo passo rischia di produrla quasi per intero.
Il COMITATO PROVINCIALE, proprio per evitare situazioni di “nicchie”, è auspicabile che sia composto ed esteso a tutti i comitati territoriali che già operano e si impegnano nel proprio circondario per contrastare il continuo massacro della propria terra».
 
Comitato Cittadino Antinucleare di Maruggio










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