Tutte le foto di un rito che ha un mix di cultura paleo-cristiana e di vecchi riti pagani
Un rito che si rinnova, conservando i valori, la fede e la genuinità di una volta e tramandosi, generazione dopo generazione, con la stessa devozione originaria verso San Giuseppe e con lo stesso spirito di fratellanza e di comunione con i più bisognosi.
Le tavolate devozionali di San Giuseppe, più conosciute come “mattre” (termine dialettale che sta per madia, un mobile rustico che veniva utilizzato per impastare la farina e per preparare il pane nelle case contadine di qualche decennio fa), continuano a coinvolgere un’intera comunità. In prima fila associazioni e scuole, cui è stato demandato il prezioso compito di tener viva una antica tradizione che nasce come atto di bontà espresso dai nobili nei confronti dei poveri (forse per una grazia ottenuta o da ottenere) e che curano anche l’aspetto più prettamente religioso di un rito che ha, nel proprio Dna, un mix di cultura paleo-cristiana e di vecchi riti pagani (segna l’arrivo della primavera).
Una ritualità, insomma, che, nonostante le radicali mutazioni avvenute nei secoli, conserva, ancor oggi, le suggestive peculiarità originali.
E così, come ogni anno, l’intera via Roma diventa una lunga, interminabile, tavolata devozionale. “Mattre”, di vari tipi e dimensioni, coperte da candide tovaglie, imbandite alcune con le pietanze povere di una volta, altre con dolci, focacce o ceste ripiene di pasta, passate, biscotti e ogni altro tipo di alimento confezionato offerto dalle famiglie aderenti all’associazione.
Gruppo Culturale Savese e Azione Cattolica, ad esempio, hanno proposto, anche quest’anno, pietanze e piatti propri della civiltà contadina, che dovrebbero essere di norma, ma non sempre, in numero prestabilito (tredici). Abbiamo trovato di tutto: dai “pampasciuni al sugo” alle polpette di uova, dalla “cucuzza”(la zucchina) ai “ricchiteddi e cime di rapa” (orecchiette alle cime di rapa), dalla cipolla arrosto ai “mugnuli racanati” (broccoli), dai “scarcieppuli fritti” (carciofi) ai polpi arrostiti e ai ceci.
In questa via, ricca, per un giorno, di colori e sapori, altre associazioni (Anfass, Avis, Sos Sava, Pro Loco, Sava C’è, Scout) e scuole (“Gigante”, “Giovanni XXIII”, “Bonsegna”, istituto “Cinieri”) propongono, sulla loro tavolata, gli alimenti da donare alle famiglie più povere della città.
«Gli alimenti vengono recapitati ai più bisognosi, esclusivamente dopo la benedizione, o attraverso le parrocchie o per conoscenza personale» ci racconta un rappresentante di un’associazione rimarcando il valore devozionale del rito.
Una delle tavolate più grandi e animata è quella imbandita dalle mamme della scuola elementare “Gigante”: c’è di tutto, dolci compresi, in attesa dell’arrivo dei rispettivi figli, che vengono accompagnati dai maestri e invitati alla degustazione.
Chi fa “il giro delle tavole” di Sava non può non trovare, in quasi tutte le “mattre”, un altarino con il quadro o il disegno del Santo, oppure lavori di vario tipo (molto belli quelli delle scuole e degli scout), che illustrano ai passanti la storia di una suggestiva tradizione popolare da custodire e tramandare.
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