Gregorio Gaballo: «Il sacrificio che l’azienda ha preteso è particolarmente gravoso e, inoltre, tra i diversi uffici, inspiegabilmente sperequato»
Ben 4.600 portalettere e oltre 1.400 addetti dei centri meccanizzati “tagliati” in tutta Italia, con l’avallo di tutte le organizzazioni sindacali, ad eccezione della sola Uil Post, l’unica che ha rifiutato di firmare l’intesa “basata solo sulla diminuzione del personale”. A questi tagli, vanno aggiunti quelli operati da Poste Italiane già nel 2010: altri 6.000 portalettere.
Tagli che hanno generato una insostenibile situazione di congestione di tutto il servizio di recapito, con migliaia di quintali di corrispondenze ferme senza un postino che possa recapitarle.
«Il postino è l’icona che dovrebbe incarnare l’idea stessa di Poste Italiane e che, per i servizi quotidianamente consegnati sull’uscio di casa dei cittadini (potenziali clienti), dovrebbe rappresentare il valore aggiunto dell’azienda» sostiene Gregorio Gaballo, rappresentante sindacale unitario (il più suffragato nella provincia di Taranto nelle ultime elezioni), fortemente rattristato per quanto capita anche nel centro di recapito della terra ionica. «Il sacrificio che l’azienda ha preteso è particolarmente gravoso e, inoltre, tra i diversi uffici, inspiegabilmente sperequato: il centro principale cittadino di Taranto, dai 53 portalettere originari, ne ha persi solo tre, con un recupero di produttività di circa il 5%; molti centri della provincia hanno perso due portalettere su sei, tre su quindici, tre su quattordici, con recupero di produttività fin oltre il 30%».
Secondo Gaballo «questi sono i frutti delle logiche razionalizzanti che i manager di questa grande azienda italiana hanno saputo adottare. Senza grandi sforzi e semplicemente eliminando un bel po’ di lavoratori, sperano di rimettere ordine ai conti in difficoltà del bilancio del settore del recapito. Ma essere manager dovrebbe significare avere attitudini ad individuare quelle condizioni e quei percorsi che riescono a garantire, attraverso l’offerta alla clientela di un livello qualitativamente alto del proprio servizio (nonché anche di nuovi e differenti servizi, sempre di buona qualità), il mantenimento di importanti fette di mercato postale e la conservazione di un ottimo livello occupazionale».
I tagli sono invece «sempre di più il motivo di una scaduta di immagine e di perdita di competitività, che si traduce con una clientela scontenta, che, anche animosamente, ci racconta le proprie vicissitudini di utenze distaccate per morosità, di spese sostenute per i riallacci, di multe da pagare a gestori di servizi, di bollettini di finanziarie non pagati, di polizze assicurative scadute, in quanto tutto questo determinato da forti ritardi nella consegna della corrispondenza» prosegue Gaballo. «E ancora fa tristezza (da dipendente che dalla postazione di sportello si adopera con passione nello sviluppare le strategie aziendali, come il promuovere la carta libretto), sentire la clientela lamentare il recapito molto ritardato o, anche molto peggio, il mancato recapito della carta o del suo pin.
Poi l’amarezza per lo sfogo di un collega di un collega quasi sessantenne (con oltre trent’anni di borsa in spalla) che, al momento in lacrime, confida di arrivare timoroso a bussare alle porte, quasi vergognandosi. Trova infatti la gente, un tempo gentile ed ospitale, sempre più arrabbiata. Molte volte deve subire delle invettive. Poi spiega che da un giorno all’altro ha dovuto aggiungere, ai suoi oltre mille recapiti, più di altri trecento nuovi. L’orario di servizio è restato il medesimo e non sempre si riesce a fare tutto: ecco perchè a volte un pò di lettere restano in ufficio...».