Taranto e la sospirata Zona Franca Urbana: sarebbe opportuno – secondo Confcommercio - avviare un confronto
Lo scorso gennaio sono stati pubblicati i bandi per le ZFU – Zone Franche Urbane- individuiate in 3 aree (Sicilia, Calabria e Campania). Nei giorni scorsi l’assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia, Loredana Capone, rispondendo alle sollecitazioni di Confcommercio Taranto, ha fornito chiarimenti riguardo alla attività in corso tra Regione e Ministero per la pubblicazione dei Bando per la Puglia.
A tal fine è bene precisare che – osserva il presidente di Confcommercio, Leonardo Giangrande, in una nota all’indirizzo del presidente della Regine, Nichi Vendola, dell’assessore Capone, del sindaco Ippazio Stefano- la pubblicazione del Bando non risolve tout court la questione Taranto, essendo necessario che la Regione individui possibili riserve di scopo. Il provvedimento di avvio della ZFU a Taranto interessa un’area (Tamburi, Croce – Isola Porta Napoli e Paolo VI) che, per i noti motivi, è una delle più critiche del territorio. Un contesto urbano di limitato appeal, ove risulta difficile immaginare che possano nascere nuove imprese in ragione dei soli benefici fiscali e tributari previsti, trattandosi tra l’altro di risorse contenute.
E’ perciò necessario che Regione e Comune individuino ulteriori interventi di marketing urbano da associare al Bando delle ZFU pugliesi (come previsto dalla circolare 2008 del Mise). Si potrebbe a tal scopo dare piena operatività al Protocollo d’Intesa del luglio 2012, nonché adottare politiche di incentivazione fiscale legate all’utilizzo di immobili di proprietà pubblica. Difficilmente, l’adozione della ZFU potrebbe da sola dare alle aree beneficiarie la attesa svolta decisiva che possa contribuire a creare un nuovo sviluppo imprenditoriale.
E’ altresì necessario che il Bando non trascuri le imprese già operative, quelle micro e piccole imprese che da sole hanno fatto fronte alla crisi soprattutto in questi ultimi, difficili anni. L’obiettivo deve essere quello di fermare la chiusura delle attività, oltreché incentivare l’avvio di nuove imprese. Non si può ignorare il dramma che le imprese già residenti hanno dovuto affrontare in questi anni di totale decadimento del quartiere a ridosso dell’area industriale. Sarebbe ora che ci si ponesse di problema di aiutare chi eroicamente e con tanta fatica ha resistito, nell’incertezza del futuro.