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04/11/2013 19:15:55 - Sava - Cultura

A Sava esiste anche un aspetto ipogeico con luoghi di lavoro risalenti all’epoca del feudalesimo, i cosiddetti “trappeti” per la produzione di olio, già a partire dal XVI secolo

Da un punto di vista prettamente architettonico ed artistico, attualmente, il paese si presenta con le sue poche, ma comunque interessanti, chiese e cappelle dei secoli XVII e XVIII, nonché palazzine private signorili del XVIII secolo e quelli successivi dalle modanature scolpite in tufo locale in stile Liberty.
Esiste anche un aspetto ipogeico con luoghi di lavoro risalenti all'epoca del feudalesimo, i cosiddetti “trappeti” per la produzione di olio, già a partire dal XVI secolo. Dei quattro tre sono tutt’oggi esistenti mentre uno è stato demolito per la realizzazione di una abitazione; completamente scavati nel banco di roccia calcarenitica realizzati con una tale perizia che ancora oggi, dopo tutti i secoli trascorsi, la copertura di spessore opportunamente studiato, regge.
All’interno dei “trappeti”, con una ripartizione a zone in funzione delle fasi di lavoro, sono ancora presenti alcuni elementi, o tracce, dei macchinari utilizzati per la produzione dell’olio. Vi sono, quindi, zone destinate al deposito delle olive, quelle per la loro molitura con l'uso della vasca con la macina e i torchi per la spremitura, sino alle zone con le mangiatoie per il cavallo o mulo, utilizzati per la messa in movimento della macchina a trazione animale, nonché l'area per il ristoro dei lavoranti che si svolgeva d'avanti ad un “focolare”, un camino di grosse dimensioni; l’ultima zona quella destinata allo smaltimento dell'acqua di vegetazione; un pozzo a perdere, sapientemente individuato nel sottosuolo caratterizzato dal carsismo, altro aspetto tipico del nostro sottosuolo, faceva disperdere il liquido a conclusione del processo lavorativo.
 
La realizzazione di questi ambienti era utile anche all'estrazione di conci di tufo squadrato. Da sempre, quindi, dal nostro sottosuolo si è prodotto il materiale principale per realizzare, successivamente, l'edificio che si erigeva sulla base cava destinata alla cantina. Ogni famiglia ne aveva una, molto utile per riporre, al fresco in assenza dei frigorifero, le conserve per la stagione invernale, come i fichi e i pomodori essiccati sotto il caldo sole estivo, il vino e l'olio prodotti in autunno.
Oltre ai motivi sopracitati, il sottosuolo di Sava, sfruttando anche il fenomeno del carsismo con le sue naturali cavità, sarebbe stato interessato dall'esistenza di camminamenti sotterranei che, in alcuni casi, pare conducessero ai paesi limitrofi. Una ragnatela che collegava tra loro i paesi come Manduria, Uggiano Montefusco, Oria ed altri ancora come Taranto; così si racconta. Camminamenti utilizzati forse per sfuggire alle scorribande all'epoca delle invasioni dei turchi o, successivamente, rifugi utilizzati dai briganti. Si racconta anche di collegamenti tra il palazzo Baronale, che sorge sui resti di una precedente costruzione e la chiesa della Mater Domini per tutelare l'incolumità della Baronessa Ippolita Prato e potersi raccogliere in preghiera indisturbata. Di tutto ciò non c'è traccia tangibile se non i racconti dei nostri predecessori ma le origini del paese si possono far risalire ancora prima con presenza di una necropoli. Alcune tombe rinvenute anche con alcuni resti di corredo, come per esempio, uno Skyphos a vernice nera con doppia maniglia (che vediamo nella riproduzione dell'autrice, ndr), a seguito di lavori pubblici realizzati per le strade del paese; probabilmente di epoca ellenistica.
 
Arch. Marika Milizia
arch.marikamilizia@libero.it











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