giovedì 21 novembre 2024


25/03/2013 08:57:20 - Salento - Cultura

La tragedia nella miniera del Belgio, in cui morirono anche 22 pugliesi, quasi tutti salentini

 
Urbano Ciacci, classe 1935, professione minatore.
Parte 18enne per il Belgio dopo aver visto fuori dalla chiesa del suo paese nelle Marche i manifesti con le offerte e i vantaggi del lavoro in miniera.
In Italia lascia gli affetti, la disoccupazione e la fame. In tasca ha un passaporto ed un contratto di lavoro, nel cuore tanta speranza e fiducia.
Viene buttato in miniera fin dal primo giorno, là sotto scopre la solidarietà tra i lavoratori che comincia ad inizio turno nelle viscere dove si spala per otto ore e si condivide il pane, prosegue fino alle docce - dove privi di spugne e spazzole si lavano reciprocamente dal nero carbone - e continua alla bocciofila e ai ritrovi del dopolavoro tra connazionali.
Nell'estate del 1956 decide di tornare in Italia per sposare la sua fidanzata e portarla con sè. L'8 agosto è in treno con la sua sposa diretto verso il Belgio, la notizia del disastro lo raggiunge alla stazione di Milano. E' sconcertato, vorrebbe essere a Marcinelle. Ci arriva solo l'indomani.
Il bilancio fu di 262 morti di cui 136 italiani e tra questi ben 22 erano pugliesi e quasi tutti di origine salentina. Da quel momento l'immagine dei molti compagni di lavoro morti intrappolati nei meandri della terra diventa la sua tortura.
La condanna per essere uno tra i sopravvissuti si trasforma in una lotta per avere più sicurezza in miniera e in un impegno per la memoria dei suoi compagni di lavoro morti.
Sono convinto da sempre che i lavoratori abbiano una cultura e una saggezza che nessun titolo di studio ti può dare ed oggi Urbano, con la sua semplicità, con il suo essere orgogliosamente un minatore (quando si dice che il lavoro crea identità!) mi ha dato delle lezioni di chimica, fisica ed ingegneria che non avrei mai ascoltato in nessuna aula universitaria.
La targa dell'associazione degli ex minatori di Marcinelle recita: “Il vostro sacrificio cambiò la nostra vita”.
Quella frase mi rimbomba ancora nella testa, da oggi è anche mia. Grazie.
 
 
da Marcinelle (Belgio)
Nicolò Giangrande










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